Comunità Contemporanee è un progetto per scoprire la ricerca artistica in connessione con i territori

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    Un numero significativo di progetti di artisti e di residenze per artisti ha trovato sempre più maturazione in luoghi residuali, decentrati o marginali rispetto alle aree metropolitane, ai bordi delle geografie su cui si sono concentrate maggiormente le politiche di sviluppo economico e infrastrutturale in Italia. Sono luoghi sovente caratterizzati da fenomeni di spopolamento, abbandono, isolamento, dissipazione e riferibili ad habitat rurali, montani, alla dorsale appenninica, a piccoli centri, a estensioni del Sud, alle cosiddette “aree interne” come sono definite dal Dossier ministeriale Strategia nazionale per le aree interne (2013).

    Chiamati ora per fluidità di discorso “territoriali” oppure context-specific, questi progetti si estendono oltre le zone tecnicamente mappate come aree interne e tuttavia in luoghi che possono essere descritti analogamente nei termini di “capitale territoriale non utilizzato”. La loro diffusione – dalla fine degli anni duemila – è il segno di una posizione culturale che manifesta il senso di una scommessa in contesti fragili e al contempo pieni di possibilità latenti, che richiedono alla pratica artistica azioni generative e non cosmetiche, estrattive o restaurative. Questi progetti contribuiscono a destrutturare lo sguardo urbano-centrico, le nozioni di marginalità e di ruralità, a mettere in evidenza luoghi da sempre esclusi dalla vita politica e culturale italiana.

    La riposta concentrazione sulle aree non metropolitane a causa dell’emergenza sanitaria – ammantata talvolta nella macina della comunicazione mediatica dalla retorica del ritorno (o della fuga?) nella dimensione rurale e nel piccolo borgo (in prevalenza antico, dunque vagheggiato come bello e sano?) – chiede di volgere attenzione a ciò che sta accadendo nella ricerca artistica e ascoltare gli artisti che da tempo operano in una dimensione che assume il senso etico e politico della restanza.

    Questi progetti contestuali sondano i processi artistici nel sollevare bisogni culturali e domande sullo stato dei territori.

    Lavorando mutuamente con comunità in trasformazione, patrimoni storici, ambientali, eredità culturali vive o silenti, questi progetti contestuali sondano i processi artistici nel sollevare bisogni culturali e domande sullo stato dei territori, sulla loro crescita sostenibile, su chi li abita, sulle forme di socialità, sulle prospettive di cura e interpretazione dei paesaggi e dei suoli, sulla facoltà di riaffermarli come beni comuni, come campo del possibile. La presenza temporale estesa è il presupposto del radicamento: è un lavoro lento di cesello e di cuciture in tensione tra distanza e prossimità, tra località e immaginari esogeni.

    L’attuale condizione di aumento esponenziale di tali progettualità “territoriali” vede il ciclo delle esperienze più storiche giunto a maturazione e forse a un punto di svolta che pone interrogativi sia sui processi finora messi in atto, sia sugli sviluppi futuri. La pluralità di esperienze delinea un mosaico di motivazioni personali, socioculturali e politiche alla base della loro diffusione – la cui macro-cornice è riferibile alle ipoteche su un modello di sviluppo predatorio e neoliberista -, e di processi non omogenei, tuttavia marcati dalla comune necessità di investire su “un nuovo senso del vivere e del far vivere i luoghi” (Vito Teti, in A. De Rossi, a c. di, Riabitare l’Italia, p. 197). Luoghi che, chiarisce Teti, sono da assumere anche “nelle loro negatività. Con le loro ombre, anche con disincanto, senza retorica (…) per quello che sono diventati”.

    Posto che si affermi che la pratica artistica possa contribuire alla riscrittura dei luoghi e delle comunità, tale narrazione iterata e spendibile per qualsiasi condizione rischia di attribuire tale carica a prescindere – peraltro complessa da verificare – oppure obiettivi predeterminati che non tengono conto dell’imprevedibilità, del possibile “fallimento” e della trasformazione in itinere dei processi.

    L’azione di cura non possiede positività a priori, con il rischio di farne un’astrazione ideologica, trascurando i processi reali. Come si declina la “cura” e l’impatto di questi progetti nelle differenti condizioni contestuali? Quale è la natura delle relazioni che stabiliscono e producono? Come avviene sul campo il “fare territorio”? Quali nuovi patrimoni fanno emergere? Quale singolarità mantiene, se la mantiene, la pratica artistica? Tali pratiche riescono a impattare sulle politiche istituzionali pubbliche oppure quali sono i passi mancanti affinché ciò avvenga realmente, perché siano avvalorate come tassello fondamentale all’interno di strategie sistemiche di crescita complessiva del benessere del territorio secondo una visione non economicista?

    Con questo testo inizia Comunità Contemporanee: una serie di articoli e interviste con artisti e attivisti culturali – connessi ai flussi della ricerca artistica contemporanea – che lavorano prevalentemente in gruppo a progetti e a residenze d’artista context-specific in quelle aree liminari che rappresentano più di due terzi del territorio italiano, portatori di esperienze pluriennali sul campo, in azione combinata e connettiva con abitanti, associazioni locali, agricoltori, attivisti, lavoratori, scuole, istituzioni pubbliche, private, non-profit.

    Con loro entriamo nelle ragioni d’ogni progetto per provare ad approfondirne le riflessioni, i processi, gli strumenti, i linguaggi, i ruoli, le criticità, gli esiti. Proseguendo idealmente la mostra documentaria “La terra è bassa. 10 luoghi per 10 progetti”, curata dalla sottoscritta presso Farmacia Wurmkos (Sesto San Giovanni, 2019), Comunità Contemporanee è il frutto di incontri, conversazioni e viaggi attraverso l’Italia non metropolitana, dalle Alpi all’Appennino, da Nord a Sud seguendo le linee di una mappatura aperta.


    Illustrazione di Elisabetta Bianchi

    Note