La lunga estate calda dei festival

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    La primavera – cantava il poeta – tarda ad arrivare. Eppure, come tante gemme che fioriscono qua e là, sono iniziati i festival. È la bella stagione, ci si veste di blu o di bianco, abbandonando il nero d’ordinanza, si mettono i sandali, si esce dai teatri bui e polverosi dell’inverno per andare ai festival.

    Allegri e spensierati, noi spettatori di professione facciamo la valigia e scopriamo un’altra Italia: non solo i grandi centri, i circuiti consolidati, ma i margini, le periferie, i borghi e i paesi. I festival sono l’alternativa curiosa, la sorpresa, il cibo buono, il tempo sospeso della festa.

    Allora vale la pena, su queste pagine, provare un po’ a capire cosa ci attende: ci torneremo, anche in articoli successivi, sui temi che qui vogliamo lanciare ma intanto, prima di entrare, emozionati e ben vestiti, al gran ballo festivaliero d’estate, cominciamo a riflettere, a tracciare una mappa possibile, a capire insoma dove andare, e soprattutto perché. Andare qua o là, scegliere cosa cercare – se l’intrattenimento o l’avventura, la passione o la ragione – e prepararsi a un viaggio imprevedibile, che segue rotte sempre nuove. Non tutto è condivisibile, nel sistema-festival, e qualche domanda è più che opportuno farla. Ad esempio chiedersi, garbatamente, se i festival, come la “festa”, siano davvero alternativi, momenti di frattura rispetto alla normalità o sei siano ormai parte integrante del sistema spettacolo.

    Ma anche altre domande premono. Intanto può essere utile capire che bussola usare per orientarsi nell’orizzonte festivaliero.

    Dalle celebrazioni per Dioniso nell’Atene del V secolo (le prime, vere, “feste teatrali” della storia), passando per la Bayreuth di Wagner dove nell’estate del 1876 si svolse il primo “festival” dell’era moderna, le manifestazioni si sono moltiplicate in tutto il mondo: anche in Italia alcuni Festival hanno fatto la storia dello spettacolo dal vivo e, pur nella diversità di caratteristiche e finalità, sono ancora punti fermi del nostro panorama teatrale.

    Venezia si inventò la mostra del cinema anche per attrarre villeggianti più a lungo, oltre l’estate: oggi, che deve difendersi dalle orde dei turisti, la città vanta una Biennale diventata un moloch di prestigio mondiale, che accorpa discipline diverse. La sezione Teatro, da due anni con la direzione di Antonio Latella, si sta spingendo sempre più in territori di sperimentazione che si confanno alla poetica e alla progettualità nazionale e internazionale del suo direttore.

    Mantiene il suo fascino Spoleto, con i suoi Due Mondi: era la “gita fuori porta”, un centinaio di chilometri dalla Capitale, era l’esotico a portata di mano, l’evento culturale al sapor di strangozzi. Passata l’era Menotti, è Giorgio Ferrara a firmare i cartelloni di questi anni, tra lirica, prosa e danza: per questa edizione, la numero 61, il direttore artistico è anche co-autore (assieme a Rene de Ceccatty), regista e scenografo dell’opera di apertura, il Minotauro, con la direzione affidata alla bacchetta di Jonathan Webb in un festival dove sono attesi Marion Cotillard, Silvio Orlando, Robert Carsen, Alessandro Baricco, Branciaroli, Adriana Asti.

    Tra le kermesse più antiche, naturalmente, c’era – e c’è – la “stagione di teatro classico” a Siracusa, con le sue tragedie (hanno già debuttato con successo Eracle, per la regia di Emma Dante e il greco Yannis Kokkos con Edipo a Colono). C’era Monticchiello, con il suo teatro povero nel cuore della Val d’Orcia. E Santarcangelo? la mitica Santarcangelo, il meraviglioso borgo sopra Rimini che si popolava, ogni anno, di frikkettoni e fanciulle bellissime, di spettacoli di strada e capolavori inattesi.

