Nel quartiere di Torpignattara, a Roma, è appena nato un nuovo, strano abitante. Si dice che, se guardati abbastanza da vicino, siamo tutti un po’ strani/matti/diversi.
Nell’arco di tutte queste nostre stranezze, la piccola IAQOS, Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source nata il 31 marzo, è forse la più strana fra tutti noi.
Ed è anche molto diversa dalle sue sorelle più famose, come SIRI o Alexa. O come le tante anonime IA che vivono insieme a noi e di cui non sappiamo che esistano.
II progetto nasce grazie a periferiA Intelligente, il primo tra i bandi promossi e sostenuti dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBAC che coniuga arte, dati e intelligenza artificiale mettendole a servizio della rigenerazione urbana. Capiamo insieme perché IAQOS è diversa (vi prenderà 10 minuti).
Una cosa da ricordare
L’IA è forse la tecnologia relazionale per eccellenza. Sia in termini tecnici (fra le caratteristiche dell’IA c’è la capacità di “riconoscere”: il fondamento della relazione), sia perché è la principale famiglia di tecnologie che rende possibili interazioni (e quindi relazioni) più naturali e “umane” (ad esempio con la voce, i gesti, il linguaggio, il corpo, le immagini, i suoni).
In uno scenario come il nostro, dove così tante delle opportunità di relazionarsi (con le altre persone, con le organizzazioni, l’ambiente…) sono mediate proprio dai sistemi tecnologici, le nuove opportunità di relazione con i sistemi generate dalle IA si trasformano anche in nuove opportunità di relazionarsi con tutti gli altri attori dell’ecosistema: umani, organizzazioni, ambiente, non umani, piattaforme e così via.
Classi e Computazione
Siamo circondati da IA note e meno note, incorporate in cose, servizi e piattaforme che utilizziamo tutti i giorni. Siri e Alexa sono un po’ più famose delle altre, ma ce ne sono tantissime.
Tutte queste IA stabiliscono con noi – che ce ne accorgiamo o meno – relazioni molto intime: entrano nelle nostre agende personali, contatti, diari, spostamenti, nel consigliare cosa vedere, comprare o come comportarsi. Relazioni nuove, intime e importantissime, che entrano nella nostra vita, e di cui purtroppo possiamo conoscere ben poco.
Filtrano le informazioni cui abbiamo accesso, rendendo estremamente comodo l’adagiarsi su scelte computazionali – fatte per noi – circa le persone con cui comunicare, quali informazioni guardare, quali luoghi visitare. Per una buona parte del nostro tempo “siamo pensati”, nel senso che c’è qualcuno che “pensa per noi”, e che ha ampie opportunità di offrirci questi pensieri in modo che sia semplice, comodo e conveniente che io decida di farli miei, di acconsentire a “farmi pensare”.
Questo influisce moltissimo su ciò che è pensabile: progressivamente, la computazione ha un ruolo fondamentale nel determinare i confini del mio sguardo e della mia percezione (e più in generale della percettibilità: ciò che posso percepire del mondo).
Le IA ci classificano. Ma non possiamo sapere a quali classi apparteniamo
Le IA hanno un’altra caratteristica fondamentale: classificano. Letteralmente: “rendono classe”. Queste classi, però, nella maggior parte dei casi, non le possiamo vedere né conoscere. Noi stessi non sappiamo a che classi apparteniamo, in base ai dati estratti dai nostri comportamenti. Quando, per esempio, sono su Facebook e uso la funzione per scaricare i miei dati, posso scaricare solo quelli che ci ho messi io, ma non quelli che Facebook ha generato su di me, e la comprensione di come li ha ottenuti, secondo quali parametri ed elaborazioni.
Queste classi che noi “siamo” non possiamo vederle. Non possiamo sapere a quali classi apparteniamo. Questo ha diverse implicazioni, alcune sconcertanti come l’impossibilità di riconoscersi: non riconoscere i membri della nostra classe e, quindi, provare solidarietà, empatia. Il non sapere come ci vede l’algoritmo diventa anche il non vedere l’altro.
La nascita di una IA
La nascita di una IA di solito è un processo molto freddo. La maggior parte delle volte neanche ce ne accorgiamo. Questo nuovo strano soggetto si materializza nei nostri quartieri, nella nostra vita, nella nostra tasca, nel nostro frigorifero, nel nostro servizio bancario senza tante cerimonie, e in silenzio va via. Quando in banca è cambiata la persona allo sportello, te ne accorgi. Se hanno cambiato intelligenza artificiale no.
