Il turismo come messa in scena del territorio

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    Adottare un approccio performativo all’analisi del nesso tra pratiche di consumo spazializzate, politiche territoriali e rappresentazioni geografiche consente un’interpretazione del turismo più “aperta”, creativa, complessa ed inclusiva della molteplicità degli attori che vi partecipano. (…) Uomini, donne, animali; beni, servizi, elementi naturali. Tutti questi “attori” contribuiscono a tessere reti dal carattere ibrido (umane e non umane; materiali e simboliche; tangibili e intangibili) che si proiettano nello spazio, investendolo di senso. Disegnando, cioè, “mappe di significato” (Jackson, 1989).

    Vi è una dimensione esplicitamente percepibile della messa in scena del territorio da parte di tutti questi attori che è in grado di andare al di là della regia – per riprendere la metafora qui proposta – e cioè di andare oltre le politiche istituzionali di promozione turistica. Ciò che essi attivano attraverso le proprie performance è di importanza per lo sviluppo territoriale non meno delle politiche. È proprio questo secondo aspetto della relazione tra turismo e territorio che può rappresentare un elemento finora generalmente trascurato da chi si occupa di compiere scelte strategiche. (…)

    Con questo non si intende dire che le messe in scena del territorio siano sempre inclusive o meno paternalistiche di quanto dettato dalla linea degli attori che più sono in grado di imporsi. Nonostante la loro fluidità, anche le performance sono soggette a una serie di costruzioni ideologiche rispetto alle quali il peso economico e culturale di turismo e consumo gioca un ruolo non secondario. Le forme di messa in scena del territorio provenienti “dal basso” (…) concorrono infatti ad aumentare il valore di scambio di alcuni tipi di merce, come nel caso dei prodotti locali o dei prodotti turistici basati sulla partecipazione alla vita quotidiana delle comunità locali. Così la politica dell’identità si mescola a dinamiche commerciali: anche le forme più creative di incontro tra turismo, territorio e luoghi non sono esenti dal rischio di una loro mercificazione e reificazione. (…)

    Il management del turismo e dei fenomeni ad esso connessi dovrà necessariamente trasformarsi in un’ottica più partecipativa, aperta ed inclusiva in grado da un lato di incanalare, senza sopprimerle, le innumerevoli forme con cui si manifesta, dall’altro di gestire i conflitti naturalmente emergenti (…) Se il turismo penetra in ogni tipo di politica di sviluppo territoriale e lo influenza sempre di più, la possibilità di fornire una base di conoscenza finalizzata allo sviluppo e maturata nell’ambito del turismo è funzionale a rispondere a questioni e sfide di lungo termine. (…) Il carattere d’improvvisazione e partecipazione è comprensibile solo se i luoghi, siano essi materiali o virtuali, si studiano a una grana fine. Poi, però, quanto registrato deve essere messo in relazione con dinamiche più ampie in un’ottica transcalare. Anche perché, come ricordano Ash Amin e Nigel Thift «le più piccole spazialità possono avere le più grandi conseguenze sociali» (2002; trad. it. 2005, p. 66). (…)

    Quanto sviluppato in questo lavoro ha anche lo scopo di far comprendere a un pubblico più ampio che ormai turismo e consumo sono fenomeni talmente trasversali dall’estendere la propria portata al di là di spazi, tempi e categorie che li riguardano esplicitamente. Questo significa che il turismo stesso può farsi strumento analitico per la comprensione della società in senso ampio, ben oltre se stesso (…) Tutto ciò potrà trovare applicazione solo se accompagnato da alcuni riposizionamenti culturali in grado di dare un nuovo senso alla relazione tra turismo e territorio.

    Il primo riguarda quello del termine “turismo” stesso. Si tratta di un termine con un forte portato ideologico. Il turismo oggi è inteso come motore di sviluppo economico oppure, per converso, in ambito più “critico”, nella sua accezione di forma di sfruttamento e svilimento del territorio attraverso modalità di fruizione di tipo consumistico incoraggiate e praticate in diverso modo. Non è un caso che chi voglia prendere una distanza dalle implicazioni di ordine negativo del termine preferisca dirsi “viaggiatore” anziché turista, usando un vocabolo che rimanda a una figura più nobile. Si ritiene invece che sia necessario affrontare in maniera meno dottrinale gli elementi di tensione, di esclusione, di sfruttamento, ma anche di acculturazione, inclusione e tutela (dal punto di vista ambientale, sociale, culturale, economico) insiti nel turismo. La prospettiva che vede nel turismo uno strumento analitico dei fenomeni socio-spaziali può svilupparsi in tutta la sua potenzialità solo nel momento in cui di questo fenomeno se ne coglie la complessità al di là di facili dicotomie retoriche, come quella tra “turismo di massa” e di “turismo culturale”, che l’approccio performativo qui adottato dovrebbe aver aiutato a smontare. (…)

    Il secondo tipo di riposizionamento del quale c’è urgentemente bisogno consiste nel dare una più forte lettura di quanto concerne la relazione tra turismo e territorio attraverso la teoria sociale, poiché questa può giocare un ruolo fondamentale nel comprendere le implicazioni poste da queste sfide. Chi è chiamato a istruire le politiche cerca perlopiù di comprendere le trasformazioni in corso e di adottare modalità per affrontarle attraverso modelli economici o comportamentisti, ma questi modelli, ad oggi, non sono riusciti sempre a dare delle risposte efficaci. In questo contesto, i policy-maker potrebbero agire nelle loro mansioni in maniera più appropriata se fossero messi nella condizione di avere accesso a un repertorio di ricerca sociale più ampio, con cui pensare ai fondamenti concettuali di ciò che fanno e agli assunti delle loro azioni. (…)

    Il turismo è oggi un settore a cui molti attori guardano con interesse: gli studi che lo comprendono mettendolo in relazione con una più ampia e articolata teoria sociale sullo spazio potrebbero consentirne un apprezzamento più approfondito da parte di chi si occupa di sviluppo territoriale dal punto di vista professionale o delle politiche. Dall’altro lato, chi si occupa di conoscenza scientifica, dovrebbe cercare di collocare la propria attività intellettuale in un dibattito non estraneo a quello delle trasformazioni socioeconomiche e ambientali in corso, ponendosi in relazione con le tematiche e i linguaggi che le contraddistinguono.

    Si tratta, dunque, di un doppio riposizionamento che, si ritiene, potrebbe preparare il terreno per predisporre efficaci politiche di sviluppo territoriale integrate in grado di far fronte alle sfide culturali e politiche a cui città e regioni di tutto il mondo sono chiamate oggi a far fronte.


    Pubblichiamo un estratto da Il territorio messo in scena. Turismo, consumi, luoghi (Mimesis, 2018) di Chiara Rabbiosi

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