    Quello storico festival, che festeggia la 48esima edizione, è oggi diretto da Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, e si è orientato soprattutto alle performing arts con una proposta che le direttrici definiscono «audace e avventurosa». Santarcangelo come segno dei tempi che cambiano? Forse.

    festival

    ph. Elisa Gobbi Frattini

    Ma come dimenticare Borgio Verezzi, o la languida eppure vivacissima Castiglioncello – con il Festival Armunia che anima quel suo castello finto antico sempre fucina di talenti – e ancora l’appartata Polverigi, con la Villa Nappi chiamata a ospitare teatranti da tutto il mondo, o il coraggioso Le vie dei Festival di Roma, diretto da Natalia di Iorio, che ogni anno – non senza fatica – fa scoprire artisti inquieti e innovativi.

    Per seguirli tutti si tratterebbe, insomma, come ogni anno, di fare un vero e proprio giro d’Italia, simile a quello che si sta correndo in questo periodo: un “Tour de force”, è il caso di dirlo, visto quanti sono e dove sono i festival italiani.

    Accanto a quegli appuntamenti (e altri se ne potrebbero nominare) oggi la mappa dei festival sembra esplosa, mutata in una cartina impazzita. C’è chi ha fatto un catalogo in perenne aggiornamento (www.trovafestival.com) e chi cerca, di fronte a tanta proposta, di ritrovare affannosamente senso e ragioni di queste tante kermesse.

    Di fatto il mondo dei festival è diventato una rete articolata, e a volte un “doppio”, ossia un prolungamento estivo della stagione teatrale invernale: con pregi e difetti, su cui vale la pena riflettere.

    Intanto, si è detto, le geografie sono cambiate, e le cartografie vanno aggiornate. La costellazione dei festival italiani segnala nuove star. Ci sono festival “metropolitani” e altri che abitano contesti geografici alternativi anomali, a volte impervi, spesso non abituali.

    È vero, all’Italia manca ancora la “sua” Avignone o la “sua” Edimburgo, eppure se proviamo a guardare al Bel Paese del teatro in modo non convenzionale, ribaltando gerarchie consolidate o blasonate, e indirizzi sicuri, e ci lanciamo all’inseguimento di un tripadvisor del sentimento e della curiosità, vediamo che nel frastagliato panorama nazionale ci sono realtà altrettanto interessanti.

    Nelle cartine dei festival teatrali del nuovo millennio, insomma, troviamo capitali inattese, assieme a luoghi che sono soste obbligatorie e che costringono a pensare i percorsi (e le proposte) in altra prospettiva.

    Così, ad esempio, in questi anni si è imposto, sempre più, l’imponente e ben sostenuto Napoli Teatro Festival: ha da poco aperto i battenti l’edizione 2018, ricco di appuntamenti, il festival è diretto dallo scorso anno con sincero slancio dal drammaturgo e regista Ruggero Cappuccio.

    A questo si affianca l’ormai più che trentennale RomaeuropaFestival, vetrina scintillante che porta nella capitale il miglior teatro internazionale, dando finalmente a Roma l’allure di una vera città europea.

    Si conferma interessante e di ampio respiro il festival Vie di Modena. Curiosa città, Modena: oltre all’imponente kermesse gestita del Teatro nazionale diretto da Claudio Longhi, ci sono altri festival sicuramente più piccoli ma altrettanto curiosi quali, per citarne solo due, Trasparenze (legato soprattutto al teatro sociale e voluto dalla compagnia Teatro dei Venti) e Periferico Festival, piccolo appuntamento di raffinata proposta.

    Ma l’elenco deve per forza continuare. Ad esempio citando il curioso festival Dominio Pubblico-La città agli under 25: un festival “generazionale”, cui si riferiscono le foto di questo articolo, che ha pacificamente e vivacemente invaso il Teatro India di Roma. Magari non tutte le proposte sceniche sono indiscutibili, ma Dominio Pubblico ha mostrato come si possono coinvolgere fasce diverse, e nuove, di spettatori.

