Cosa è successo a Profondo, il laboratorio di cheFare per Hydro, a Biella

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    Arrivare a Biella significa entrare nel regno del torrente Cervo.

    Il paesaggio è dominato da un corso d’acqua che, per definizione, cambia periodicamente e drasticamente la propria portata, alternando momenti di apparente secca a piene furiose, quasi (sempre di più) indomabili.

    Attorno a questa altalena si è sviluppata una città che ha costruito la propria infrastruttura economica attingendo alle risorse e alla potenza del Cervo, dalla quale (negli ultimi anni) è emersa anche una rete socio-culturale che ha saputo riunire la popolazione locale e quella limitrofa.

    Hydro è un nuovo centro culturale, è parte fondamentale di questa rete e, nell’ottobre del 2020, è stato completamente inghiottito da una piena del torrente Cervo.

    Il mandato di Fluviale era proprio ripartire nei pressi dell’acqua per raccontare un paesaggio, naturale e culturale, in trasformazione, promuovendo la raccolta fondi che ha contribuito alla ricostruzione di Hydro.

    L’evento è stato traumatico, inaspettato e sintomo di un rapporto, quello tra la città di Biella e il torrente, in crescente degenerazione. Lo stesso rapporto, quello tra umani e natura, che è protagonista dei più importanti dibattiti istituzionali e civili attualmente in corso.

    Il cambiamento climatico antropogenico è al centro dell’attenzione globale in quanto più grande e urgente minaccia alla sopravvivenza della nostra specie nella storia, e racconta non soltanto di un clima, quello terrestre, che sta cambiando, ma evidenzia soprattutto tutta la cura che non abbiamo conferito alla Terra.

    Il pianeta, di conseguenza, sta suonando un allarme chiaro e forte, rispondendo alle pressioni esercitate dagli umani con eventi anomali, violenti e fuori dalla nostra capacità di gestirli. Esattamente come la piena che ha spazzato via Hydro.

    Dopo la piena, Hydro (che arriva dal fiume come indica il suo nome) e la sua comunità si sono presi del tempo per elaborare l’accaduto, pianificare il futuro e raccogliere le forze.

    La stagione Fluviale

    Nell’estate del 2021, Hydro ha inaugurato Fluviale, la prima rassegna culturale curata dal nuovo centro culturale dopo la piena che ha abitato gli spazi circostanti a Cittàdellarte – Fondazione Pistoletto e la valle del Cervo.

    Il mandato di Fluviale era proprio ripartire nei pressi dell’acqua per raccontare un paesaggio, naturale e culturale, in trasformazione, promuovendo la raccolta fondi che ha contribuito alla ricostruzione di Hydro.

    cheFare ha curato per Hydro una delle tappe di Fluviale con Profondo, un laboratorio per riportare al presente le parole del futuro. 

    Gli spazi di Hydro subito dopo la piena del torrente Cervo nell’ottobre del 2020.

    Un piccolo percorso di incontri, discussioni e workshop pensato per fornire strumenti e spazio necessario a riflettere sulle parole, l’elemento da cui Hydro (come tutte e tutti noi) è ripartito per immaginare il suo futuro.

    Ogni progettazione, infatti, ancora prima che essere composta da tabelle di azioni e cronoprogramma, consiste di parole che ne descrivono le prospettive, le ambizioni e gli obiettivi.

    La scelta di queste parole non soltanto definisce la forma e la sostanza di ciò che si progetta, ma traccia chiaramente gli spazi di partecipazione a cui ci si rivolge, definendo chi può e chi non può entrare a farvi parte. Per questo motivo, Profondo ha voluto affiancare Hydro in un lavoro di ricerca semantica che partisse dalla comunità di persone che lo costituiscono.

    Costruire un nuovo immaginario

    Lavorare sulle parole significa costruire immaginari, ed è da qui che siamo partiti per affrontare una riflessione sulle narrazioni dell’ecologia – tema, storicamente, al tempo stesso urgentissimo e tra i meno immediati di sempre.

    Nel corso degli ultimi 30 anni, nuovi modi di pensare l’emergenza climatica e il rapporto tra esseri umani e natura hanno saputo rinnovare una narrazione ambientalista incapace di rendere davvero globale e collettivo il racconto del cambiamento climatico antropogenico.

    Ecologia e ambiente sono temi con una storia che attraversa ormai i secoli. Negli ultimi anni, però, i fenomeni collegati all’emergenza climatica si sono accelerati (o meglio – la nostra capacità di misurarli e vederli in prospettiva è migliorata).

    Per poterli comprendere al meglio, la letteratura sull’ecologia ha creato e reso popolari alcune parole in grado di descrivere fenomeni, sistemi e sensazioni complesse. Da ‘tempo profondo’ passando per ‘ecoansia’, si tratta di parole dalla definizione spesso astratta ma dal potenziale semantico altissimo.

    Serve, però, non darle per scontate. Serve ricordare quanto sia necessario non soltanto usare parole diverse, ma assicurarci di renderle patrimonio universale. È per questo motivo che processi di risemantizzazione semplici come chiedere “cosa significhi” permettono grandi trasformazioni, includendo nuove voci in discorsi prima esclusivi.

    Da degrado a rovine: risemantizzare mondi che cambiano

    È stata questa la premessa da cui siamo partiti quando abbiamo deciso di coinvolgere in Profondo due diversi punti di vista su mondi che stanno cambiando.