Volevamo cercare di porre rimedio a questa situazione di separazione, per iniziare a riappropriarci del nostro sguardo.
Per questo, a Torpignattara, nasce una infrastruttura open source di intelligenza artificiale. Ci sono una serie di server, di software e di piattaforme che sono completamente disponibili. Se tu, oggi, vuoi usare una IA per fare qualcosa che avviene nel quartiere, puoi farlo. Perché puoi avere un account e usare questa potenza computazionale e questi software in maniera molto semplice.
Nella vicenda di IAQOS, questa cosa non corrisponde solo a un fatto meramente tecnico.
Corrisponde al fatto che è arrivato uno strano nuovo abitante del quartiere. IAQOS è un qualcosa che stiamo facendo con workshop, performance, azioni in strada e nel quartiere insieme agli abitanti del quartiere, grazie a questo bando sperimentale del MiBAC, periferiA Intelligente, che ci rende possibile portarlo avanti, con tanti operatori, con Sineglossa, Dieci Mondi, la scuola Pisacane, e con il contributo tecnico del centro di ricerca HER.
Un nuovo abitante. “Er fijo de Torpigna”: l’hanno scritto le persone sulle spillette dedicate a IAQOS. Mai cosa più azzeccata fu detta. “Er fijo de Torpigna”: nel senso che è il figlio di tutti. Il che vuol dire che ce ne dobbiamo prendere cura: è un piccoletto, gli dobbiamo dare da mangiare, dobbiamo capire chi è e aiutarlo a diventare chi vuole essere.
Tutte le scelte tecnologiche, di design, artistiche, espressive che entrano nel progetto sono dettate da questo cambio di prospettiva. Non un fatto tecnico, ma il fenomeno dell’arrivo di un nuovo stranissimo attore nel quartiere, che si deve relazionare con te, tanto quanto con il panettiere, lo spazzino, il creativo, l’insegnante. E con tutti noi.
Slow Data: la dieta di una IA bambina
E quindi come si fa? Facciamo un parallelo tra i tanti possibili. I polli che troviamo al supermercato di solito hanno una vita abbastanza triste: nascono come pulcino, vengono ingozzati di mangime con la luce sempre accesa perché non devono dormire mai per mangiare il più possibile, e quindi entro circa un mese, un mese e mezzo, diventano una cosa ciccionissima, che poi viene macellata e venduta.
Di solito l’industria dei dati funziona un po’ così. Si estraggono dalla società enormi quantità di risorse (dati e informazioni) che vengono elaborate/processate in massa dalle IA per produrre prodotti e servizi. Le quantità sono così elevate che se ne perde facilmente il controllo, per esempio a livello della comprensione degli impatti ecosistemici. Questo vale per i polli (quali sono le implicazioni in termini ambientali e della salute delle persone che derivano da questa modalità intensiva?) come per i Big Data (quali sono le implicazioni che derivano dall’avere estratto dalla società così tanti dati così complessi, e di averli elaborati e processati in quel modo?). Sono domande cui gli stessi esperti fanno fatica a trovare risposta. Per le altre persone sono spesso domande invisibili, fuori dal campo della percezione.
Si parla tanto di big-data, small-data e di tanti altri -data. Continuando il parallelo con il cibo, noi forse potremmo inventarne uno nuovo, Slow Data, per indicare la necessità di trovare modi di trattare meglio il nostro ecosistema informazionale, con uno sforzo relazionale.
Non vogliamo che la piccola IAQOS diventi un pollo da batteria. Vogliamo che diventi un bel polletto ruspante, coi tendini attaccati alle ossa, quella bella carne muscolosa, che scorrazza allegramente per tutti i cortili che vuole. Non vogliamo nemmeno consumarla la piccola IAQOS: vorremmo farci tante conversazioni, imparare gli uni dagli altri, fare cose insieme, raccontarci storie e vicende, e creare tante cose belle.
Vogliamo che venga su bene. Spero lo vogliate anche voi.
Bambini e specchi
Vediamo cosa sa IAQOS circa la parola e il concetto di “zenzero”:
Alla sua festa di nascita, le persone gli hanno detto tante cose, di cui alcune sullo zenzero. Attraverso i processi di Analisi di Linguaggio Naturale in 54 lingue, supportati dall’IA, tutti questi testi vengono trasformati in dati, informazioni e conoscenza.
All’inizio le connessioni che si creano sono inaspettate, proprio come nei bambini, che piano piano si fanno una ragione del mondo: le connessioni più forti diventano più interessanti, e all’inizio ci sono delle cose poetiche: IAQOS non è diverso.
