Mappare! Una nuova visione di Palermo

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    Questo breve articolo risponde a due domande piuttosto semplici, la prima riguarda la necessità di proporre una riflessione sul ruolo e sulla dignità delle mappe come medium, il secondo riguarda l’opportunità di usare questo strumento come principale mezzo per comprendere ed attivare una comunità intorno ad un luogo specifico.

    L’occasione è data dall’apertura di Cre.Zi. Plus, un nuovo community hub a Palermo all’interno dei Cantieri Culturali alla Zisa, uno spazio rigenerato di archeologia industriale. Il progetto è ideato da CLAC, impresa sociale attiva da anni a Palermo in collaborazione con l’incubatore di imprese dell’Università degli Studi di Palermo gestito dal Consorzio Arca e realizzato grazie al sostegno della Fondazione Con Il Sud. Il nuovo spazio, che propone già una serie di attività ed eventi a cantiere aperto, aprirà ufficialmente a fine ottobre con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento per gli attori dell’innovazione sociale in Siclia.

    Cre.zi. Plus non è solo un progetto di rigenerazione di uno spazio in disuso, è soprattutto un progetto che vuole spingere sulla creazione di un ecosistema creativo a Palermo, per questo Il primo, importante passo è stato mappare.

    Si moltiplicano, sempre di più, pratiche e strumenti per utilizzare il racconto di una storia come generatore di riflessione e cambiamento. Questa rivoluzione dello storytelling, anche se ha stancato alcuni, resta un’arma imprescindibile nella generazione e nell’empowerment di comunità. Uno degli elementi, messo in campo da qualsiasi narrazione e che c’entra molto con la capacità di raccontare riguarda la figura retorica della sineddoche. Gli esercizi di stile di Queneau sono un chiaro esempio di ciò che voglio dire. La storia è sempre quella ma si modificano lo stile e soprattutto i sottesi alla storia: quelle parti che chiediamo al nostro interlocutore di arricchire con la sua esperienza.

    Tuttavia la narrazione testuale, fumettistica, cinematografica non può prescindere da una linea del racconto, anche se alcune pratiche mettono in discussione questa linearità come l’esempio di narrazione circolare in understanding comics di Scott Mcloud o, per rifarsi alla narrazione filmica, come in Memento di Nolan o ancora in Pulp Fiction di Tarantino.

    In questi casi si richiede all’interlocutore di compiere un’azione di completamento (una sineddoche) che non solo riempia lo spazio tra una scena e l’altra, ma che riordini il filo narrativo, proposto in maniera volutamente sconnessa dal regista, in una sequenza di azioni che abbia un senso. Tuttavia si tratta di espedienti volti a spingere l’acceleratore sulle caratteristiche di questi media.

    Esistono altri medium che lasciano libero il fruitore dell’opera di cercare la sua linea narrativa, concentrandosi sulla sua libreria di  codici e segni. Si tratta dei dipinti, delle foto, delle mappe e di tutti quei media che propongono un’esperienza sintetica.

    Davanti alla Gioconda non sappiamo perché la la Monnalisa sia lì a guardarci con il suo famoso sorriso enigmatico, non sappiamo quale sia la sua storia e tocca a noi costruirla. Nelle 7 opere di misericordia di Caravaggio, conservato a Napoli al Pio Monte della Misericordia, sono rappresentate le 7 opere di misericordia terrena in una mirabile sintesi ma non è dato modo di capire al fruitore dell’opera cosa venga prima e cosa dopo nella narrazione. Le ricerche cubiste ed in parte futuriste andavano nel senso di costruire una linea di narrazione sulla tela pittorica, tuttavia anche in quel caso si trattava di una forzatura delle caratteristiche del medium. È un rebus che sta all’interlocutore risolvere.

    Ecco, le mappe appartengono a buon diritto alla schiera di questi strumenti di comunicazione e il completamento che impongono nell’interlocutore le rende uno degli strumenti più utili per la generazione di comunità. Perché le mappe impongono una corresponsabilità ed una complicità maggiore da parte dell’interlocutore nella generazione del messaggio. Al contempo tendono a rappresentare il luogo entro cui la comunità si coagula. In qualche misura all’interno delle mappe resta imbrigliata una proposta di narrazione che va completata in maniera incisiva dall’interlocutore, definendone un ruolo più attivo rispetto ad altri media.

    Le mappe sono armi. Servivano agli eserciti per stabilire strategie e modalità di intervento. Con un tale retaggio ci si dovrebbe avvicinare con grande accortezza al loro utilizzo.

    Oggi le mappe hanno assunto un valore sempre più ampio. Le differenti rivoluzioni prima legate alla stampa ed ora ad internet hanno costruito le condizioni di diffusione per rendere le mappe sempre più uno strumento per saldare la geografia fisica alla geografia umana e sociale.