    Il percorso ha ospitato la presentazione de La Rivolta del Verde, l’ultima opera di Lucilla Barchetta, antropologa e dottoressa di ricerca in Studi urbani. Con lei abbiamo riflettuto sul significato contemporaneo di “degrado”, la sua politicizzazione ed elemento centrale dei percorsi di riqualificazione del territorio e del paesaggio che fanno della tassonomia del degrado il principale nemico da allontanare dalle città.

    Per Lucilla Barchetta, “Le parole incarnano le esperienze che danno senso e contribuiscono alla formazione degli immaginari. Gli immaginari sono l’insieme delle percezioni/interpretazioni collettive che accompagnano e danno senso all’esperienza che facciamo del mondo. Percezioni e interpretazioni sono fatte di parole, ma sono parole che provengono dai corpi e quindi sono sempre incarnate, radicate nell’esperienza sia essa corporea, ambientale o sociale.”

    Riconoscere e tracciare la storia di ciò che è istituzionalmente riconosciuto come negativo, accende i riflettori sulle relazioni tra elementi non graditi degli spazi urbani e traccia un chiaro collegamento tra fattori di carattere umano o naturale prima percepiti come profondamente distanti tra di loro.

    Abbiamo poi continuato con un’opera fondamentale nella narrazione ecologista contemporanea. Il fungo alla fine del mondo dell’antropologa americana Anna Lowenhaupt Tsing: insieme al filosofo Dario Bassani, oggi parte della comunicazione di Editori Laterza, abbiamo raccontato la storia dei funghi matsutake e della loro simbiosi con i paesaggi in “rovina”.

    Per Dario Bassani, “Le parole sono strumenti fondamentali per immaginare, ma anche per fabbricare nuovi mondi,” ci spiega. “Dobbiamo ridiscuterle insieme, così da capire quali sono inadeguate, quali sono adatte, quali ci danno slancio e quali invece ci costringono a rallentare e a rifare da capo i discorsi che ci accomunano o dividono. Quindi ci servono per fare politica, anzi, cosmopolitica.”

    La riflessione sulla precarietà degli spazi e delle possibilità da essi generati si è rivelata centrale nella costruzione di un racconto collettivo con protagonista la città di Biella e le operatrici e gli operatori di Hydro, rivelando ricordi, racconti e prospettive comuni prima inediti.

    Ogni incontro, in accordo con chi lo guidava, ha messo in primo piano una parola protagonista di un processo di risemantizzazione collettiva: al concludersi delle presentazioni, al pubblico è stato sottoposto un questionario in cui si era chiamati a proporre una nuova definizione per le parole “degrado” e “rovine” e fornire dei riferimenti culturali di qualsiasi tipo da collegare a questa nuova definizione.

    “Rovine per me significa tutte quelle esperienze passate che hanno caratterizzato periodi, o epoche, che oggi non sono più presenti in maniera pratica, concreta, ma che continuano a influenzare le culture e i processi delle comunità.”

    [Quando penso al degrado] “mi viene in mente Building as unowned property, un’opera di Maria Eichhorn del 2017 presentata a Documenta 14, ad Atene. È un lavoro abbastanza controverso perchè l’intenzione dell’artista non è chiara. Ha chiesto al ministero dei beni culturali greco di applicare a un qualsiasi palazzo lo status di monumento. In Grecia un monumento viene protetto e mantenuto così com’è per l’eternità, quindi si suppone che questo palazzo verrà mantenuto integro, intatto e chiuso da qui all’eternità.”

    “Le rovine sono spazi residuali di una trasformazione, aperti a nuove possibilità di lettura e sviluppo, spesso connotati in forma negativa come risultato di un fallimento o di un cattivo esito sperimentale.”

    Ogni presentazione si è conclusa con un dibattito, un percorso di risemantizzazione collettiva che ci ha portato infine ad una discussione condivisa con le gambe immerse nello stesso torrente Cervo. Il laboratorio ha chiesto ai propri partecipanti di riflettere e far emergere insieme il senso e la prospettiva del significato di progettazione culturale per una realtà come Hydro nel territorio di Biella.

    La discussione ha accolto punti di vista diametralmente opposti: bisogni, riferimenti, spunti e idee che nel loro attrito hanno contribuito a rinsaldare il patto collettivo che legava i partecipanti.

    Continuare a parlarne: come?

    Il percorso di Profondo si è concluso, ma il bisogno a cui ha tentato di rispondere non soltanto è ancora presente, ma è cifra fondamentale del progettare cultura. Per questo, al fine di continuare la raccolta di significati, riferimenti ed immaginari, abbiamo deciso di lasciare aperto lo spazio dei questionari:

    Compilarli non significa soltanto prendere il testimone di una stagione culturale intensa per Hydro, ma arricchire il suo patrimonio con nuove parole e spunti, più che mai fondamentali per rendere patrimonio collettivo tutto ciò che Hydro rappresenta.

    Per continuare a parlare di questi temi, Hydro ha creato una mailing list dedicata a Fluviale. Ci si può iscrivere qui.

    Ringraziamenti

    Profondo fa parte di Fluviale, un progetto di Better Places APS/Spazio HYDRO realizzato con il contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Fondazione Cassa di Risparmio di Biella. Hanno 
collaborato alla buona riuscita di Fluviale il Comune di Campiglia Cervo, Fondazione Pistoletto – Cittadellarte, cheFare e Fondazione Piemonte dal vivo.

    Profondo è un percorso a cura di Marilù Manta e Federico Nejrotti.

    Note