Mare di libri, la rivoluzione di un festival per e con i ragazzi

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    Mi è capitato più volte, negli ultimi anni, di rispondere alla domanda su come fosse nato «Mare di Libri». Solo nello sciogliere i fili ingarbugliati degli eventi e delle idee per rendere comprensibile questa nascita a chi mi stava davanti, ho preso io stessa consapevolezza dell’insolito miscuglio di lezioni impor- tanti e di incoscienza che ci ha portato fino a qui.

    Avevo aperto da poco più di un anno, insieme a due socie, una libreria per ragazzi a Rimini.

    Mi occupavo di libri per ragazzi già da tempo avendo avuto la fortuna di incontrare quella che sarebbe stata la passione della mia vita molto presto. Mi sono dedicata allo studio della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza e della pedagogia della lettura sin dall’università e poi ho iniziato a occuparmi di progetti di educazione alla lettura nelle scuole. Il lavoro con i preadolescenti e gli adolescenti mi appassionava in modo particolare.

    Alle scuole medie inferiori e superiori, quando arrivavo davanti a loro con la mia borsa di libri da raccontare, incontravo ragazzi refrattari e ostili ma anche lettori forti e vivaci.

    In contrasto a quel luogo comune fastidiosamente ripetuto, i dati statistici sulla lettura in Italia confermavano e confermano tuttora che i ragazzi leggono, anzi è proprio quella degli adolescenti la fascia dei lettori più forti, quelli, per capirci, che tengono in piedi un bel pezzo del mercato editoriale tanto in affanno nel nostro Paese.

    Da spettatrice frequentavo regolarmente tanti festival culturali e ho iniziato a notare l’assenza degli adolescenti nei programmi e tra gli spettatori.

    Anche biblioteche, librerie e altri luoghi di aggregazione culturale, a fronte di un panorama vivace di eventi per adulti e per bambini, offrivano pochissime proposte per ragazzi.  Alle presentazioni di libri per adolescenti mi sono ritrovata spesso in mezzo a piccole platee di soli adulti.

    Molti colleghi mi dicevano di non provare nemmeno a proporre eventi per ragazzi perché non sarebbero venuti. Continuavo ad affiancare i due dati e a trovare stridente il contrasto: i ragazzi erano i più forti lettori del nostro Paese ma non c’erano quasi occasioni di incontri attorno ai libri dedicati a loro.

    Certo, non si poteva negare l’esperienza di chi ci aveva provato prima di noi, ma se gli eventi non riuscivano occorreva forse ripensarli in modo sostanziale.

    Riaffiorava inoltre nella mia testa una domanda che Antonio Faeti ci fece all’università, una semplice domanda che racchiudeva un’enorme lezione: «Noi dobbiamo» ci disse «ovviamente formare nuovi lettori ma che cosa facciamo per chi legge?».

    Ho sempre pensato che l’educazione alla lettura dovesse partire dalla scuola, l’unico luogo in cui si possono raggiungere i non lettori, e che l’impegno nei loro confronti fosse l’intervento più urgente che chiunque si occupi di lettura dovesse affrontare, in effetti, però il dibattito tra addetti ai lavori spesso si fermava lì.

    Se a scuola avvicinare ai libri i non lettori era ed è un’urgenza, occuparsi dei lettori non è un aspetto secondario o accessorio quanto piuttosto l’altra faccia della medaglia.

    Quale credibilità abbiamo noi adulti lettori quando ripetiamo come dischi rotti che leggere è bello, leggere è importante se non valorizziamo in alcun modo un adolescente lettore?

    Sin dal primo anno di vita della libreria, inoltre, stavo sperimentando la conduzione di un gruppo di lettura di adolescenti.

    Questa piccola esperienza era sufficiente a convincermi che la lettura non era necessariamente una passione da solitari ma, al contrario, i lettori desideravano condividerla con altri lettori e che questa tendenza era addirittura più forte nei ragazzi. Dunque perché gli eventi che offrivano occasioni di incontro non potevano funzionare?