    Caposaldo del sud è il festival di Castrovillari, Primavera dei teatri: quello del piccolo centro del Pollino, grazie alla compagnia Scena Verticale, è un appuntamento da non perdere: si è da poco chiusa la manifestazione che ha confermato la vocazione di Primaveradeiteatri ad essere terreno di presentazione, esplorazione, verifica dei codici della scena. All’estremo nord, invece, è fondamentale la proposta del Festival di Dro, nella suggestiva e bellissima ex centrale idroelettrica di Fies: contaminazioni, tendenze, nuove proposte per un festival, giunto alla 38esima edizione che quest’anno si intitola “Supercontinent2”.

    Vale sempre la pena tenere d’occhio l’energico Festival delle Colline Torinesi, o andare a Cividale del Friuli per scoprire cosa proponga l’intrigante Mittelfest, diretto dal pluripremiato regista di Sarajevo Haris Pasovic; o ancora arrivare ad Asti, per l’edizione del quarantennale di AstiTeatro diretto da Emiliano Bronzino. Sembra invece svanire, amaramente, l’importante esperienza del Festival di Volterra: diventerà biennale, ma resta lo straordinario lavoro fatto da Armando Punzo nel carcere della cittadina toscana, con un progetto legato al trentennale della Compagnia della Fortezza, mentre il festival “impossibile” è stato talmente osteggiato e trascurato dalla politica da dover chiudere i battenti.

    L’elenco potrebbe andare avanti e sarebbe comunque incompleto: il Teatro dei Luoghi di Lecce e Aradeo; il festival Nessuno resti fuori di Matera, o il piccolo festival Clessidra teatro, di Chiatona, vicino Taranto; ancora il Suq festival di Genova; BMotion di Bassano del Grappa; il festival Kilowatt di Arezzo diretto da Luca Ricci; il festival di teatro ecologico di Stromboli. E poi i festival autunnali, come Short Theatre di Roma, Castel dei Mondi di Andria, 10 nodi a Cagliari, Contemporanea a Prato, il 100scale Festival di Potenza… E come non ricordare i Festival e le vetrine di Teatro Ragazzi, i festival di danza, quelli di circo e noveau cirque, di musica, di strada…

    Gira la testa, manca il fiato! Non è possibile: ancora dimentico tanti. Quanti sono i festival di teatro? Sono troppi? Troppo pochi? C’è risposta per tanta offerta? Sono tutte iniziative buone e benedette, per carità! Piene di vita, di voglia di fare. I festival rispondono ancora e forse sempre più al necessario, fondamentale, bisogno della gente di incontrarsi, di star bene, di vivere la cultura attivamente e allegramente.

    E soprattutto sono una risposta, in gran parte, al desiderio di evasione, di gioiosa condivisione, in un luogo e in un tempo, di un clima festivo. Ma la domanda, come si dice, viene spontanea: che festeggiamo? Ecco, insomma, che allargando lo sguardo, diradandosi la nebbia dei fuochi d’artificio, nascono quei dubbi di cui si diceva in apertura.

    Non mi pare, infatti, che in questi tempi di crisi costante e di magra e superficiale attenzione alla cultura ci sia tanto da festeggiare. Cominciamo dal “contesto”, ovvero dalla cornice istituzionale.

    Il nuovo “patto di governo” prevede una maggiore attenzione alla “qualità” nella distribuzione del Fus, il Fondo Unico per lo Spettacolo che finanzia tutte le manifestazioni artistiche, ivi compresi naturalmente i festival.

    Cosa comporterà la politica del nuovo governo? Che farà il neo ministro Alberto Bonisoli? Si è appena insediato al Mibact ma si è già affacciatto alla conferenza stampa del Teatro di Roma: ha affermato di voler «rilanciare la cultura», e siamo tutti d’accordo con lui, ma ci sarà da attendersi una messa in discussione, una razionalizzazione del settore, oppure, come è banale prevedere, gli ennesimi tagli al finanziamento pubblico in “nome dell’arte” e della “qualità” e del “rilancio”? Staremo a vedere: aspettiamo, non poco apprensivi.

