“La montagna non vuole vivere più di estreme passioni”: ha bisogno di professionalità, efficienza e organizzazione

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    Gérard Dèque, sindaco della piccola stazione sciistica di Metabief, nel Giura francese, si è affidato a un ingegnere ambientale, Olivier Erard, che lo supporta nella transizione imposta dal cambiamento climatico da ski resort a stazione turistica polivalente. L’azienda agricola biologica Achillea di Paesana, nelle valli cuneesi, è ricorsa all’esperienza di Enrica Alberti, laureata alla Statale di Milano in scienze e tecniche alimentari con dottorato all’estero, che ha lasciato la città per trasferirsi in montagna ad Ostana, in Valle Po. Paolo Caraccio, educatore professionale della cooperativa Proposta 80, risale quotidianamente le valli alpine intorno al Monviso a lavorare su progetti di comunità con i ragazzi per contrastare l’abbandono e far emergere le loro capabilities in un’ottica metromontana.

    Sono solo alcuni esempi delle nuove professioni emergenti di cui la montagna alla ricerca di strade capaci di futuro, oggi, ha forte bisogno. Una montagna in trasformazione, dalle Alpi agli Appennini, che vede una ritrovata attrattività confermata dalla “risalita a salmone” di nuovi montanari, che si uniscono ai restanti locali per costruire comunità operanti e aprire laboratori di innovazione: luoghi di smart working, produzione e gestione comunitaria di energie da fonti rinnovabili, valorizzazione “del vecchio” con la tecnologia e la gestione “del nuovo”, valorizzazione e monetarizzazione dei servizi ecosistemici. Una montagna che richiede sempre di più competenze pluridisciplinari per rispondere a esigenze territoriali specifiche, perché, come dice l’amico Alberto Di Gioia nel suo articolo di apertura sull’ultimo numero della rivista Dislivelli.eu, dedicato proprio all’educazione e formazione in montagna, “la montagna della complessità, quella dove è possibile il cambiamento, non vuole vivere più di estreme passioni”Ma ha bisogno, aggiungo io, di professionalità, efficienza e organizzazione. E per questo le competenze “di riflesso” della città non bastano più, sono anch’esse importanti, certamente, ma da sole ormai largamente insufficienti. I montanari per scelta oggi hanno bisogno di nuovi percorsi educativi e formativi dedicati ai loro contesti che li possano aiutare a realizzare quel cambiamento di paradigma tanto annunciato, verso un futuro sostenibile di benessere comunitario. In modo professionale.

     

    Immagine di copertina di Anna Barsa su Unsplash

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