Il paesaggio contemporaneo e il progetto per il futuro

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    Se il secolo passato ha dimostrato, come tratto, una sostanziale indifferenza nei confronti della continuità: biologica, ecologica, materiale, il progetto contemporaneo e la sue proiezioni materiali, non possono essere pensabili solo come una procedura per la prefigurazione di un fine. Sembra darsi infatti una condizione in cui diventa necessario riformulare la nostra capacità di agire attraverso una rinnovata mappatura e definizione delle nostre azioni e coordinate spazio-temporali.

    Pubblichiamo un estratto da Il mondo non è più un giardino (Quodlibet)

     

    Nella acquisita consapevolezza, della profonda ed irreversibile alterazione prodotta allo stato di natura, e nell’indeterminatezza dei tempi e modi con cui dobbiamo e dovremo affrontare i cambiamenti dell’ambiente e del clima, permane la necessità di approntare uno strumentario del contemporaneo, che richiede la presenza e l’urgenza di azioni consapevoli. “Orientarsi, agire, cambiare, adattarsi”, appaiono pertanto le cifre, le azioni e le condizioni contemporanee con cui reinterpretare il reale, inteso come l’ambiente in cui si svolge la nostra vita.

    In tale supposta scacchiera, dove si ridefiniscono gli elementi in gioco e la complessità dei nessi, il progetto di paesaggio si presenta pertanto in una forma, che non è più forma a priori, e non è necessariamente “negazione estetica”. Esso, piuttosto, si configura come un lavoro che potrebbe essere definito di “decolonizzazione incrementale”. Cancellando il sovraccarico e operando sull’infrastrutturazione presente, si può infatti ipotizzare di procedere a “liberare spazio” quale disponibilità e riserva da conservare e consegnare ad un tempo futuro. Ciò presuppone l’idea di un’antropizzazione diversa da quella attuale, resiliente, ed in grado di saper sfruttare responsabilmente il capitale di cui disponiamo, ormai molto antropocentrato e poco naturale.

    In tale contesto, così come hanno chiaramente esplicitato Gilles Clément e Bill Mckibben, l’osservazione si indirizza, selettivamente, ad evidenziare quel potenziale naturale, che è base di sviluppo e sopravvivenza per l’uomo, e memoria depositata nel tempo. Al contempo, esso è la traccia per selezionare con giudizio ciò che dovremo predisporre, conservare e perdere per il futuro. Le azioni che dovremo mettere in campo, per transitare efficacemente un cambiamento in grado di conservare le caratteristiche di un ambiente che possa continuare ad essere adatto ad ospitare la vita, e conservarne la memoria, presuppongono, infatti cambiamenti consapevoli. Poiché è proprio da tale condizione di negazione del naturale, e della nostra stessa vita in primis, che il progetto contemporaneo, ed in particolare il progetto di paesaggio, paga le contraddizioni di un’azione antropica tuttora dialetticamente esitante tra incosciente depauperamento delle risorse naturali e responsabile manutenzione, tra distruzione e cura, trasformazione e conservazione.

    Come già ricordato, il paesaggio contemporaneo ed il progetto che lo sottende, sono spesso orfani di una lungimiranza, progettuale e culturale, capace di collocarli realmente in una disposizione spazio-temporale, questione su cui Rosario Assunto ha lungamente argomentato, che ne possa assicurare la sopravvivenza e li sappia realmente collocare in una prospettiva capace di riequilibrare la attuale disintonia che oscilla tra latitanza ed eccesso di progetto.

    Posta in tali termini, come ricordano Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, essa certamente non aiuta la costruzione di una nuova alleanza “uomo-ambiente”, continuando ad alimentare l’aporia sottesa alla trasformazione culturale che ha delineato la contrapposizione delle coppie uomo-ambiente e paesaggio-natura. Tale passaggio, ha contribuito a ridurre i termini “natura” e “paesaggio”, come ha efficacemente sottolineato Rosario Assunto, al ruolo di sinonimi. Tutto ciò al fine di “commercializzare” il progressivo uso del paesaggio, culturalmente più accessibile, privandolo della sua alleanza con la natura. Poiché quasi ogni azione umana si svolge ancora entro la biosfera, nel progetto di paesaggio appare fondamentale sapere coniugare due atteggiamenti fino ad oggi contrapposti: come trasformare consapevolmente la forma del mondo e come essere cambiati dalla condizione di natura, posizione quest’ultima, tuttora lontana e difficile da essere accolta, ma quanto mai necessaria.

    Note