    Sono arrivata così, con tutte queste domande in testa alla cena “galeotta” che ha visto la nascita del festival, in uno storico ristorante di un piccolo paese della Romagna. Al tavolo con noi c’era Beatrice Masini che era allora la responsabile editoriale dei libri per ragazzi di Rcs.

    Probabilmente per colpa del secondo bicchiere di sangiovese le dissi che mi sembrava che, tra i tanti festival italiani, ne mancasse proprio uno dedicato solo agli adolescenti, e che forse, come accadeva per le stanze in casa, a quell’età era importante che avessero un luogo tutto per loro, anche nello spazio culturale.

    Peccato, conclusi ridendo – lo ricordo bene – che non fossi pronta a organizzarlo e che qualcuno lo avrebbe fatto prima di me.

    La libreria mi sembrava una sfida ancora troppo fresca e grande per cominciare un’altra avventura.

    Quello che non mi aspettavo era di trovare in Beatrice un’alleata pronta a considerare la proposta e a fornirci il sostegno e l’incoraggiamento necessario per dare corpo al progetto.

    Pochi mesi dopo eravamo in un ufficio a Milano a sancire ufficialmente la nascita di «Mare di Libri», un’associazione culturale indipendente che di lì a poco avrebbe organizzato la prima edizione del festival. Questo succedeva dodici anni fa.

    I primi anni del festival sono stati segnati da molti piccoli passi di crescita faticosi. Era difficile anche soltanto far capire che cosa stavamo cercando di costruire.

    In questi dieci anni il festival è cresciuto con noi, piano piano. Eppure l’idea che sta alla base è rimasta identica. Tra le madrine del primo anno abbiamo avuto la fortuna di avere Anna Maria Testa che, grazie ad amici comuni, ha potuto ascoltare la nostra idea, l’ha compresa, appoggiata e ci ha regalato logo e nome del festival, ma soprattutto quel sottotitolo che raccontava in

    sintesi perfetta tutto ciò che io avevo cercato di spiegare con grandi sprechi di parole:

    mare di libri

    Non il festival della letteratura per ragazzi, dunque, non un festival con i libri al centro ma un festival con i lettori al centro. Una piccola rivoluzione.  C’è, in questa sintesi, il valore del facoltativo, l’idea che si debba offrire su un territorio qualcosa che completi e affianchi l’intervento nelle scuole dando l’occasione di alimentare una passione in quei ragazzi che amano leggere o che hanno imparato a farlo nei percorsi interni alla scuola. C’è l’idea dei ragazzi al centro, valorizzati come lettori e messi nelle condizioni di incontrare altri lettori per puro piacere, in un festival volutamente organizzato fuori dal calendario scolastico. C’è soprattutto l’idea con cui abbiamo davvero tentato di cambiare l’approccio agli eventi per ragazzi facendoli organizzare da loro stessi.

    «Mare di Libri» infatti è un festival dove tutto è fatto con i ragazzi per altri ragazzi. Il festival ogni anno impegna circa cento volontari tra la prima media e la quinta superiore. I giovani lettori che a giugno arrivano a Rimini per partecipare agli eventi, e gli ospiti che animano quegli stessi eventi trovano ad aspettarli dei ragazzi. Sono i volontari adolescenti che accolgono gli autori alla stazione o in aeroporto, che li accompagnano in hotel, che gestiscono le sale del festival, la biglietteria, la libreria dell’evento. Non solo, una parte dei volontari segue i lavori tutto l’anno e progetta insieme agli adulti il programma del festival in una direzione artistica condivisa.

    Tutto senza che vi sia alcun abbassamento delle aspettative. Non abbiamo mai pensato che il valore del festival fosse essere fatto da ragazzi ma essere fatto bene da ragazzi. Ci è subito stato chiaro che occorreva un grande impegno di formazione.