    Nel florilegio di iniziative, poi, non possiamo non prendere in considerazione quel che è accaduto negli ultimi tempi: ovvero che in ogni città, ogni assessore alla cultura abbia voluto e voglia il “suo” festival. Ma di quelli “ricchi di eventi”, che “portano consensi”, che intrattengano, che facciano “divertire”. Altro che qualità o arte! Bando alla ricerca e al rischio artistico: serve roba che faccia consenso. E allora un festival non si nega a nessuno, ce n’è per tutti i gusti. Se usciamo fuori dal seminato “teatrale”, si sa, ci accorgiamo quanto la parola “festival” sia abusata: si fanno festival per ogni cosa.

    In questa corsa all’intrattenimento, o al botteghino, dunque, emergono due elementi. Il primo è che sempre più manifestazioni sono “cataloghi” di nomi o “volti”: sono le rassegne dei “testimonial”, quelle che chiamano le “star” pur di far cassetta, prive ormai di alcun radicamento o progettualità reale. Spettacoli come gelati estivi: da consumare dopo la passeggiata, con il golfino sulle spalle.

    Accanto agli “eventoni”, poi, ci sono poi le rassegne amatoriali, le sagre con spettacolo, gli afterhours teatrali, le “valorizzazioni” dei luoghi a scopi banalmente turistici: tutto va bene, tutto rischia di essere uguale a tutto, purché sia contento l’assessore (o il senatore, o il ministro o lo sponsor).

    Vale la pena?

    Un festival è, dovrebbe essere, un concreto progetto sul territorio, una visione artistica (non solo “curatoriale”, come va di moda dire oggi) che possa disegnare modalità diverse di vivere e di condividere il tessuto urbano in cui si insiste. Qualcosa che sia, insomma, una traccia di futuro, un modello sostenibile di cittadinanza, una messa in prova del vivere civile: investimenti di soldi, pubblici e privati, per strutturare contesti sociali alternativi e, tendenzialmente, positivi, aperti, complessi nella loro visionarietà, capaci di radicare proposte culturali resistenti e sensati. Nulla è stato più concreto e resistente dell’effimero creato da Renato Nicolini nell’estate romanda di decenni fa: poiché, va detto, quella visione aveva profondo senso. E invece qua, sempre più spesso i festival si presentano per “numeri”: 300 compagnie, 1000 attori, 70mila spettatori, 900prime, 40milioni di birre, 450miliardi di zanzare e chi più ne ha più ne metta, quasi che i “dati” possano bastare a giustificare l’operazione.

    festival

    ph. Camilla Mazza

    Al tempo stesso, e in una prospettiva opposta, la “straordinarietà” del festival implica l’impossibilità, o l’inutilità, di farne “estensioni” della stagione teatrale invernale, un duplicato del circuito di “ricerca”, con gli stessi artisti che si trascinano da un appuntamento all’altro, magari moltiplicando primi, secondi, terzi studi, anteprime, prime regionali o prime nazionali – per rispondere alla necessità del debutto a tutti i costi, della novità sistematica. Troppi cartelloni festivalieri si somigliano: seppur si tratta di sistemi virtuosi di rete o di collaborazioni produttive, alla fine, a ben leggere, basta fare un controllo incrociato per verificare che tanti programmi insistono sempre e solo sugli stessi quattro nomi, a scapito, ancora una volta, del cosiddetto “rischio culturale”, ovvero della necessità che le strutture, dunque soprattutto i festival per loro naturale vocazione, si assumano l’onere e l’onore della “scoperta”, dell’apertura ai “maestri di domani”.

    L’altro elemento curioso delle dinamiche festivaliere, è una certa incomunicabilità conclamata (la notò per primo il critico Renato Palazzi), tra proposte dei Festival e teatro mainstream, ossia stabilità pubblica o circuiti. Spesso i Festival sono gli unici spazi aperti a compagnie giovani e sconosciute, eppure non ci sono i necessari travasi, gli sconfinamenti che consentirebbero ulteriori crescite: il piccolo o giovane spettacolo che funziona, presentato al Festival, potrebbe anzi dovrebbe poi entrare nel cartellone del teatro ufficiale. Purtroppo così non è. Sembrano orbite parallele: in una, quella dei Festival, girano degli artisti; nell’altra, quella della Stabilità, ne girano altri. Raramente si intrecciano.

