È ora che i governi dei paesi avanzati comincino a eliminare gradualmente la cartamoneta, cioè il contante, eccetto forse le banconote di piccolo taglio, le monete metalliche o entrambe?
Dietro questa domanda piuttosto semplice si cela un gran numero di questioni economiche, finanziarie, filosofiche e persino morali. Sostengo che, nel complesso, la risposta è «sì».
In primo luogo, rendendo più difficili i pagamenti ricorrenti, anonimi e di importo elevato, l’eliminazione della cartamoneta potrebbe contribuire sensibilmente a scoraggiare l’evasione fiscale e il crimine; persino un effetto relativamente modesto potrebbe giustificare il ritiro dalla circolazione della maggior parte delle banconote.
In secondo luogo, come sostengo da qualche tempo, l’eliminazione della moneta cartacea è probabilmente l’approccio più semplice ed elegante per consentire alle banche centrali di attuare liberamente politiche di tassi d’interesse negativi qualora si trovino in prossimità della «soglia zero» (zero bound).
I tassi dei titoli di Stato a breve scadenza non possono scendere di molto sotto lo zero, proprio perché c’è sempre la possibilità di detenere moneta cartacea, che almeno paga un interesse pari a zero.
Per quanto in principio possano essere studiati separatamente, in realtà l’eliminazione del denaro contante e l’adozione di tassi d’interesse negativi sono due temi profondamente legati fra loro. Per la precisione, è in pratica impossibile pensare di eliminare drasticamente il circolante senza prendere atto che una misura come questa apre la porta all’introduzione di tassi negativi senza restrizioni, porta che un giorno le banche centrali potrebbero essere tentate di varcare.
Dopotutto, anche oggi che quella porta è appena dischiusa, diversi importanti istituti di emissione (tra cui la Banca del Giappone e la Banca centrale europea) hanno già messo un piede oltre la soglia. È dunque importante ragionare in modo integrato sull’eliminazione del contante e sulla formulazione di politiche di tassi negativi. […]
Non c’è dubbio che il contante la faccia da padrone in un ampio ventaglio di attività criminali, tra cui il narcotrafico, l’associazione per delinquere, l’estorsione, la corruzione di funzionari pubblici, il trafico di esseri umani e, naturalmente, il riciclaggio di denaro.
Che le banconote di grosso taglio vengano usate molto più per le attività illegali che per quelle legali è un fatto riconosciuto da tempo nella televisione, nel cinema e nella cultura popolare. Le autorità politiche, tuttavia, hanno preso atto di questa realtà in maniera decisamente più lenta.
Il contante gioca un ruolo centrale anche nei problemi di immigrazione illegale che affliggono paesi come gli Stati Uniti. È incredibile che alcuni politici parlino seriamente di innalzare alti muri ai confini, mentre nessuno sembra rendersi conto che un approccio molto più umano ed efficace sarebbe quello di impedire ai datori di lavoro di usare il contante per pagare, in nero e spesso al di sotto del salario minimo, la manodopera irregolare.
I posti di lavoro sono il grande magnete che muove l’intero processo. Più in generale, il contante è il fattore che consente alle imprese di aggirare le norme sull’occupazione ed evadere i contributi previdenziali. […]
Chi pensa che le carte di debito, i pagamenti tramite cellulare e le monete virtuali stiano già seppellendo il contante non potrebbe sbagliarsi di più.
La domanda di banconote emesse dalla maggior parte dei paesi avanzati continua ad aumentare da oltre vent’anni. Che ci crediate o meno, a fine 2015 il circolante statunitense detenuto al di fuori del sistema bancario ammontava a 1340 miliardi di dollari, ovvero a 4200 dollari per ogni uomo, donna e bambino negli Stati Uniti. Gli ordini di grandezza per gli altri paesi avanzati sono generalmente simili.
L’aspetto incredibile è che questo enorme cumulo di denaro è costituito per la maggior parte da banconote di grosso taglio, quelle che le persone comuni di solito non tengono in tasca o nel portafoglio, come i biglietti da 100 dollari, da 500 euro o da 1000 franchi svizzeri. Quasi l’80 per cento del circolante statunitense è formato da banconote da 100 dollari.
Quante persone hanno 34 di questi biglietti in borsa, nel cassetto o in auto, come dovrebbe accadere affinché ognuno risponda della propria quota?
E questo vale per ogni uomo, donna o bambino, per cui una famiglia di quattro persone dovrebbe possedere 13 600 dollari in banconote da 100, per non parlare di quelle di valore inferiore.