    Le mappe ci orientano in un mondo in continuo movimento, definendo dei frame di un film in evoluzione. Continuano ad essere delle armi ma, per fortuna, aiutano sempre meno ad organizzare strategie di sanguinose battaglie, bensì a definire e comprendere il territorio per proporne una modifica. Per molti aspetti si tratta sempre di una battaglia, ma è senza dubbio una battaglia meno cruenta che in passato.

    Perché pensate che la sigla del trono di spade si svolga su una grande mappa del mondo?

    Le mappe sono diventate un medium a se stante. e come ogni medium, da Mcluhan in poi, contengono un messaggio al loro interno, che sta prima del contenuto specifico. Significa che il contesto sociale e la creatività di una città possono essere raccontati attraverso una tabella di dati, un romanzo, un audiovisivo, un gioco, insomma attraverso una sequenza impressionante di strumenti, ognuno dei quali porta con sé, prima del messaggio che trasmette, una serie di significati.

    Le mappe narrano una sintesi agerarchica e non lineare, cosa che avviene davvero in pochi altri media ed è la caratteristica principale delle mappe come strumento di espressione.

    Le mappe realizzate per lo studio di contesto preliminare all’apertura di Cre.Zi. Plus legano assieme i cluster della creatività urbana con la descrizione di alcuni tematismi sociali della città di Palermo.

    Innanzitutto non è facile definire cosa sia la creatività o chi la produca all’interno di una città. Per riuscire a districarsi in una tale difficoltosa definizione ci si è affidati a precedenti campagne di mappatura: la mappa dei talenti e dell’innovazione condotta dal politecnico di Palermo e dal Creative Lab guidato dal prof. Maurizio Carta, la mappa PA_WORKING coordinata dall’amministrazione comunale, la Mappa dei palermitani attivi curata da Daniela Ciaffi, la mappatura dell’artigianato in centro Storico all’interno del progetto Crezi Food Kit di CLAC.

    A queste mappature si è affiancata un’attività svolta sul campo da CLAC e da Zisa Lab per aggiornare i dati e approfondire le realtà creative più prossime agli spazi di Cre.Zi. Plus.

    Ciascuno dei punti mappati rappresenta uno spazio della creatività della città. Mentre i colori più intensi verso il viola rappresentano maggiori concentrazioni di epicentri di creatività. Questa concentrazione va via via scemando verso il giallo.
    Ci sono chiaramente mille cose che si possono opinare a questa mappatura. Da un lato non si tiene conto della consistenza delle imprese ed organizzazioni mappate, dall’altro si forza la mano, mettendo insieme tipologie di innovazione molto differenti. Tuttavia si deve sempre tenere presente il contesto entro cui la mappatura è stata costruita. Lo scopo del community hub Cre.Zi. Plus è di essere un’arena in grado di connettere le intelligenze creative e questo motiva il perché di alcune scelte. In questo senso l’eterogeneità dei dati collezionati non è un limite ma un vantaggio.

    Le campagne di mappatura, che sono state sintetizzate ed utilizzate come base di partenza, si sono dimostrate abbastanza varie da assicurare uno sguardo ampio e strabico sulla fenomenologia della creatività in città, mischiando le azioni dei movimenti con le imprese strutturate e con il tessuto artigianale.

    Le mappe elaborate confrontano l’eterogeneo agglomerato di creatività di Palermo con alcuni indicatori sociali. Tutti gli indicatori sono tratti dal censimento generale della popolazione ISTAT del 2011, sulla base delle sezioni censuarie. I dati sono, quindi, riferiti alla minima unità territoriale possibile.

    Il primo indicatore scelto è la densità. Molti studiosi di città, tra cui i più famosi sono Florida e Landry, hanno legato questo indicatore alla capacità di un tessuto urbano di produrre innovazione e creatività. Il motivo è piuttosto semplice, la densità implica una sicura vicinanza fisica di persone e la prossimità è un potente strumento per moltiplicare le occasioni di confronto e, quindi la generazione d’idee.

    Il secondo indicatore sociale riguarda gli inoccupati. Questa scelta concerne due questioni apparentemente opposte. La prima è la disponibilità di tempo delle persone, che è uno degli ingredienti per stimolare la creatività; la seconda è la necessità di approdare ad una condizione lavorativa, che è una valida molla che spinge a ricercare strategie creative di generazione del lavoro.

    Il terzo indicatore scelto è il grado d’istruzione e mette in evidenza le maggiori concentrazioni di diplomati e laureati, perché non c’è dubbio che un maggior grado di istruzione fornisca strumenti più adeguati per la generazione di innovazione. Sostanzialmente definisce un indicatore di qualità degli attori potenzialmente creativi all’interno di un contesto urbano.

