Sappiamo che i cambiamenti storici non avvengono mai all’improvviso, che epoche e periodizzazioni sono illusioni ottiche, create a posteriori; che le trasformazioni sono lente e impercettibili, e anche le date memorabili – 1789, 1492, 1917, 2001 – vanno sfumate e considerate segni convenzionali che indicano processi più ampi, contraddittori smottamenti dei quali non sappiamo bene dove cominciano e dove finiscono.
Tutto vero, eppure lontano dall’esperienza concreta del tempo che si è affermata negli ultimi decenni: non è così che sentiamo la storia nella nostra epoca, tanto meno dopo l’accelerazione prodotta dalla pandemia. Tutto sembra essere cambiato da un momento all’altro; in un certo senso, tutto è davvero cambiato da un momento all’altro.
Il lavoro, la scuola, le relazioni, la socialità, le abitudini di consumo, lo sport e il tempo libero; ma anche le teorie filosofiche, gli schieramenti politici, le contrapposizioni ideologiche: quasi ogni momento del quotidiano è stato travolto e riposizionato dallo shock pandemico. E poco importa che molte cose promettano di ricadere al loro posto, di tornare inerzialmente allo stato precedente, solo un po’ deformate: la percezione dominante, nel momento attuale, è quella di una mutazione impossibile da ignorare, di una trasformazione improvvisa di tutti gli aspetti dell’esistenza.
Alessandro Baricco ha descritto l’effetto distopico del risvegliarsi in un mondo che ha fatto un grosso e maldestro balzo in avanti, facendo accadere cinque anni in uno, e realizzando in brevissimo tempo cambiamenti già in atto, che probabilmente sarebbero avvenuti comunque, ma che attuati a questa velocità hanno centrifugato le esistenze e i pensieri, stressato i muscoli, cambiato posture, creato il bisogno di nuove storie.
Baricco ha descritto questo spostamento in avanti nel tempo pensando a Philip K. Dick, la cui immaginazione letteraria aveva visto qualcosa del genere. Per Dick la storia non è un lento, vischioso blob, ma una psichedelia di mondi paralleli: può bastare una variazione impercettibile, un varco, un viaggio, per ritrovarsi in un universo distinto in cui la storia ha preso tutta un’altra direzione, e i nazisti hanno vinto la guerra e conquistato gli Stati Uniti. Lo spostarsi da un universo all’altro non è una questione di processi silenziosi e inavvertiti: somiglia più allo scatto con cui un treno cambia binario. La chiamavamo fantascienza, ma la definizione ormai appare ampiamente inadeguata, se questa esperienza di chiudere gli occhi e riaprirli in un mondo irriconoscibile è diventata del tutto familiare.
In un racconto intitolato Story of Your Life – dal quale Denis Villeneuve ha tratto il film Arrival – lo scrittore Ted Chiang immagina il contatto con una civiltà aliena che ha una concezione del tempo completamente diversa rispetto a quella umana: per loro il tempo è una presenza, un’intensità non lineare, in cui passato, presente e futuro convergono, si implicano reciprocamente e si dispiegano simultaneamente. Questa idea del tempo si riflette nell’organizzazione del racconto, che intreccia e sovrappone i piani temporali, e soprattutto dà forma ai semiogrammi utilizzati dagli eptapodi per comunicare: una scrittura i cui segni non corrispondono a suoni o a concetti ma a eventi, in cui ogni linea disegna la curva di una diversa timeline. Una scrittura e un pensiero così fatti descrivono un’esperienza del mondo impensabile, stravolta, in cui le categorie con le quali ci situiamo nel tempo e nello spazio diventano insignificanti, sostituite da una compresenza di tempi, di mondi, di idee.
La stessa compresenza che agita il nostro presente e lo rende illeggibile: il tempo precipitato che stiamo vivendo è un groviglio di schegge temporali e di frammenti di universi, in cui eredità del passato e trascinamenti verso il futuro convivono e si confondono. Gli eptapodi siamo noi, alieni a noi stessi: le nostre giornate sono una sequenza di micromutazioni, di trasformazioni, spostamenti, alterazioni della linea del tempo.
