Come attivare una comunità “futurizzante”

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    Ci siamo posti questo obiettivo ambizioso: creare visioni condivise di futuro a livello di alleanze orizzontali, nel territorio e per il territorio. Ciò significa coinvolgere attori locali che appartengono a mondi di solito distanti, i quali però hanno in quel contesto interessi comuni che faticano a intrecciare in una visione condivisa. Si tratta di agire e investire su dispositivi sociali e strumenti trasformativi capaci di “densificare” queste alleanze orizzontali. Lo scopo è creare piattaforme inedite di azione collettiva per mettere a valore comune nel futuro quegli interessi trasversali e aggreganti oggi non percepiti ancora come tali. 

    Sono molte le formulazioni di tendenza che circolano – da “piattaforma” a “comunità di pratica”, da “innovazione” a “impatto”, da “design” a “processi”, da “narrazioni” a “purpose” e così via. E anche noi ci facciamo spesso ingolosire, ricorrendo a una o all’altra espressione; in questo caso vogliamo focalizzare in particolare due costrutti: quello di “comunità” (di pratica) e quello di “futuro” (da esplorare e costruire). Lavoriamo mettendo in sinergia le comunità che generano futuri possibili, applicando metodi e tecniche derivate dallo sviluppo personale, dall’innovazione e dalla previsione strategica. Qui raccontiamo l’esperienza in un articolato percorso svolto in Piemonte tra il 2020 e il 2022 (e che è ancora in corso). 

    Prot(A)ction è un processo che abbiamo attivato nella cornice del significativo progetto ALFa – Accogliere le fragilità che vede come capofila la Prefettura di Torino, in partnership con Ires Piemonte e numerosi altri enti piemontesi, tra cui Sermig e Gruppo Abele per menzionare i più conosciuti. Prot(A)ction mira fin dal nome-slogan a esplorare le possibilità di mettersi in azione operando nell’ambito di un sistema di servizi europei legato alla “protezione” (dalla violenza, dallo sfruttamento, dalla tratta, dalla povertà, dall’esclusione). Qui ci siamo attivati per rendere sostanza il concetto del “fare rete” di cui si parla in ogni piano, programma, manifesto, bando, ma che è complicato tradurre nella pratica. 

    Prot(A)ction mira fin dal nome-slogan a esplorare le possibilità di mettersi in azione operando nell’ambito di un sistema di servizi europei legato alla “protezione”

    Dal 2020, con 60 operatrici e operatori del sistema anti-tratta in Piemonte appartenenti a una quindicina di enti del terzo settore, abbiamo applicato metodi di foresight per costruire una  comunità di pratica, un tessuto relazionale tra referenti e chi opera nei servizi, generativo di nuovi scenari. Una comunità “futurizzante”, capace di costruire e coltivare legami tra i protagonisti di questa esperienza, orientata a esplorare scenari futuri alternativi il cui fine è intraprendere azioni concrete oggi e nel futuro prossimo. 

    Nella combinazione dei costrutti di “comunità” e “futuro” sono condensati i significati e le pratiche del processo intrapreso teso a costruire un “contesto” generativo e pragmatico. Uno sguardo al  termine “con-testo” spiega efficacemente il significato del rapporto fra comunità e futuro: la comunità non è solo la cornice, lo sfondo, il contenitore del lavoro di apertura a nuovi scenari, ma anche il terreno di coltura dei futuri, la tela su cui disegnare il possibile e costruire insieme nuovi visioni, in questo caso del sistema anti-tratta. 

    Esiste perciò un rapporto biunivoco tra comunità e futuro, abbiamo a che fare con due dimensioni che si alimentano reciprocamente. Metodi e strumenti del foresight aprono a nuovi sguardi sul possibile, attivano la capacità di immaginare nuovi scenari auspicati e, allo stesso tempo, attraverso questo slancio collettivo appunto “futurizzante”, nutrono la costruzione della “comunità”, il desiderio di mobilitarsi e agire insieme verso gli obiettivi aggreganti individuati.  

