Allenare nuove capacità di leadership per il terzo settore

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    Cambiamenti climatici, aumento delle diseguaglianze, mutamento demografico, consumo delle risorse e diffusione di nuove tecnologie dirompenti sono alcune delle grandi sfide di diversa natura che rendono incerto il nostro futuro. Tale complessità necessita di nuovi paradigmi e modelli per costruire strategie e guidare organizzazioni, territori e comunità verso il domani.

    Il Terzo settore riveste un ruolo fondamentale nel rispondere a nuove urgenze e intercettare bisogni emergenti. Pertanto, la Fondazione Cariparo ha promosso un articolato percorso di capacity building rivolto a imprese sociali ed enti del terzo settore dei territori di Padova e Rovigo, mirato allo sviluppo di competenze direzionali e di impatto. Il progetto Direzione futuro, strutturato in 3 moduli nell’arco di sei mesi, è condotto da Forwardto – Studi e competenze per scenari futuri insieme ad Ashoka e TechSoup.

    In particolare, Forwardto ha diretto il percorso sull’innovazione trasformativa: saper esplorare in modo metodico scenari futuri e maturare competenze di visione e leadership strategica. Il riferimento è a metodi e framework derivanti dalla disciplina denominata futures studies & strategic foresight (nella formulazione compatta: futures & foresight, che possiamo tradurre con studi sui futuri e previsione strategica), la quale consente di proiettare sguardo e pensiero strategico al di là dell’orizzonte del conosciuto e dell’atteso.

    Il futures & foresight è descrivibile come un approccio che aiuta chi prende decisioni (in tutti i contesti, a tutti i livelli) a costruire politiche o strategie migliori di fronte a cambiamenti ed evoluzioni imprevedibili del presente. In questo senso il futuro diviene uno strumento di azione, in grado di far mobilitare le energie del presente verso orizzonti desiderati attraverso l’innesco di processi trasformativi.

    Immaginare scenari auspicati richiede inoltre di mobilitare dinamiche relazionali. Per elaborare una visione comune e condivisa, occorre sviluppare sentimenti di appartenenza nutriti da aspirazioni individuali e collettive.

    Dunque, per usare il futuro come strumento è necessario generare condizioni di predisposizione intellettuale. Significa innescare e diffondere, in coloro che sono esposti a queste logiche, una mentalità specifica che ci rende abili a leggere il presente con le lenti del futuro. Sono occhiali speciali che correggono “l’ipovisione”, ossia l’attitudine a considerare soltanto il contingente e intendere il futuro come estensione del presente. Per aprire il proprio campo visivo, adottiamo uno sguardo di lungo periodo – una finestra temporale di almeno 5-10 anni – in modo da riflettere anche su eventi o fenomeni sorprendenti e improvvisi capaci di imprimere trasformazioni importanti in poco tempo, come ad esempio una pandemia (e che nella disciplina chiamiamo “discontinuità” – ne sono un esempio i cosiddetti “cigni neri”, eventi e fenomeni a bassa probabilità ma ad alto impatto).

    Un modello di processo “futurizzante”, ideato e testato da Forwardto e basato su applicazioni di futures & foresight, “risveglia” abilità differenti. In prima battuta, si compie un’analisi dei “futuri probabili”, basati su forze di cambiamento visibili nel presente con variabili settate e misurabili che promettono di mantenere un certo andamento anche in futuro. Si prosegue con i “futuri possibili”, vale a dire l’esplorazione di scenari alternativi di medio-lungo periodo, intercettando anche eventi, fenomeni, dinamiche, che non rientrano nei nostri radar ordinari ma che potrebbero manifestarsi nel corso del tempo. A questo punto si vanno a disegnare i “futuri preferiti”, frutto della convergenza di personali desideri passati al test di realtà, a partire dai quali si elaborano roadmap e piani strategici sul futuro prossimo. Infine, il focus è sui “futuri applicati”, cioè i passi concreti compiuti oggi per concretizzare il percorso verso la visione auspicata, ma con la consapevolezza delle trasformazioni in atto e la capacità di adattare in anticipo i percorsi preparandosi a criticità e cogliendo opportunità.

