« Si può forse dire che i romanzi si situino facilmente dentro dei giardini: infatti, i romanzi sono nati senza alcun dubbio a partire dall’istituzione stessa dei giardini. L’attività romanzesca è un’attività di giardinaggio »
« Il giardino, è la più piccola parte del mondo ed allo stesso tempo la sua totalità.” Michel Foucault
L’archetipo della festa borghese
Le prime luci dell’alba si posano sui profili eleganti di Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau, la feria finisce, il giorno incerto comincia. Così si conclude La Notte, iconico film di Antonioni del 1961 che descrive con cinismo e precisione la commistione fra industria culturale e neocapitalismo. Giovanni (Mastroianni) è uno scrittore che oscilla fra l’engagement e la disillusione; la moglie, Lidia, è oppressa dalla relazione, e, incantevole, si avventura in una dérive per le periferie di Milano. Composto di epifanie inanellate, la Notte evoca l’archetipo della Festa Borghese, un topos che ritrovo in molti romanzi, film e racconti di stampo decadente ed esistenzialista. La Festa di Antonioni non è la stessa di Fellini, anche se entrambe usufruiscono del talento letterario di Flaiano e del volto di Mastroianni.
Nella Festa notturna di Antonioni allo scrittore di talento (dai valori vagamente comunisti) viene proposto un patto demoniaco col capitale. Nel corso di un party piuttosto movimentato, alla quale la coppia viene invitata, un industriale propone a Giovanni di narrare la storia della sua impresa. Allo stesso tempo, lo scrittore flirta con la melanconica figlia dell’industriale, mentre Lidia viene catturata da un uomo misterioso che le chiede di ballare e con il quale si ritroverà poi a conversare serratamente dentro un’auto sotto la pioggia scrosciante.
Il fallimento della relazione fra Giovanni e Lidia si somma al fallimento di Giovanni come scrittore autentico – la purezza dell’ispirazione politica ed esistenziale, incarnata nella figura di Tommaso, amico saggista e realmente engagé, si dissolve con la sua morte che determinerà una frattura non rimarginabile fra la coppia.
L’intreccio di temi, architetture, dialoghi ed archetipi de La notte riflette le paure ed i languori di quello che al tempo veniva definito ‘neocapitalismo’: la trasformazione della letteratura in public relations, le incomprensioni della coppia borghese, il tedio di un’esistenza svuotata dal contenuto religioso e politico.
Anche Anja e Louis, protagonisti del recente Oval di Elvia Wilk (Edizioni Zona 42, traduzione di Chiara Reali) si incontrano durante una Festa Borghese, ma in questo caso la figura dello scrittore combattuto è stata sostituita da quella del creativo – l’istrionico Louis, e quella della moglie insoddisfatta da Anja, ricca e timida scienziata che è il vero cuore narrativo del romanzo.
Ambientato in un presente distopico, nel quale il climate change ha accelerato la frequenza delle alterazioni meteorologiche, Oval è un romanzo perfettamente contemporaneo. Per specificare questa definizione intendo riprendere delle categorie semiologiche introdotte da Umberto Eco nella sua analisi di Casablanca. Si tratta delle idee di opera di culto e archetipo intertestuale. L’opera di culto non contiene una sola innovazione letteraria riconoscibile, ma è un collage di situazioni più o meno note: siano queste strutture narrative arcaiche o citazioni da altre opere.
Allo stesso modo Oval non contiene una singola idea innovativa, ma assembla degli stilemi narrativi, stilistici, tematici e concettuali da un universo discorsivo omogeneo. Certo, questa definizione dovrebbe essere applicata a quel genere di letteratura che definiamo post-moderna e con la quale Oval non sembra (apparentemente) avere molto a che fare. Tecnicamente, si tratta più di una weird fiction, estremamente concettuale: a differenza di altri esperimenti simili non contiene inserti di carattere saggistico, o vere e proprie disquisizioni teoriche, ma allude, attraverso dialoghi e monologhi interiori, ad una sorta di comunicazione narrativa di nuclei teorici.