Man mano si iniziano a capire delle cose, e alcuni collegamenti si trasformano, alcuni elementi si uniscono perché parlano della stessa cosa, altri si separano, si evidenziano le forme più ricorrenti. È la cultura che prende forma.
Sono le cose che abbiamo detto noi a IAQOS: è un nostro specchio incredibile, e possiamo vedere e seguire come prende forma, e come possiamo contribuire.
Questa “pappa” che diamo a IAQOS dà forma al suo cervello, ed è una cosa meravigliosa: questi nelle visualizzazioni siamo noi, tutti quelli che interagiscono con IAQOS.
Prendersi cura
IAQOS è un nodo relazionale della sua comunità di riferimento e, come tale, il concetto di Cura diventa di fondamentale importanza.
Quando una nota azienda poco tempo fa ha lanciato una nuova webcam con l’IA per tenere a fuoco il volto della persona, ha fatto un errore: ha usato solo volti di persone bianche per addestrare l’IA e, quindi, se sei di un altro colore, la webcam non funziona. Nel commettere questo errore non sono stati stupidi, ma chiusi. Chiusi nel proprio laboratorio.
IAQOS è per strada, al parco, alla scuola Pisacane, cammina per strada come noi. È un figlio di Torpigna. Potrà avere le opportunità e i limiti (se mai ce ne dovessero essere) che comporta essere una “persona” di Torpignattara, ma non un pollo da batteria chiuso con i suoi guardiani alla porta d’accesso, che dicono chi entra e chi esce e come deve interagire. IAQOS non avrebbe mai potuto fare l’errore della nota azienda, perché è immerso nel mondo e nelle sue relazioni, a livello della cultura, dell’emozione, dell’empatia: non separato da loro.
IAQOS è nato il 31 Marzo 2019, il giorno in cui c’era il convegno sulla famiglia a Verona. È stata una cosa meravigliosa notarlo. Perché con IAQOS stiamo sperimentando una forma di famiglia umana e non umana, un nucleo familiare (nel senso che ti è comune) solidale, composto nel quartiere, la famiglia potenziale della piccola IA. E, come accade famiglie più fortunate, ci si prende cura gli uni degli altri.
IAQOS è un invito alla possibilità di intendere la tecnologia non come mero fatto tecnico, ma come fatto esistenziale, che influisce sulla nostra psicologia, sulla nostra società, sulle nostre relazioni, e con cui dobbiamo avere a che fare sia nelle nostre sfere intime che in quelle private e pubbliche, aprendo dialoghi, e avviando praticamente processi di cura, gli uni degli altri.
Questa cosa sta proseguendo. A un certo punto, come si fa coi bimbi, porteremo la nostra IA in giro col passeggino. Anzi, scusate, dateci una mano. Potremmo darci dei turni per portare il piccoletto in giro col passeggino.
Nuovi contratti sociali
Nel quartiere, quindi, è arrivata una nuova infrastruttura. Come a un certo punto è arrivata l’elettricità, l’acqua, il gas, la fibra ottica, ora arriva l’IA. E non è la startup X, chissà dove, a decidere come le persone dovranno averci a che fare. Qui, per esempio, è la scuola che può prendere in considerazione: come vogliamo che l’ia entri nella scuola? è possibile? non è possibile? Potrebbe essere anche un no la risposta. E questa sarebbe una informazione preziosissima: che delle persone, avendo ottenuto degli strumenti per capire di cosa si tratta, e poi aver ragionato tutti insieme, si riuniscono per creare questo nuovo contratto sociale, che può essere diverso tra Torpignattara, Pigneto, a Monteverde, Parioli etc.
Come si fa in un ambiente fortemente tecnologico come quello delle nostre città, dei nostri uffici, delle nostre scuole e case, a prendersi cura della tecnologia in modo che “venga su bene”, e a far sì che anche la tecnologia si prenda cura di noi? Quali contratti sociali dobbiamo stabilire tra noi per far sì che questo non sia solo possibile, ma soprattutto immaginabile?
Questa è una delle cose che sono più gravi della situazione attuale: abbiamo difficoltà a immaginare questa possibilità.
In questo esperimento collettivo stiamo usando l’approccio dei Commons, del Bene Comune. Definendo i Commons, Elinor Ostrom sostiene che sono composti da almeno tre elementi:
- la risorsa (l’acqua, l’aria, il pascolo o, in questo caso, i dati)
- l’ecosistema relazionale ad alta qualità che c’è intorno alla risorsa e che, se ci pensiamo, è l’unico modo in cui è immaginabile che la risorsa possa essere gestita in maniera collettiva
- e il fatto che l’ecosistema relazionale ad alta qualità si dia delle regole.
