L’effetto disruptive di Airbnb

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    Airbnb è una piattaforma digitale di intermediazione dei micro-affitti immobiliari. Fondata a San Francisco da Brian Chesky, Nathan Blecharczyk e Joe Gebbia ha avuto successo nel 2008 affittando gli appartamenti ai delegati della convenzione nazionale del Partito Democratico americano che non trovavano una stanza negli alberghi di Denver in Colorado. Oggi è una multinazionale del valore di 30 miliardi di dollari, due milioni di annunci in 34 mila città di 191 paesi. La sua “economia della condivisione” copre un’ampia gamma di immobili: dal subaffitto delle stanze per gli studenti fuorisede all’affitto per brevi periodi di ville nobiliari, castelli e resort esclusivi.

    Una piattaforma di capitale come Airbnb adatta la condizione provocata dall’indebitamento in mancanza di redditi allo schema finanziario del capitalismo digitale. Questo meccanismo è fondato sull’evasione fiscale. Solo dagli Stati Uniti nel 2016 era pari a 1,9 trilioni di dollari in liquidi e investimenti. Le aziende del capitalismo digitale si inseriscono in una migrazione mondiale dei capitali verso le piattaforme offshore: +25% dal 2008 al 2014 con una sottrazione di 7,6 trilioni di dollari.

    Le Gafam (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft) hanno superato i 3 mila miliardi di dollari di valore di borsa e sono le prime aziende quotate a Wall Street. Apple, Alphabet (la holding che controlla Google), Microsoft, Amazon e Facebook valgono otto volte il Pil della Norvegia, tre volte quello dell’Australia.

    Città terre di conquista

    Nel 2015 un libro bianco ha ipotizzato che la “condivisione” degli appartamenti a Los Angeles abbia eliminato undici appartamenti al giorno dal mercato degli affitti tradizionali. Un altro studio ha sostenuto che Airbnb elimina circa il 20% degli appartamenti in affitto in alcune zone di Manhattan e di Brooklyn a New York, fino al 28% nell’East Village, sebbene sia illegale affittarli oltre 30 giorni all’anno. Nei venti quartieri più centrali della metropoli americana si stima che Airbnb abbia sottratto almeno il 10% delle case disponibili dal mercato.

    La perdita di case disponibili sul mercato causata dalla disruzione (disruption) di Airbnb colpisce sei volte in più i residenti neri. Il quartiere con la più alta discriminazione razziale è Stuyvesant Heights, nel cuore di Central Brooklyn, dove le prenotazioni effettuate dai proprietari bianchi sono 1.012 volte superiori a quelle dei neri. La diseguaglianza economica sarebbe pari all’857% sul totale dei redditi accumulati dagli host bianchi.

    L’attivista e fondatore del sito di contro-informazione Inside Airbnb Murray Cox ha realizzato una ricerca in cui sostiene che nei 72 quartieri di New York il 74% degli host sono bianchi e nei quartieri a prevalenza “black” hanno guadagnato 159,7 milioni di dollari mentre gli host neri 48,3 milioni.

    La perdita di case disponibili sul mercato colpisce sei volte in più i residenti neri. Il quartiere con la più alta discriminazione razziale è Stuyvesant Heights, nel cuore di Central Brooklyn, dove le prenotazioni effettuate dai proprietari bianchi sono 1.012 volte superiori a quelle dei neri. La diseguaglianza economica sarebbe pari all’857% sul totale dei redditi accumulati dagli host bianchi.

    Per Cox nei quartieri a maggioranza nera dove Airbnb è più diffuso si riproducono questi meccanismi di “gentrificazione razziale”, mentre i benefici economici incassati da nuovi residenti. La maggioranza dei residenti neri soffre invece per l’emergenza abitativa o la perdita delle case.

    L’effetto-Airbnb non è l’unico responsabile della trasformazione di Venezia o Barcellona in Luna Park, né della segmentazione razziale della rendita urbana. Il dispositivo rafforza la precarietà abitativa delle classi meno abbienti immettendo nel mercato la potenza finanziaria dei venture capital che moltiplicano le rendite dei fondi immobiliari.

    Le città sono terra di conquista e Airbnb è uno dei modi per ampliare il processo a nuove fasce sociali. Dai primi studi di geografia economica urbana è emersa una dinamica peculiare: la piattaforma produce un impatto più grande nelle aree che sono state già ristrutturate. Allo stesso tempo innesca un processo che porta gli abitanti di quartieri non centrali ad affittare. Airbnb deterritorializza la gentrificazione dove la piattaforma non è ancora diffusa.

    Gentrificare e turistizzare

    Come in altre piattaforme digitali anche su Airbnb il protagonista è l’imprenditore di sé stesso. Assume le sembianze del proprietario di casa, prevalentemente di ceto medio bianco, ma non solo. Nella sharing economy egli investe un capitale che può essere costituito dai risparmi di operai e impiegati che un servivano all’acquisto di una casa dopo il matrimonio della prole. Oggi servono alla prole per aprire un’attività imprenditoriale che sfida le leggi e prolunga gli affitti tutto l’anno.

    Il profilo sociale di questo imprenditore di se stesso è la sintesi tra un proletario privo di mezzi di produzione e un parvenu alla ricerca di un finanziamento del mutuo sulla prima casa, un lavoratore povero sospeso tra disoccupazione e iper-lavoro alla ricerca di un’integrazione al reddito. Infine scopre che può fare concorrenza alle grandi catene alberghiere e pensa di trovare un posto in un paradiso (fiscale).

    Questa figura è inserita in un dispositivo che lo trasforma in uno speculatore rispetto ai turisti, a cui è diretta l’offerta di Airbnb, e rispetto alle città investite da processi di turistizzazione e gentrificazione ai danni dell’inquilinato residente. La convenienza tra gli host e Airbnb è reciproca. I primi ottengono un reddito, tassato meno di altre attività di ricezione, la seconda valorizza la proprietà immobiliare attraverso un processo speculativo alimentato – a monte, nelle borse – dai venture capital e – a valle, sui territori – da agenzie immobiliari locali che intermediano l’offerta delle case con la domanda turistica.

    La giornata del cittadino digitale

    La giornata-tipo dell’imprenditore di sé potrebbe svolgersi così: si veste da rider e corre tutto il giorno in bicicletta per Deliveroo, poi guida una macchina Uber; torna a casa e trova il suo ospite Airbnb. Prima di andare a letto studia per creare una start up. È una variante dell’apologo sul Santo Imprenditore Steve Jobs – che ha creato Apple in un garage – o sul Santo Connettore Zuckerberg – che ha creato Facebook a Harvard.

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    La fine del film è diversa. Nella società delle piattaforme digitali, l’imprenditore di sé dovrà concorrere con altri precari inseriti come lui in una classifica e sottoposti alla valutazione sullo stile di vita, sulla capacità di mantenere un lavoro remunerato, sul possesso di “competenze” relazionali e caratteriali.

    Ottenere un affitto dipenderà dal successo della profilazione del candidato rispetto a criteri morali gestiti da una piattaforma al servizio della proprietà dell’immobile. Airbnb è l’anticipazione di un modello che permetterà alle imprese, agli Stati o ai comuni di valutare gli inquilini, come oggi Uber o Foodora valutano i gig-workers.


    Pubblichiamo un estratto da Forza lavoro. Il lato oscuro della rivoluzione digitale (Derive Approdi) di Roberto Ciccarelli.

    Note