“La coreografia sociale della serata era abbastanza orchestrata da permetterle di non improvvisare per almeno un’ora. Un buffet al volo nel cortile sul retro sotto un’enorme tenda a baldacchino, come un ballo della scuola o una piccola festa di matrimonio. Minuscoli hamburger di selvaggina, alti flûte da champagne in cui galleggiavano bacche rosse, droghe che giravano tra la folla su vassoi d’argento, un gelataio parcheggiato fuori dalla tenda con una scimmia sulla spalla. Un lama e una capretta da accarezzare in un piccolo recinto. Era tutto assurdo e le persone sembravano vagamente isteriche, del tutto in soggezione, ma cercavano comunque di fingere disinvoltura di fronte a quegli eccessi”
Abbandonata dall’amico gay, Anja si ritrova ad un after-party per celebrare la fine della carriera di una performer che si esponeva nuda durante i meetings aziendali per incentivare la produttività – non tanto per la carica erotica che emanava, ma per il senso di inadeguatezza che creava. Ora, leggendo questa scena, sfilano nella mente le immagini delle feste in giardino di Gatsby, La dolce vita, La notte, e, recentemente, La grande bellezza. Nel distopico contesto Berlinese di Oval, questa festa ha un che di macabro e rituale: l’incontro fra Anja e Louis avviene sì, in un giardino nei pressi di una piscina, ma al cospetto di tre teste umane raggrinzite, appartenenti a consulenti degli imprenditori che avevano organizzato la festa, morti anzitempo. L’incassamento di questi tre Segni Antropologici in un contesto prettamente urbano, festivo e disilluso è solo una delle molte citazioni concettuali e narrative di Oval.
Gli archetipi del lutto, del meccanismo magico, della casa stregata e dei misteri aziendali
“La sopravvivenza del più ricco. Consumi egoistici senza fine, cambiamento climatico. Se continuiamo così, siamo alla frutta. È ovvio che dobbiamo evolverci in una nuova direzione se vogliamo sopravvivere per un’altra generazione. Dobbiamo subire un vero e proprio cambiamento fisico. Il capitalismo è nel cervello […] Questa cosa si concentra in modo specifico sui centri economici del cervello. Quelli spendaccioni. Abbiamo trovato il punto esatto del denaro, è nell’ippocampo o qualcosa del genere, un minuscolo solco che gestisce rischi e ricompense, guadagni e perdite, un punto di pressione del rischio finanziario nella corteccia. Se attivi – o meglio, disattivi – quel punto, la gente diventa temporaneamente generosa, soprattutto coi suoi soldi. Boom”
L’Oval è una smart drug, una sostanza nootropa ideata da un artista che di lavoro fa il consulente aziendale (Louis), in una fase cruciale della sua vita che coincide con la morte della madre. L’invenzione dell’apparente centro gravitazionale del romanzo, la pillola ovale che costringerà la nostra specie a correggere le sue tendenze predatorie e depredatorie, è connessa con un lutto. Un lutto non elaborato, e descritto per interposta persona nella prima metà del testo.
Il lutto non elaborato è anche l’incipit bruciante di uno dei romanzi più importati della metà del ‘900, Lo Straniero di Camus.
Nonostante la scelta di intitolare il romanzo Oval, in modo da rendere evidente la connessione metonimica fra la sostanza ed il contenuto del romanzo, questa non è l’unico meccanismo immaginario presente nel testo: Anja sta lavorando assieme ad un collega a degli esperimenti di nanotecnologie legati alla produzione di architetture ecosensibili ed un suo amico vuole elaborare una app in grado di quantificare e ridistribuire il capitale sociale e reputazionale.
Oval non è riassumibile in modo sintetico; è come Casablanca letto da Eco
Inizialmente, pensavo che Oval fosse proprio il nome di questa app, visto che viene presentata come una soluzione tecnologica a dei problemi sociali, poi ho creduto che si trattasse dell’esito delle ricerche di Anja e solo infine, quando il tema centrale del romanzo viene introdotto, ho realizzato. Oval non è riassumibile in modo sintetico; è come Casablanca letto da Eco: si può scomporre ma non unificare. Se di macro-tema o isotopia narrativa si vuole parlare, bisognerebbe assestarsi sui termini vaghi e abusati di Realismo Capitalista, New Weird, Climate Fiction, Solarpunk e ‘ballardiano’.