    Un altro aspetto su cui riflettere, in tema di festival, è la pratica del “lavoro”. È curioso notare quanto sia cresciuta la componente formativo-pedagogica all’interno delle programmazioni: ogni festival ha i suoi bravi laboratori di durata variabile, tendenzialmente breve, rivolti soprattutto a professionisti che (spesso pagando di tasca propria) incontrano registi in workshop destinati a “esiti” o “aperture” che sono spesso parte integrante dei cartelloni stessi.

    Ed è altrettanto curioso notare quanto e come gli spettacoli siano ospitati nei festival a condizioni “capestro”, al limite dello sfruttamento o del puro consumo. Capita pure che altrettanto capestro siano le condizioni lavorative e contrattuali di chi fa parte degli staff organizzativi dei festival stessi. Una pagina bella ma contraddittoria, in questa prospettiva, è quella dei “volontari”: giovani entusiasti che contribuiscono, lavorando gratuitamente, all’organizzazione. Bello, perché entrano nel rutilante mondo festivaliero, contraddittorio perché sono, di fatto, sfruttati.

    Le mie sono generalizzazioni, lo so bene: dunque queste considerazioni lasciano il tempo che trovano. Ci sono Festival super-corretti e professionali, davvero delle “Buone pratiche” messe in atto; altri meno. Ci sono festival ricchi di contenuti e spunti, altri meno; così come ci sono manifestazioni francamente inutili e altre pieni di futuro. Ci sono festival politici e altri, come detto, semplicemente assessorili.

    Ma restano sempre aperte tante domande: vale ancora la pena chiedersi quale sia il vero senso, la specificità e il valore del Festival di teatro oggi; provare capire a che pubblico parlino, con quale linguaggio. E chiedersi cosa lascino, nel territorio in cui agiscono. Caso per caso, storia per storia.

    Viaggiando, seguendo quelle strade fantasiose tracciate dai Festival, può capitare allora di prendere sonore fregature, ma capita anche di vedere, davvero, prove concrete di mondi altri, diversi, accessibili, inclusivi, aperti. Mondi sereni, in cui si vive bene, o quanto meno si può vivere meglio.

    Poi lo sappiamo, i Festival, come le feste, finiscono. L’estate passa e torna l’inverno: anche a teatro.

    Alcuni link
    Venezia Biennale teatro www.labiennale.org
    Spoleto www.festivaldispoleto.com
    Santarcangelo www.santarcangelofestival.com
    Borgio Verezzi www.festivalverezzi.it
    Castiglioncello www.armunia.eu
    Roma Romaeuropa Festival www.romaeuropa.net
    Modena Festival Trasparenze www.trasparenzefestival.it
    Modena Periferico Festival www.perifericofestival.it
    Castrovillari Primavera dei Teatri www.primaveradeiteatri.it
    Torino Festival Delle Colline Torinesi www.festivaldellecolline.it
    Cividale Del Friuli Mittelfest www.mittelfest.org
    Asti Astiteatro www.astiteatro.it
    Lecce Aradeo Teatro dei luoghi www.koreja.it
    Matera Nessuno resti fuori FEstival www.nessunorestifuori.it
    Bassano del Grappa BMotion www.operaestate.it
    Arezzo Kilowatt Festival www.kilowattfestival.it
    Stromboli Teatro Ecologico www.festaditeatroecologico.com
    Modena Festival Vie www.viefestival.com
    Genova Suq Festival www.suqgenova.it
    Roma Short theatre www.shorttheatre.org
    Andria Castel dei Mondi www.casteldeimondi.com
    Potenza Città100scale Festival www.cittacentoscale.it
    Cagliari 10 nodi www.10nodi.it
    Prato Contemporanea www.contemporaneafestival.it
    Roma Le vie dei Festival www.leviedeifestival.com


    Immagine di copertina: ph. Giulia Castellano

    Note