Quale relazione tra verità, ignoranza e informazione?

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    Il quotidiano La Repubblica, ieri, ha pubblicato l’intervista a Valeria Kadija Collina, madre di Youssef, uno degli attentatori del Borough Market. La madre, nonostante il profondo lutto, afferma parole precise rispetto al gesto del figlio: “Mio figlio me lo ha portato via l’ignoranza e la cattiva informazione. Il cattivo Islam e il terrorismo sono questo. Ignoranza e cattiva informazione”.

    Tu, che mi leggi, sei sicuro di capire il mio linguaggio? Jorge Luis Borges, La biblioteca di Babele

    Al centro dell’acceso dibattito sulle ragioni del radicalismo in Europa, che indagano su fattori ambientali, sociali e di deprivazione, le frasi di Valeria Kajdia Collina aprono uno squarcio importante, che da una parte divide la relazione tra Islam e radicalismo, e dall’altra, in un momento di estremo dolore e di somma fatica, quelle parole individuano delle responsabilità definite rispetto alla traiettoria del figlio.

    Le colpevoli, secondo la signora Collina, sono l’ignoranza e la cattiva informazione, binomio sempre più consolidato che tiene insieme uno dei paradossi degli anni dieci. Perché ignoranza e informazione sono spesso state antitetiche, anzi, la seconda per molto tempo è stata ritenuta l’antidoto alla prima, mentre oggi i confini appaiono sempre più sfumati, e sempre più complessa risulta la scissione del binomio.

    rosetta milano sgobba


    Il prossimo appuntamento con Rosetta è per lunedì 12 giugno alle 19.00: Rosetta sa di non sapere. Come si diffonde l’ignoranza? con Nicola Bruno, Ugo Cornia, Valentina Pisanty, Antonio Sgobba e Giovanni Ziccardi. Presso Joy Bar all’interno della Biblioteca Vavassori Peroni (Via Carlo Valvassori Peroni, 56 a Milano, MM2 Lambrate).


    L’8 Giugno del 1949 usciva “1984” di George Orwell. Tra i celebri slogan del Ministero della Verità, capeggiavano “La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è la forza”. Il Ministero della Verità svolgeva due funzioni principali: la propaganda e il revisionismo storico.

    Orwell, nella costruzione del suo mondo possibile, effettua uno scivolamento importante per un confronto sul tema dell’ignoranza: il non sapere viene correlato alle procedure di verità, all’accesso alla conoscenza, alla libertà e alla non libertà. La negazione del vero è ritenuta non solo pericolosa di per sé, ma una minaccia alla libertà e alla democrazia.

    Il passato distopico raccontato dall’autore incrocia il pessimismo del presente, in cui diventa sempre più difficile riuscire a delineare con precisione i profili dell’ignoranza odierna. In che modo la cattiva conoscenza, ancorché cattiva coscienza, possono incidere sul quotidiano?

    Quale relazione possiamo stabilire tra verità, ignoranza e informazione?

    La domanda è di una portata così ampia da impaurire solamente nella sua formulazione, tuttavia l’urgenza di una riflessione sul tema, per quanto non esaustiva, è una necessità sempre più impellente, soprattutto a fronte di recenti meccanismi e attuali strumenti sempre meno agili da intercettare/decodificare.

    L’accessibilità del sapere e la capacità di selezionare i contenuti assumono nuove forme nella dimensione del contemporaneo.

    La costruzione delle cd. “Filter bubbles”, l’accesso apparentemente illimitato al sapere tramite motori di ricerca sono solo due delle grandi questioni che investono la comunicazione odierna, così come il ruolo e lo spazio delle “echo chambers”.

    Chi sceglie, come vengono scelte le informazioni di cui possiamo disporre e a cui possiamo accedere? Quali sono gli agenti selezionatori che possono aiutare a riconoscere la bontà delle informazioni e a restituirne la funzione taumaturgica rispetto all’ignoranza? Quali invece sono le scelte colpose, influenzate da altre forme di interesse che non siano quelle squisitamente speculative? Quali sono le derive più preoccupanti di questi fenomeni? Che ruolo svolge il giornalismo (odierno) in questo processo? Come si possono arginare le produzioni di saperi erronei tese a disciplinare i comportamenti? Michel Foucault aveva costruito nel meccanismo del dispositivo il legame tra saperi e poteri, e la governamentalità si attuava attraverso l’applicazione di questi dispositivi di sapere/potere, in grado di orientare i comportamenti. Le timeline di Facebook, le indicizzazioni di Google sono solo due esempi di questi possibili dispositivi.

    Ci troviamo immersi, per il tipo di vertigine informativa, in una sorta di Biblioteca di Babele, così ben descritta nelle parole di Jorge Luis Borges, in presenza di infiniti corridoi, smisurate composizioni e combinazioni possibili. “Non ci sono, in tutta la biblioteca, due libri identici. Da quelle premesse incontrovertibili dedusse che la Biblioteca è totale e che i suoi scaffali registrano tutte le composizioni possibili di una ventina di simboli ortografici (numero, benché vastissimo, non infinito), cioè tutto ciò che è dato di esprimere in tutte le lingue. Tutto: la storia minuziosa dell’avvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di quei cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo vero, il vangelo gnostico di Basilide, il commento di quel vangelo, il commento del commento di quel vangelo, la relazione veridica della tua morte, la traduzione di ogni libro in tutte le lingue, e interpolazioni di ogni libro in tutti i libri, il trattato che Beda avrebbe potuto scrivere (e non scrisse) sulla mitologia dei Sassoni, i libri perduti di Tacito”.

    La descrizione di quella vertigine del sapere, costruita tra infinità di opzioni e di combinazioni, viene collocata da Borges in un volume che inizialmente porta il nome de Il giardino dei sentieri che si biforcano e solo in seconda uscita viene rinominato Finzioni. Questi due titoli ci possono essere da guida per le riflessioni: da una parte i sentieri che si biforcano figurano la prima capacità necessaria per districarsi nel nuovo ginepraio dell’ignoranza 4.0: la capacità di scelta. Il secondo ci ricorda che la finzione (o la non verità) è l’elemento da cui dobbiamo sempre proteggerci, ma del quale, in fondo fatichiamo a fare a meno.

    L’occasione per interrogarci ci è stata offerta dal nuovo libro di Antonio Sgobba “?. Il paradosso dell’ignoranza: da Socrate a Google” che ricostruisce il filo delle riflessioni sul non sapere, passando anche per la Babele argentina di Borges.

    Abbiamo deciso di partire, non a caso da una biblioteca, quella di Valvassori Peroni, sperando che il luogo fisico permetta di districarci nei corridoi scivolosi della riflessione sull’ignoranza. Per scongiurare la forza del revisionismo del ministero della

    Verità, ragioneremo con Valentina Pisanty di negazionismo; per capire quali sono gli spazi possibili e come il diritto possa agevolare le libertà e la ricerca di sapere e di verità discuteremo con Giovanni Ziccardi; per offrire strumenti concreti di verifica nel quotidiano delle informazioni e dell’informazione ascolteremo Nicola Bruno. Infine, per ragionare sul bisogno delle narrazioni, delle finzioni e delle “balle” ci confronteremo con Ugo Cornia.

    Note