    I volontari del festival che partecipano alla costruzione del programma sono consapevoli dei vincoli di budget, dei diversi gusti di lettura che devono essere rappresentati, dell’alchimia necessaria per far funzionare un’intervista. Capita di frequente che passino in libreria sospirando o commentando un libro che hanno trovato bellissimo ma il cui autore è australiano, perché stanno già alludendo al fatto che non sarà possibile invitarlo visto che è troppo costoso, o, al contrario, che si presentino alle riunioni con una lista di desiderata per gli inviti sui quali non vogliono sentire obiezioni perché si tratta di autori canadesi dunque si possono chiedere i grant per coprire i costi dei voli. Nelle vivaci discussioni a sostegno dell’uno o dell’altro invito, sebbene animate innanzitutto dalla passione e dalla difesa dei gusti personali, si affac- ciano ormai spontaneamente, senza bisogno di sollecitazioni dei soci adulti, le riflessioni sull’equilibrio complessivo del programma.

    Nei giorni del festival i ragazzi sono divisi in squadre con diverse mansioni e sanno che le proporzioni tra ragazzi e adulti sono tali per cui la loro non è una responsabilità di facciata. I volontari che si occupano dell’accoglienza degli autori sono ben consapevoli di essere la faccia del festival, che non ci saranno adulti accanto a loro quando daranno il benvenuto a un ospite, anche straniero. Se sono stati scelti per quel ruolo è perché hanno dimostrato di parlare bene la lingua, di essere gentili, affidabili, puntuali, organizzati, di saper trovare la giusta misura tra l’entusiasmo di incontrare a tu per tu un autore, che magari hanno molto amato, e la professionalità.

    Naturalmente è capitato qualche volta che, nonostante la lunga preparazione, il volontario venisse preso da qualche minuto di emozione paralizzante che, per fortuna, ha sempre potuto contare sulla comprensione da parte dell’ospite.

    Dare ai ragazzi responsabilità autentiche significa accettare dei rischi. Alla libreria del festival le squadre di librai adolescenti allestiscono gli spazi, consigliano i libri, gestiscono la cassa. Al punto informazioni i ragazzi indicano, spiegano, si occupano del servizio biglietteria.

    La formazione, per arrivare a questo risultato, è lunga e importante, e culmina nel ritiro di due giorni in una casa scout in cui i ragazzi imparano a lavorare in gruppo, a pensare all’evento come una macchina complessa in cui tutto è collegato, a svolgere al meglio le mansioni assegnate ma anche a gestire le emergenze. Si tratta di un’esperienza straordinaria anche per noi adulti, sebbene faticosissima, che produce risultati non solo nell’immediato ma, attraverso una misteriosa trasmissione di competenze interna al gruppo, nel lungo termine. Parte del gruppo infatti si rinnova di anno in anno ma ogni edizione del festival ha visto i volontari più preparati e precisi rispetto agli anni precedenti.

    I ragazzi di «Mare di Libri» hanno trovato la misura tra la passione e la responsabilità, persino con spirito di sacrificio.
    Ci è capitato più di una volta che fosse invitato al festival un ospite fortemente voluto da uno dei volontari e che il ragazzo o la ragazza in questione fosse impegnato nel proprio turno al momento dell’evento. Ho visto il pensiero attraversare i loro occhi quando, al momento di fare i turni, se ne sono resi conto. Ep- pure non è mai capitata una parola di protesta.

    I ragazzi di «Mare di Libri» sentono di fare parte di un grande progetto, di esserne l’anima, e questo è il pensiero che prevale su tutto. Sono i padroni di casa dell’unico evento letterario esclusivamente de- dicato ai loro coetanei e come padroni di casa cercano prima di tutto di adoperarsi per far sì che tutto funzioni al meglio per gli ospiti.

    Quando il festival finisce i ragazzi si riuniscono per dare le “pagelle” agli eventi.

