L’immagine e il suo fuori campo

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    Negli ultimi anni, si è fatto sempre più spazio nel campo dei visual studies il tema delle immagini nonhuman. Per immagini nonhuman si intende quel tipo di immagini non generabili da sguardi umani ma solo attraverso dispositivi protesici dell’occhio che utilizzano una modalità di visione impossibile da incarnare. La proliferazione di queste immagini è impressionante: si pensi a tutte quelle immagini che archiviano e visualizzano il mondo dalle telecamere di sorveglianza, dai droni militari, dai satelliti, dai termovisori, dai telescopi e microscopi elettronici, dai programmi di detection and recognition, di 3D modeling e rendering, di geolocalizzazione ecc., e che ci restituiscono – o hanno la pretesa di restituire – un mondo non mediato, neutro, che è possibile osservare, sondare, sorvegliare, omogeneizzare, in ogni angolo, senza conseguenze dirette.

    Uno dei domini dove più sono utilizzate immagini nonhuman è quello bellico. La guerra ha sempre richiesto la specifica abilità di visualizzazione del campo di battaglia nel suo insieme, pur non avendolo sotto gli occhi.

    Con il progresso tecnologico, questa abilità si è evoluta in un complesso di dispositivi altamente specialistici che hanno sviluppato un nuovo tipo di visione disincarnata, dall’alto, accessibile solo a coloro che sono in grado di decifrare i dati della macchina.

    Il 5 febbraio 2003, il Segretario di Stato americano Colin Powell presenta alle Nazioni Unite un rapporto secondo cui l’Iraq stava fabbricando e possedeva già armi di distruzione di massa. A riprova di ciò una serie di fotografie scattate da satelliti, corredate da didascalie.

    Le didascalie sono dirette ovviamente a noi che guardiamo. Sarebbe interessante guardare questa immagine senza annotazioni per capire cosa sia visibile. Ci sono casi in cui, infatti, il rapporto tra testo e immagine si sbilancia a tal punto che il testuale schiaccia il visivo. In ogni caso, attraverso queste fotografie – e le relative didascalie – si faceva largo la pretesa di mostrare e dimostrare ciò che in realtà non vediamo.

    Solo in seguito si scoprì che queste immagini erano false.

     

    Immagine di copertina di Albert Antony su Unsplash

    Note

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