Per dirla con una parola: le nostre vite hanno fatto e continuamente fanno switch. Si sono spostate improvvisamente da un circuito noto e rodato a un altro ignoto e pieno di incognite. Lo switch infatti è un cambiamento repentino di stato, di condizione, di modalità di funzionamento: è ciò che è successo al mondo negli ultimi mesi, una serie di trasformazioni rapidissime che hanno modificato radicalmente i contesti sociali e i comportamenti individuali. Una serie di switch, di mutamenti improvvisi, nei quali sono precipitati processi attivi da decenni, che come il fiume in prossimità di una rapida sono tutti velocissimamente confluiti nel vortice pandemico, e hanno generato una spettacolare cascata.
Ma non si tratta solo dei tempi della storia, è la nostra vita quotidiana a essere dominata dallo switch: switchiamo in continuazione tra linguaggi, codici, ambienti diversi. Ci spostiamo freneticamente tra la dimensione fisica e quella digitale. Cambiamo piattaforma, lingua, bolla con sempre maggiore naturalezza: lo switch sta via via abbandonando il suono meccanico dell’interruttore che scatta, e somiglia sempre più a un gesto fluido, senza attrito, compiuto con naturalezza.
È da questa percezione della realtà che nasce Switch – Dialoghi sulla mutazione, un esercizio collettivo in cui proveremo a raccontare lo scorrere del tempo non come un fiume apparentemente immobile ma come una cascata. Invertire l’idea della lunga durata dei fenomeni e provare a capire il presente individuando e analizzando le trasformazioni inattese, le fratture, le discontinuità, le mutazioni appunto: i cambiamenti immediati di stato, gli switch che hanno spento una forma di vita e ne hanno accesa una completamente differente.
Cambiamo piattaforma, lingua, bolla con sempre maggiore naturalezza: lo switch sta via via abbandonando il suono meccanico dell’interruttore che scatta, e somiglia sempre più a un gesto fluido, senza attrito, compiuto con naturalezza.
Per affrontarli, anche la nostra mente deve fare switch, assumere atteggiamenti e posture nuove, acquisire conoscenze e competenze inedite. Deve riconoscere che molto di ciò che sappiamo e che abbiamo imparato non esiste più, è svanito o si è riformulato in modo da rendersi irriconoscibile. E che molti dei gesti conoscitivi che ci sono abituali sono diventati inefficaci, perché lo switch cambia codici, procedure, protocolli e linguaggi.
Per fare switch insieme allora, il 17 e il 18 settembre a San Giuliano Terme, nell’ambito del Settembre Sangiulianese, si terranno quattro dialoghi, quattro confronti sulle mutazioni del presente. I dialoghi mettono a confronto due personalità che hanno uno switch da raccontare e da spiegare, portatrici di una competenza specifica che gli permette di analizzare con uno sguardo originale i cambiamenti in atto.
Gli interlocutori sono scelti per creare accoppiamenti sorprendenti, mettendo a confronto punti di vista non conflittuali ma nemmeno del tutto coincidenti, affini ma in grado di creare una “differenza di potenziale” che generi energia intellettuale.
I dialoghi mettono a confronto sistematicamente un uomo e una donna, non per un banale rispetto delle quote di genere, ma perché anche l’emergenza del faccia a faccia tra intelligenze diverse per esperienza di genere è uno dei temi chiave del presente, è uno degli switch che configurano la contemporaneità.
Il programma
Si comincia venerdì 17 settembre alle ore 19 con Raffaele Alberto Ventura e Claudia Durastanti, che si confronteranno sulle trasformazioni dell’immaginario e dei linguaggi che agitano la società contemporanea.
Sabato 18 settembre si riprende alle ore 18 con il dialogo tra Lina Bolzoni ed Edoardo Camurri, che parleranno di rinascimenti: come è accaduto e come continua ad accadere che il lavoro materiale e intellettuale delle società umane arrivi a concentrarsi in un gorgo di energie trasformative tanto potenti da produrre qualcosa che chiamiamo rinascita?
Alle ore 19 Vera Gheno ed Enrico Terrinoni parleranno di linguaggi emergenti, e di come le forme linguistiche mutano nel tempo per accogliere tensioni sociali e nuove esigenze di rappresentazione del mondo.