    Sul territorio di Padova e Rovigo, con la Fondazione CARIPARO sono stati dunque coinvolti circa venti decision-makers di enti e imprese sociali del Terzo settore, che hanno sperimentato alcuni futures methods per riflettere sulla “digitalizzazione del Terzo Settore in Italia nel 2030”. La pandemia ha reso più evidenti tendenze e fenomeni in atto già da qualche decennio, tra cui si registra anche un impulso all’introduzione del digitale che ha spinto le organizzazioni, per fare alcuni esempi, a dotarsi di sistemi informatici più performanti e connessioni veloci, a innovare servizi e strumenti (come piattaforme virtuali e tools per lavorare a distanza) e a evolvere le competenze tecnologiche (e non) dei propri dipendenti. L’avanzamento della maturità tecnologica di questo settore, peraltro, è uno degli asset previsti dalla Missione 1 del PNRR, attraverso l’erogazione di contributi finanziari a sostegno di imprese sociali ed enti non profit.

    Ci siamo chiesti quali sono, dunque, i possibili impatti positivi e negativi dell’avanzamento tecnologico per il Terzo settore? Alla domanda hanno risposto non imprenditori o esperti di tecnologia, come spesso accade, ma “testimoni privilegiati” dell’ecosistema: chi ricopre ruoli di direzione o responsabilità nelle organizzazioni che il contesto dell’imprenditorialità sociale lo abitano.

    La sfida del digitale per il Terzo settore riguarda una dimensione molto ampia, che tocca sia l’esterno sia l’interno delle organizzazioni. La prima concerne l’opportunità di instaurare un nuovo rapporto proficuo con la pubblica amministrazione, grazie allo snellimento di alcune procedure, la condivisione di dati che possono aiutare a conoscere meglio le comunità e i territori in cui operano e progettare attività e iniziative rivolte alla cittadinanza. Proprio su questo filone, grazie alla dotazione di infrastrutture digitali, il Terzo settore può giocare un ruolo fondamentale anche sulle altre aree core del PNRR: istruzione e ricerca, inclusione e coesione e salute. Come? Tra gli elementi evidenziati in questo “osservatorio privilegiato” composto da partecipanti al progetto Direzione futuro, vi è la possibilità di attivare percorsi per lo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini, di concerto con l’obiettivo del Piano di aumentare il livello di alfabetizzazione del Paese e, inoltre, l’opportunità di mitigare le carenze culturali coniugando l’aspetto tecnico e servizi al territorio (es. digitalizzazione di un archivio/biblioteca). Oltre allo scopo formativo ed educativo, il Terzo settore si fa anche facilitatore di processi volti a garantire l’accesso ai servizi digitali da parte dei cittadini e supportare l’inserimento nel mondo del lavoro.

    Dal punto di vista delle organizzazioni, l’impulso al digitale può favorire o implementare alcuni comparti: formazione del personale, comunicazione e collaborazione tra soggetti. Il lavoro da remoto e una progressiva diffusione di una cultura maggiormente attenta all’equilibrio vita privata-lavoro portano a considerare alcune opportunità, come nuovi modelli organizzativi e di business (qualcuno ha parlato di “lavoro per obiettivi”) che favorirebbero una maggiore ottimizzazione delle risorse a disposizione con la riduzione dei costi per l’organizzazione.

    Alcune criticità sono connesse, invece, alla necessità di allineare i dipendenti alla richiesta di competenze digitali (con formazione interna o assunzione di nuove figure professionali ad hoc) e di avere nuovi strumenti per la raccolta fondi. Si fa accenno, inoltre, all’evoluzione delle normative, dal Codice del Terzo settore alle disposizioni sulla privacy e la cybersecurity, che solleva l’urgenza di un monitoraggio costante dell’effettiva e corretta applicazione delle norme e una formazione degli operatori su questa materia.