Ballardiana è infatti la cornice urbanistica ed architettonica nella quale si svolge il romanzo: una città-giardino ecosensibile che viene da subito descritta come disfunzionale. Situata su una collina artificiale, la Berg, che, come apprendiamo nelle note finali, è un progetto reale dell’architetto tedesco Jakob Tigges, la casa ed il quartiere dove vivono Anja e Louis ricorda in modo abbastanza evidente Il condominio di Ballard: un’utopia fourierista che si trasforma in un inferno tribale. Anche in questo caso, si tratta della confluenza di un tema archetipico (la casa stregata) con un riferimento intertestuale (il contesto ballardiano).
Per quanto riguarda l’aspetto del lutto come motore originario della narrazione, si potrebbe vedere una somiglianza fra Oval e gli ultimi romanzi di De Lillo: penso a Body Art e Zero K. La trasfigurazione del dolore in una performance artistica e la sublimazione della perdita nelle promesse di una vita eterna artificiale confluiscono nel romanzo di Wilk. Anja e Lauren (la protagonista di Body Art) si relazionano al lutto (mediato la prima, personale la seconda) in modo metamorfico. Diverso è il caso dei protagonisti maschili: in Oval si trovano delle figure ambivalenti, che cercano, a livello scientifico, artistico e pubblicitario di fixare gli effetti disgregativi del tardo capitalismo. Anche qui, stessa tematica di Zero K: Ross Lockhart, magnate dell’alta finanza newyorkese, non accetta che la malattia gli porti via la moglie e decide di finanziare un complesso progetto di criogenesi.
L’alternativa fra la ricerca di una technological fixation e una metamorfosi individuale è anche al centro dell’immaginario della Trilogia dell’Area X, forse il riferimento più diretto di Oval. Personaggi femminili che operano nel campo della ricerca biotecnologica, affascinate dalla natura fino al tentativo della dissoluzione in questa, contrapposte ad anti-eroi maschili, dominati da un’idea paranoide, archetipo del perseguimento di un ideale romantico di conquista del Sapere Assoluto.
Un’altra corrispondenza intertestuale ed un archetipo narrativo è quella della ricerca paranoide, che in Oval e nel recente Satin Island di Tom McCarthy assume la connotazione della monografia etnografica applicata al settore Research and Development di una grande impresa. Così come l’anonimo protagonista di Satin Island è un accademico fallito, che si ritrova a proseguire le sue indagini para-strutturaliste e para-filosofiche all’interno di una struttura commerciale, anche Louis e Anja vengono dislocati in un ambito aziendale che per qualche ragione misteriosa vuole occuparsi di trovare soluzioni tecnologiche a problemi universali.
Oval descrive questo strano ambiente in modo quasi ironico: le grandi piattaforme del capitale operano in campi irrelati e mutevoli e si fondono l’una nell’altra. Sembrano occuparsi di elaborare una versione commerciale della teoria del tutto o una specie di rivoluzione in vitro. Ad esempio, Anja lavora per una società che si chiama RANDI, ovvero Ricerca Avanzata sulla Natura, Dipartimento Indefinito – una specie di alter ego fittizio della Rand Corporation, organizzazione militare statunitense dedicata allo studio della teoria dell’informazione e della teoria dei giochi.
“Randi non è niente più e niente meno che un luogo per affrontare le sfide più importanti del nostro mondo decidendo di non affrontarle. Abbiamo scelto con cura i migliori e i più innovativi pensatori di tutte le discipline scientifiche per riuscire a rispondere alle domande più profonde dell’umano circa la natura, non attraverso prodotti e soluzioni, ma grazie a speculazioni speculative sul futuro. Dopo cinque anni di collaborazione con consulenti esterni nel campo della gestione del sapere, qui alla Finster abbiamo scoperto che la chiave per l’avanzamento della ricerca scientifica in laboratorio non è cercare di promuovere la scienza, ma cercare di promuovere la creatività”
L’archetipo dei Misteri Aziendali è la versione post-moderna e fantascientifica della sete di immortalità e conoscenza assoluta. Nel secondo volume della trilogia di X, Autorità, il protagonista, Controllo, deve indagare sulle operazioni della misteriosa Southern Reach per conto di un altrettanto misteriosa autorità centrale. La Southern Reach è un ente governativo clandestino incaricato di condurre delle indagini sulle mutazioni ecosistemiche dell’Area X. Quando Controllo si mette a studiare le documentazioni, i dati e le teorie elaborati per venire a capo delle incomprensibili alterazioni biologiche che avvengono nell’Area X passa in rassegna una serie di spiegazioni di ordine esoterico, ecologico, geologico, etnografico e governativo.