I ministeri del Tesoro e le banche centrali incassano regolarmente miliardi dalla stampa di banconote di grosso taglio, eppure nessuno sa dove questi biglietti si trovino o per cosa vengano usati. Solo una minima parte giace nei registratori di cassa e nei caveau delle banche, e le indagini sui consumatori negli Stati Uniti e in Europa non si avvicinano neppure a spiegare dove sia il resto. Non sono solamente gli Stati Uniti ad avere un’enorme massa di circolante denominata in banconote di grosso taglio. Il problema nei paesi avanzati è pressoché universale. […]
La motivazione principale che spinge le banche centrali a ripensare l’uso del contante non sembra tanto un risveglio morale, quanto la presa d’atto che la moneta cartacea è diventata un grave ostacolo al corretto funzionamento del sistema finanziario globale.
Come può una cosa antiquata quanto le moneta cartacea essere davvero rilevante per un’economia mondiale in cui il valore complessivo di tutte le attività finanziarie sovrasta quello del contante? La ragione è talmente banale da lasciare sconcertato chiunque non ci abbia pensato.
La moneta cartacea può essere vista come un’obbligazione a tasso zero, o, per la precisione, come un’obbligazione al portatore anonima e infruttifera, che non è associata ad alcun nome o evento passato ed è valida indipendentemente da chi la possiede. Finché esiste la possibilità di detenere denaro contante, nessuno sarà disposto ad accettare un interesse nettamente più basso su qualsiasi tipo di obbligazione, fatta eccezione, forse, per un modesto differenziale di compensazione dovuto al costo di conservare e assicurare il denaro contante.
Per quanto futile possa sembrare, il problema dello zero bound ha essenzialmente paralizzato la politica monetaria in gran parte dei paesi avanzati negli otto anni trascorsi dalla crisi finanziaria del 2008. […]
L’eliminazione della moneta cartacea, o l’introduzione di tassi d’interesse negativi sul denaro contante, è un tema che suscita forti reazioni emotive. […]
Nel 2000 il funzionario della Federal Reserve di Richmond Marvin Goodfriend pubblicò un saggio puramente accademico nel quale suggeriva che una possibile soluzione per pagare tassi d’interesse negativi fosse quella di apporre bande magnetiche sulle banconote.
Anziché essere elogiato per la sua creatività e preveggenza, Goodfriend divenne presto bersaglio di una sfilza di e-mail ostili e minacciose, e fu messo alla berlina nei talk show radiofonici di stampo conservatore.
Nel 2009 l’economista di Harvard Nicholas Gregory Mankiw firmò un estroso editoriale sul New York Times, nel quale discuteva il problema dello zero bound e spiegava che uno dei suoi studenti di dottorato aveva suggerito l’idea di organizzare lotterie periodiche basate sul numero di serie delle banconote.
Dopo ogni lotteria, i biglietti con i numeri perdenti sarebbero stati dichiarati privi di valore. Questo metodo eterodosso per pagare un interesse negativo sul contante era proposto in maniera ironica a scopo puramente illustrativo, essendo del tutto irrealistico.
Dopotutto, come si può pensare che la gente tenga traccia nel tempo di tutti i numeri di serie perdenti? Con sua grande sorpresa, anche Mankiw ricevette una raffica di e-mail e commenti ostili, e molti lettori scrissero al presidente dell’Università di Harvard chiedendo che il professore venisse licenziato in tronco.
Non tutti coloro che desiderano proteggere la moneta cartacea sono seguaci di sette apocalittiche o ravvisano un collegamento tra una società senza contante e il marchio della Bestia. (Tuttavia, come autore che scrive da tempo sull’opportunità di ridurre drasticamente il ruolo della cartamoneta, posso testimoniare che nel gruppo non mancano le persone di questo tipo.)
Chi difende il denaro contante il più delle volte è mosso da ragioni perfettamente legittime, nel voler preservare lo status quo. […]
Decidere dove tracciare questa linea – e come attuarla e applicarla – è il problema in assoluto più cruciale che qualsiasi task force dedicata a eliminare il contante dovrà affrontare.
La questione della privacy comprende ben più della sola politica in materia di contante; solleva interrogativi riguardo ai tabulati telefonici e alle ricerche su Internet, per non parlare delle telecamere di sicurezza, che sono ormai onnipresenti nelle grandi città di tutto il mondo.
Il denaro contante, tuttavia, è ancora un aspetto rilevante del problema, e se si vuole valutare la possibilità di eliminarlo bisogna considerare attentamente sia gli obiettivi sia le alternative (per esempio, carte prepagate con limiti di spesa rigorosi).
Per mantenere la comodità e la privacy offerte dalle banconote nelle transazioni di piccolo importo, è fondamentale che qualsiasi percorso verso l’eliminazione della moneta cartacea inizi con i biglietti di grosso taglio, lasciando possibilmente in circolazione quelli di piccolo taglio a tempo indeterminato o finché non si trovi un’alternativa pienamente soddisfacente.
Pubblichiamo un estratto dal saggio di Kenneth S. Rogoff, La fine dei soldi (Il Saggiatore)