    Nella complessità fotografata da così tante forze di cambiamento che impattano sul tema della digitalizzazione del Terzo settore in Italia, abbiamo accompagnato il gruppo di partecipanti nell’identificazione di alcune cosiddette incertezze critiche. Si tratta di forze di cambiamento con un elevato impatto potenziale sul tema in analisi e un’elevata incertezza circa il comportamento futuro (non è chiaro quale strada potranno prendere). Questo passaggio, propedeutico alla generazione di 4 scenari alternativi per il 2030, ha fatto emergere il potenziale impattante e incerto di forze che potremmo tradurre con altrettante domande.

    La tecnologia è destinata a porsi veramente al servizio della persona o prevarrà il suo potenziale di manipolazione di chi la usa? Sarà in grado di avere un ruolo determinante nell’implementazione di soluzioni green o presterà piuttosto il fianco a politiche di mero greenwashing? L’avanzamento tecnologico porterà ad una pervasiva sostituzione dell’attuale forza lavoro umana con una controparte digitale o saremo piuttosto in grado di trarre vantaggio da un’integrazione fra le competenze umane e quelle digitali? Infine, gli incentivi alle aziende per il welfare benefit che ruolo potrà giocare su tutto questo nel caso in cui siano assenti o, al contrario, presenti in modo sistemico?

    Piuttosto che cedere alla vana illusione di poter fare previsioni verosimili, abbiamo chiesto ai partecipanti di elaborare una moltitudine di scenari caratterizzati dall’ipotesi che la realtà ci ponesse di fronte alle risposte più estreme a queste domande. Un esercizio complesso, ma non complicato, che ci offre l’immediato beneficio di allenare la capacità di accettare la pluralità dei futuri con cui il Terzo settore potrebbe doversi confrontare.

    Dall’attivazione di un’intelligenza collettiva impegnata nella generazione ed esplorazione di scenari alternativi sono emerse anche una serie di indicazioni circa possibili azioni strategiche e possibili ambiti di sviluppo e innovazione. Dalla formazione sulle competenze digitali e trasversali al rafforzamento dei legami con portatori di know-how come le università. Dal maggior coinvolgimento a tutti i livelli del personale degli ETS in processi di attivazione di intelligenza collettiva e proiezione strategica alla creazione di aree di intersettorialità capaci di attrarre e valorizzare competenze da ambiti molto diversi fra loro.

    Quanto descritto ha prodotto risultati sia in termini di contenuti elaborato in questa sorta di “ricerca previsionale” sul digitale nel Terzo settore, sia dal punto di vista del processo basato sull’attivazione del cosiddetto foresight mindset (mentalità orientata al futuro) e sull’applicazione concreta di metodi come l’environmental scanning (scansione dell’ambiente esterno per fotografare forze trasformative in atto) e lo scenario planning (generazione di scenari possibili di lungo periodo e relativa definizione di sfide e opportunità e conseguenti risposte strategiche).

    Chi ha partecipato ha espresso in modo evidente lo stimolo a cambiare il modo di pensare. In poche settimane gli effetti di questo lavoro hanno generato una migliore comprensione dei cambiamenti in atto e una maggiore consapevolezza delle possibilità alternative. Il punto di attenzione principale è sul potere delle scelte di oggi: attraverso il “viaggio nel futuro” possiamo conferire un’importanza speciale, anche etica, alle decisioni e conseguenti azioni compiute nel presente.

    Se da una parte l’esperienza è stata “positiva”, “piacevole”, “rivoluzionaria”, per usare le parole di chi ha partecipato, dall’altra ci si confronta con un’operazione tutt’altro che semplice. Ci si rende conto di quanto siamo ordinariamente “schiacciati dalla contingenza”, e di come utilizziamo spesso volatilità e mutevolezza del contesto come alibi per non agire, in attesa di “qualche svolta che arrivi non si sa bene da dove”.

    Il fatto è che il lavoro sul futuro genera anche disorientamento e ansia a causa della sua intrinseca incertezza e incontrollabilità. Eppure, proprio questa apertura a diverse possibilità può diventare lo strumento da apprendere e utilizzare in chiave strategica. Può apparire come un paradosso, ma avere contezza di scenari futuri alternativi, possibili e non certi, riduce l’ansia e la sfiducia, aumentando invece il senso di “poter agire” e generare futuri auspicati.

     

    Immagine di copertina: illustrazione di Irene Coletto

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