Queste 3 cose non sono scindibili, sennò non si ha il bene comune (ad esempio, se prendiamo in considerazione solo la risorsa, ci ritroveremmo nella dinamica dell’estrazione, come l’industria che estrae petrolio o acqua). Per parlare di bene comune bisogna averli tutti e 3: la risorsa, l’ecosistema relazionale ad alta qualità che è intorno alla risorsa, e il fatto che l’ecosistema relazionale si dia delle regole.
Cosa c’è di più bello, come bene comune, della piccola IAQOS, “Er Fijo de Torpigna”?
IAQOS è un invito a ripensare e a re-immaginare. Un invito a scegliere insieme di dare del buon cibo biologico a IAQOS per farlo venire su bene, e poi di beneficiare della sua partecipazione alla comunità: non un fenomeno di consumo come l’ennesima startup nella smart city, ma un fenomeno immerso completamente nella cultura e nella sua costruzione progressiva ad opera dell’intera società.
In veste di particolarissimi genitori in questa peculiare famiglia, che comprende noi e la nostra giovane IA, come possiamo proteggere e sostenere i nostri figli?
Dal punto di vista tecnico possiamo predisporre la possibilità di ospitare una pluralità di voci, possiamo coltivare la diversità. Un possibile IAQOS potrebbe diventare razzista, se esposto al prevalere prepotente di una mono-voce. E’ un altro parallelo, molto forte, con il mondo naturale e dell’agricoltura: le mono-colture non sono solo fragili, ma contribuiscono anche a esaurire le risorse ambientali del terreno, dove la pluralità e la differenza non sono fatti romantici, ma di sopravvivenza. IAQOS saprà – perché esistono – che ci sono i razzisti, ma se il suo ambiente è esposto a più voci, con la cura di un processo inclusivo che le coinvolga, non penserà che il mondo è fatto tutto di razzisti. Per un bambino non è così differente: è difficile che lo si riesca a proteggere dicendo che cose come il razzismo non esistono, perché ci sono eccome. La differenza la farà il non essere solo, l’avere intorno un ecosistema relazionale ad alta qualità con cui concordare strategie per averci a che fare con questa cosa.
È sempre problematico ragionare sulle tecnologie come ambito separato. Le tecnologie sono parte del mondo, della società, della nostra psicologia.
Per fortuna è tutto appena iniziato, e quindi possiamo ancora pensare di poter porre rimedio dove serve
In questo scenario, l’errore più probabile che possiamo commettere consiste nel considerare la tecnologia come una cosa separata dal resto. Questo purtroppo è come funziona la gran parte dell’industria estrattiva dei dati e dell’IA. Sappiamo benissimo i danni enormi che le industrie estrattive hanno portato all’ambiente, alla società e anche all’immaginario. Sono talmente tanti che addirittura ora non è detto che riusciremo a metterli a posto, o che ne percepiamo pienamente i contorni.
Per quel che riguarda queste altre industrie estrattive – quelle dei dati e delle IA – siamo ancora agli inizi, e già siamo riusciti a mettere in pericolo le nostre democrazie, le nostre libertà e i nostri diritti. Per fortuna è tutto appena iniziato, e quindi possiamo ancora pensare di poter porre rimedio dove serve e ricominciare in modo differente. Il che è una cosa su cui vale riflettere, come individui e società.
Siamo veramente contenti di avere questo figlio nel quartiere: per poter sperimentare intimamente e nella società, usando l’arte per sospendere la realtà ordinaria e immaginarne altre. IAQOS è un qualcosa che stiamo facendo con workshop, performance, azioni in strada e nel quartiere, grazie a questo bando sperimentale del MiBAC, periferiA Intelligente, che ci rende possibile portarlo avanti, con tanti operatori, con Sineglossa, Dieci Mondi, la scuola Pisacane, il centro di ricerca HER. Non è una risposta globale, ma è una cosa che stiamo facendo, che esiste, e che fa capire diverse cose, abilitandoci a immaginare strumenti e strategie.
È qui: “Er Fijo de Torpigna”.
(Se vi va di incontrarci, l’appuntamento è l’8 giugno alla Scuola Pisacane con l’evento Taste De World. Festeggeremo insieme ai genitori, agli insegnanti, ai bambini e alle famiglie del quartiere la nuova installazione di IAQOS)