    Il quarto indicatore rappresenta la concentrazione di stranieri. Anche questo tema è piuttosto trattato in letteratura come generatore di occasioni d’innovazione e creatività. Il motivo è, ancora una volta piuttosto banale e, quindi, probabilmente vero. Gli stranieri residenti su un territorio portano inevitabilmente delle differenze nel modo di vivere e di vedere la città ed il lavoro. La sintesi di differenze produce innovazione. Inoltre gli stranieri sono affetti dalla sindrome del migrante che li spinge a “tentare di farcela” con una dedizione spesso sconosciuta agli indigeni. Molti paesi come l’Australia e gli Stati Uniti, che oggi sventolano politiche di controllo delle migrazioni, hanno fondato la loro fortuna su questa sindrome.

    L’ultimo indicatore scelto riguarda la percentuale di giovani presenti. Anche in questo caso emergono due aspetti che riguardano i modi di vedere i giovani sia come consumatori di innovazione che come produttori. In entrambi i paradigmi interpretativi, comunque, il dato resta interessante e utile.

    Se si guardano le mappe in sequenza si capiscono molte cose e, come affermato in premessa, è giusto lasciare all’interlocutore la possibilità di trarre le sue conclusioni e costruire le sue narrazioni. In fondo il bello della agerarchicità delle mappe è proprio questo.

    Tuttavia qualche piccola traccia interpretativa va comunque data.

    Nicola Giuliano Leone scriveva qualche anno fa che Palermo è una città algebrica divisa in 4 quadranti dagli assi del Cassaro e di via Maqueda/via Libertà, il cui valore sociale ed immobiliare si può sintetizzare come nei quadranti dello spazio cartesiano, ovvero con un quadrante del tutto positivo, 2 quadranti indifferenti ed un quadrante negativo.

    Tuttavia questa intuizione non aveva avuto modo di essere confermata da fatti ed evidenze. Lascio al lettore l’attribuzione di valore ai quadranti che più preferisce. Guardando le mappe, però, è chiaro che emerge un terzo asse di fondazione della città.

    La circonvallazione era e resta un muro invalicabile di differenza. La città cambia notevolmente tra dentro e fuori la circonvallazione. Lo si vede nell’assedio degli inoccupati che incombono sulla città che si sviluppa entro la circonvallazione e in tutti gli altri indicatori. La circonvallazione segna il limite tra due Palermo. Questo limite viene messo in discussione soltanto su alcuni assi che connettono direttamente la città oltre la circonvallazione con la città entro di essa.

    Al contempo il centro storico sembra essere lo spazio più fecondo per l’attivazione di creatività. La grande presenza di stranieri e la prevalenza di abitanti con un alto livello di istruzione sono i principali elementi che alimentano questa vocazione.

    La cittadella universitaria è un altro epicentro della creatività che, però, non riesce a generare occasioni al di fuori dei suoi confini, probabilmente perché più propensa ad attivare rapporti con reti lunghe ed interlocutori distanti. Prima di queste letture sociali della città di Palermo, che in qualche misura tendono a definire il substrato del milieu creativo della città, la mappatura ha considerato le aggregazioni di luoghi della creatività. Queste aggregazioni sono state definite sulla base della vicinanza. In particolare è stato valutato come un raggio di 20 m. potesse dare luogo a relazioni di confronto dirette tra le entità mappate.

    Il risultato della mappatura è interessante, perché definisce una forte e diffusa area di creatività nel centro storico ed in particolare sull’asse di via Paternostro con una generale presenza di artigiani, teatri e associazioni/comitati. Guardando le mappe si possono fare molte altre analisi, come la mancata accelerazione nel senso della creatività e dell’innovazione delle aree industriali della città. Pur in una realtà urbana assai complessa e sfaccettata si evidenzia una certa relazione tra gli indicatori scelti per definire le condizioni che aiutano la creatività e la fenomenologia dei luoghi che ne descrivono la generazione.

    In queste mappe lo spazio Cre.Zi. Plus non c’è ancora ma il suo ruolo vuole essere quello di addensare la creatività e l’innovazione attraverso un’interfaccia aperta alla città. Ci aspettiamo che i primi risultati dell’attivazione del community hub consentano una rilettura dei quartieri Zisa e Noce. Questa rilettura passa attraverso l’attribuzione di un nuovo e più chiaro ruolo produttivo e creativo a questi quartieri ed alla città di Palermo.

    Come detto in apertura le mappe sono armi e la città combatte una battaglia importante per competere con le altre metropoli per non smarrire e svendere la sua identità. Combatte per continuare ad essere una città e non solo il parco giochi per affollati zoo safari in cui abitanti provenienti da città vive che producono innovazione guardano i resti di una civiltà. Queste mappe sono l’inizio di questa incruenta battaglia e Cre.Zi. Plus ci piace immaginare possa esserne il quartier generale.

    Note