Alle ore 20.15 chiudono la manifestazione Fabrizio Barca e Valentina Parasecolo, che parleranno di come la politica a ogni livello, dalle amministrazioni locali alle istituzioni europee, deve ripensare i rapporti tra centri e periferie, per individuare nuove modalità di ascolto e coinvolgimento delle comunità, nuove pratiche di partecipazione diretta che saranno anche uno dei tempi principali della Conferenza sul Futuro dell’Europa.
I protagonisti e le protagoniste
Claudia Durastanti scrittrice e traduttrice, si occupa soprattutto delle questioni legate alle differenze, analizzando in particolare il contesto culturale e politico anglo-americano. Collabora con il settimanale “Internazionale”. Il suo romanzo La straniera (La Nave di Teseo) è stato finalista al Premio Strega 2019. È appena stata nominata curatrice della storica casa editrice femminista La tartaruga.
Raffaele Alberto Ventura filosofo e saggista, analista della crisi delle classi dirigenti e del crollo della fiducia nelle competenze. Collabora con la rivista “Le Grand Continent”, con i quotidiani “Domani” e “Il Foglio”. Il suo ultimo libro è Radical Choc. Ascesa e caduta dei competenti (Einaudi, 2020). Il suo libro La classe disagiata (minimum fax, 2017) ha suscitato un intenso dibattito ed è stato trasformato anche in uno spettacolo teatrale.
Edoardo Camurri giornalista, scrittore, conduttore radiofonico e televisivo. Su Rai Radio3 è tra i conduttori di “Pagina Tre” e conduce “Tutta l’umanità ne parla”. Su Rai3 conduce la trasmissione di approfondimento culturale Maestri. Scrive per “Il Foglio”.
Lina Bolzoni saggista e studiosa, professoressa emerita di Letteratura italiana alla Scuola Normale Superiore di Pisa. I suoi saggi sono stati tradotti in tutto il mondo. Il suo ultimo libro è Una meravigliosa solitudine. L’arte di leggere nell’Europa moderna (Einaudi, 2019). Per l’Istituto Enciclopedia Treccani ha curato La Commedia di Dante nello specchio delle immagini, pubblicato in occasione del settecentenario della morte del poeta.
Vera Gheno sociolinguista, in prima linea nelle campagne di riflessione e sensibilizzazione sull’inclusività della lingua. Conduce la trasmissione di Radio 1 “Linguacce”. Recentemente ha pubblicato Poetere alle parole. Perché usarle meglio (Einaudi, 2019); Femminili singolari. Il femminismo è nelle parole (Effequ, 2019) e, con Federico Falloppa, Trovare le parole. Abbecedario per una comunicazione consapevole (EGA, 2021).
Enrico Terrinoni docente di Letteratura inglese e di Teoria e pratica della traduzione. Per Newton Compton ha tradotto l’Ulisse di James Joyce, e per Mondadori il Finnegan’s Wake. Collabora con “il Manifesto” e “il Tascabile,” e ha scritto anche per il “Corriere della Sera”, “Il Sole 24 ore” e “Il Messaggero”. Ha tradotto autori contemporanei e classici. Tra i suoi ultimi libri Oltre abita il silenzio. Tradurre la letteratura (il Saggiatore, 2019); Chi ha paura dei classici? (Cronopio, 2020); Fantasmi e ombre. Roma, James Joyce e Giordano Bruno (LSe, 2021).
Fabrizio Barca economista e attivista, ex ministro, promotore del Forum Disuguaglianze Diversità. Tra i suoi libri più recenti ci sono Abbattere i muri. Principi di giustizia sociale (Castelvecchi, 2021); Un futuro più giusto. Rabbia, conflitto e giustizia sociale (il Mulino, 2020, curato insieme a Patrizia Luongo); Quel mondo diverso. Da immaginare, per cui battersi, che si può realizzare (Laterza, 2020, scritto con Enrico Giovannini).
Valentina Parasecolo giornalista professionista, press officer del Parlamento europeo in Italia, si occupa soprattutto di media digitali e delle dinamiche comunicative che riguardano le nuove generazioni. Ha studiato Scienze Politiche in Italia e negli Stati Uniti, e si è formata alla Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia. Ha collaborato, tra gli altri, con Rai, La7 e Vice, e ha ideato e diretto la piattaforma di informazione e approfondimento “il Bureau”.