    Autori, traduttori, intervistatori, organizzazione logistica, tutto viene passato al vaglio con spirito critico rivolto prima di tutto al gruppo organizzativo stesso.

    Chi partecipa al festival per più anni acquisisce così, edizione dopo edizione, le capacità di un vero organizzatore di eventi.

    Nelle diverse generazioni di volontari che si sono succeduti negli anni si è rafforzata la passione verso il mondo dei libri, portandoli a una consapevolezza critica e quasi professionale sull’editoria e sulla vita culturale italiana. Noi adulti che li abbiamo coordinati ci siamo resi conto di quello che accadeva sotto i nostri occhi senza averlo previsto così chiaramente e quindi abbiamo incoraggiato e stimolato questo percorso.

    A margine dell’esperienza del festival abbiamo offerto ai ragazzi sempre più esperienze di approfondimento nel corso di tutto l’anno. Li abbiamo portati ad altri festival cercando di osservare e imparare quanto più possibile sull’organizzazione degli eventi, abbiamo offerto loro occasioni di incontro con editor, traduttori, giornalisti.

    Ognuna di queste occasioni li ha portati a nuove riflessioni e a una nuova consapevolezza che hanno finito per riversarsi in questo libro, in cui, finalmente, sono loro a parlare ai loro coetanei, e alle professioni  che ruotano attorno al libro: agli editori, agli autori, agli insegnanti, ai librai e ai bibliotecari, ripetendo quella stessa piccola grande rivoluzione su cui si è costruito «Mare di Libri».

    Mi è capitato tante volte di sentire parlare dei lettori adolescenti come un target descritto a tavolino, come una categoria sociologica o di marketing. Ogni volta nella mia testa “la forte lettrice di quindici anni” da categoria diventava una faccia, un nome e ho desiderato che si parlasse un po’ meno del target e un po’ di più con il target. Ora speriamo che Ci piace leggere!, libro scritto dai ragazzi del Festival, si trasformi proprio in nuove occasioni di confronto.

    I ragazzi, poi, crescono. Uno degli aspetti più particolari del nostro lavoro è quello di dover continuamente “lasciar an- dare” i nostri volontari e di assistere al loro rapido ricambio.

    Alcuni di loro, come è naturale, dopo la maturità, sono andati lontano e hanno iniziato i percorsi di studi e professionali più vari. Ci piace pensare che oltre a diventare ingegneri, dottori o chef saranno per sempre lettori appassionati e critici e fruitori esigenti della vita culturale. Alcuni di loro però, proprio nel corso dell’esperienza da volontari, hanno incontrato un interesse professionale per il futuro.

    Un paio di anni fa una giornalista che intervistò un gruppo di volontari si stupì di incontrare tra quei giovanissimi lettori tanti ragazzi che dicevano non di voler fare gli scrittori, ma di voler fare gli editor, i traduttori, i librai. C’era, nelle loro risposte, la differenza tra un sogno vago e a volte un po’ egocentrico e una passione concreta e consapevole rivolta al mondo dei libri.
    Alcuni di quei ragazzi realizzeranno senz’altro quel sogno professionale nel prossimo futuro.

    È già successo. Alcuni nostri ex volontari oggi lavorano nell’editoria, fanno i librai, traducono. Sono tutti giovanissimi. […]

    L’anno scorso è avvenuto un passaggio di consegne. Il piccolo gruppo di adulti che fa parte di «Mare di Libri» è rimasto a supporto, io resto il presidente del festival ma tutti gli incarichi più importanti sono stati affidati a un gruppo di giovanissimi soci, ex-volontari: direzione artistica, coordinamento volontari, ufficio stampa e così via.

    Fino a pochi anni fa erano appassionati lettori adolescenti, oggi sono loro a formare nuovi lettori adolescenti. Quello che speravamo di realizzare è tutto qui.


    Pubblichiamo un estratto da Ci piace leggere (Add editore)

    Immagine di copertina: ph. Maxime Bhm da Unsplash

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