Nonostante la battaglia per l’inclusività e la body positivity, gli standard con cui dobbiamo misurarci non sono ancora stati superati, anzi. Non siamo ancora capaci di vivere il corpo con spontaneità e lo giudichiamo di continuo su un piano estetico e sessuale, al tempo stesso però nella nostra società, al di fuori delle pubblicità e degli show televisivi, è imperante il tabù nei confronti del corpo nudo nella sua normalità. La cultura del naturismo ci aiuterebbe a superare entrambi questi aspetti, recuperando la spontaneità verso il nostro corpo e quello degli altri.
Solo in epoca recente la volontà di vedere nella nudità uno stato naturale si è formalizzata in veri e propri movimenti culturali, tra cui quello, nel contesto del “revival del corpo” europeo di fine Ottocento, ispirato dalla filosofia del naturopata Arnold Rikli che nel 1853 fondò un sanatorio a Bled, in Slovenia, in cui le cure comprendevano bagni di sole e lunghe passeggiate nella natura senza l’impedimento dei vestiti. Più tardi, all’inizio del Ventesimo secolo, nell’ambito tedesco del Lebensreform (“riforma della vita”) – una filosofia che sosteneva una vita più vicina alla natura, tra cibo salutare, liberazione sessuale e medicina alternativa, quasi un’antesignana del movimento hippie – si diffuse la Nacktkultur (“cultura del corpo nudo”), poi ribattezzata Freikörperkultur (“cultura del corpo libero”), oggi nota con l’acronimo FKK.