Elio Petri, l’unica tv possibile è con Jean-Paul Sartre. “Le mani sporche” che la Rai lo riscopra

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    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su BookCiack Magazine. Clicca il pulsante in basso per leggere il testo completo.

    Il 29 gennaio di novantadue anni fa nasceva a Roma Elio Petri, scomparso (davvero troppo presto) nel 1982. Senza dubbio uno dei registi più validi del nostro secondo Novecento, per quanto a lungo sottovalutato e persino ostracizzato, anche e soprattutto per la rischiosa scommessa della sua filmografia: far incontrare una polemica sociopolitica radicale con i codici dello spettacolo di massa e dei suoi generi, senza rinunciare alla sperimentazione formale e alla riconoscibilità dello stile. Un intellettuale (anche se lui non si definiva tale) ostile ai conformismi (compresi quelli della sinistra cui pur afferiva), solo tardivamente e ancora parzialmente riscoperto come merita.

    Oggi lo ricordiamo con una delle sue opere meno note: Le mani sporche, unico sceneggiato – oggi diremmo miniserie – del regista, adattamento in tre puntate del dramma teatrale omonimo (1948) di Jean-Paul Sartre, in una traduzione dello stesso Petri. Con l’occasione vorremmo lanciare un pur simbolico appello alla Rai, che ha prodotto (merito dell’illuminato responsabile di allora, Paolo Valmarana) e trasmesso gli episodi originariamente sul primo canale il 14, 15 e 19 novembre 1978. Sarebbe bello se il servizio pubblico riesumasse, tanto più nell’odierna fase di desertificazione culturale, questo gioiello introvabile che, tra le altre cose, vanta le musiche del compianto maestro Ennio Morricone e una delle più belle interpretazioni per lo schermo (piccolo e grande) di un mostro sacro come Marcello Mastroianni.

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