Oval non compie scelte estreme, ma una lunga confessione ed autoanalisi
Così, l’idea che al centro di una ricerca aziendale ci siano una serie di questioni che normalmente dovrebbero essere processate in singoli laboratori o dipartimenti universitari, conduce inevitabilmente ad un centro narrativo insondabile, che, come le autrici e gli autori del New Weird hanno appreso da Lovecraft, è situato nella soglia d’indistinzione fra scienza e spiritualismo.
L’archetipo della foresta che riprende la città e la struttura morale
Abbiamo visto che Oval funziona come un prisma intermediale: non contenendo un vero e proprio nucleo centrale, fluttua fra citazioni intertestuali, archetipi narrativi, idee teoriche, ed elementi dell’immaginario sci-fi contemporaneo. Abbiamo cominciato questa analisi con l’introduzione dei temi della Festa Borghese e del Lutto perché sono quelli più comuni, slegati dai manierismi ecologisti, accelerazionisti e xenofemministi che permeano il romanzo.
Tutta l’ultima parte di Oval, nella quale Anja si isola dal mondo sociale nella sua vecchia casa ecosostenibile, mostra l’impossibilità di una metamorfosi completa della protagonista. A differenza della Biologa della Trilogia dell’Area X, Anja si immerge nell’universo della natura post-apocalittica senza un coinvolgimento fisico della sua persona. In lei avviene una mutazione mentale ed emotiva: il distacco dal mondo delle public relations e della socialità cinica nella quale affondava precedentemente.
Forse l’arte della scrittura dei dialoghi e dei monologhi, benché abbia dei prestiti abbastanza visibili da DeLillo, è ciò in cui Oval eccelle. Benché sia possibile individuare delle idee o dei personaggi che ci colpiscono in modo negativo, l’ambiguità di fondo di Oval rende difficile capire quale tipo di lettura morale l’autrice abbia voluto evocare.
Questa ambiguità è l’elemento che più ho apprezzato di Oval, forse proprio perché lo ritengo autentico ed originale. Così come c’è una reticenza a spiegare in dettaglio le varie soluzioni teoriche, il carattere dei personaggi secondari e la locazione spaziale, allo stesso modo, a livello narrativo, Oval non compie scelte estreme: non ci sono lunghi passaggi di prosa poetica come nei testi di VanderMeer, né documenti ricopiati come nel romanzo post-moderno, ma una lunga confessione ed autoanalisi a partire dal punto di vista di Anja.
Forse la boutade di Foucault sul rapporto fra letteratura e giardinaggio acquisisce retrospettivamente un senso: dal giardino come archetipo della festa e dell’incontro amoroso, al giardino come laboratorio e spazio di riprogrammazione della natura, sino al giardino espanso: la foresta artificiale che spazza via l’inconsistenza della decadenza urbana da fine impero.
“Le piante avrebbero distrutto buona parte dell’ecosistema della montagna e avrebbero reso infertile il terreno. Poi avrebbero fatto la stessa cosa alle case, invadendole e accelerando la velocità alla quale stavano collassando. Il secondo stadio era la muffa: il marcio preparava le condizioni ideali perché le spore fungine prendessero piede, per poi spuntare e mangiare tutto quello che fosse rimasto. Infine, in un’orgia di apoptosi, le piante e i funghi avrebbero cancellato se stessi insieme a quello che avevano mangiato. Polvere alla polvere”
Immagine di copertina di RtRo okGayk da Unsplash