    A sua volta, la cura costante della dimensione gruppale attraverso l’utilizzo di stimoli che accelerano i processi psicosociali, il nutrimento ricorsivo di relazioni di vicinanza, di condivisione emotiva e affettiva di significati e vissuti, genera un terreno fertile per coltivare processi di costruzione dei futuri. Questa è una danza articolata e complessa che è stata concretamente realizzata attraverso il percorso Prot(A)ction. Un intervento che ha saputo connettere anche diverse dimensioni temporali: “ciò che sarà” con “ciò che è stato” e “ciò che è”. 

    La lente del futuro (ciò che sarà) ha consentito agli operatori di interrogarsi sul sistema anti-tratta del passato e del presente (ecosistema, servizi offerti, professionalità degli operatori, atteggiamenti culturali, ecc.) in modo da mappare e leggere disfunzionalità, segnali deboli, potenzialità delle forze in atto. 

    L’immaginazione di futuri possibili ha poi attivato processi esplorativi di intelligenza collettiva, capaci di dilatare lo sguardo, di amplificare la capacità di porsi domande e di co-generare nuove risposte. Il viaggio negli scenari di futuro ha permesso allora di intravvedere paesaggi auspicati, di individuare orizzonti comuni e desiderati verso cui dirigere l’azione nel presente. Parliamo di uno slancio vitale costruttivo verso futuri desiderati, immaginati e disegnati insieme, che ha coinvolto gli operatori nel porre un nuovo sguardo sul presente, attivando proattività, motivazione, costruzione partecipata di piani di azione. 

    Il futuro desiderato si è perciò declinato in strategie e roadmap condivise da intraprendere insieme in un futuro prossimo. Così quel futuro, da immaginato e auspicato, diventa applicato, tradotto in pratiche trasformative del presente. Questi processi, intenzionalmente messi in campo durante l’intero percorso progettuale hanno generato la costruzione della comunità definita “futurizzante”, vale a dire capace di elaborare con il senso del futuro piani di azione da applicare oggi. 

    Di fatto, tuttavia, si tratta di una comunità “in potenza” che per dare continuità a questo processo cooperativo e trasformativo necessita di riconoscimento, di “essere vista e ascoltata”. A questo punto entra in gioco l’attivazione dell’ecosistema, la forza della “rete” di farsi “sistema” (sociale), di mobilitare energie relazionali e competenze sociali in comunicazione con gli attori (e i “portatori di interesse”, diremmo) che stanno al di là del perimetro del proprio settore, come le istituzioni, la politica, i media, le imprese, le scuole, il cui ruolo è decisivo nel dare senso e potere alle visioni di futuro proposte. 

    Tra gli effetti di questo processo, abbiamo osservato un aumento della fiducia, in sé e reciproca, tra membri della comunità di pratica orientata al futuro. Una maggiore disponibilità a utilizzare e capitalizzare la speranza in ottica strategica e progettuale. Non solo: operatrici e operatori, quotidianamente abituati a stare sull’emergenza, spinte/i a occuparsi soprattutto della contingenza, hanno maturato una maggiore capacità di comprendere le forze di cambiamento in atto oggi, leggendo i fenomeni, come diciamo noi, con le “lenti del futuro” (e il pensiero su “cosa potrà essere”, piuttosto che su “cosa è”, che chiude alle possibilità in nome della definizione precisa e certa). 

    L’insieme di questi sguardi e modi di pensare e dare senso al presente animano una “intelligenza strategica collettiva” che sta alla base della comunità di pratica intesa come dispositivo relazionale orientato al costruire insieme futuri (possibili). In sintesi, questi sono i passi che abbiamo compiuto: conoscere le dinamiche di cambiamento in atto; immaginare scenari possibili alternativi; disegnare futuri desiderabili di lungo periodo; elaborare strategie e piani nel futuro prossimo; cominciare a muovere i primi passi adesso con “senso del futuro”. 

    La comunità di pratica di Prot(A)ction ora è una realtà che dà spunti oltre se stessa. Cioè, non è più solo esperienza sperimentale, formativa, ma è “trasformativa”, di sé e dei contesti del sociale. Un seme per produrre, concretamente, impatti. 

     

    Illustrazione di Irene Coletto

    Note