Per un’integrazione bottom-up tra istruzione e cultura

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    Elemento frequente nelle riflessioni che si concentrano sul rapporto che, nel nostro Paese, per certi versi lega e per altri distingue le dimensioni dell’istruzione e della cultura, è la necessità di creare una maggiore connessione tra queste due tematiche che, pur così vicine, per esigenze più di natura burocratica che di natura ontologica, vengono gestite con logiche, e politiche spesso molto differenti.

    Tematiche che, giova ricordarlo, fanno capo a differenti ministeri, strutturati secondo logiche organizzative dissimili con il risultato che, nel tempo, nonostante l’impegno che talvolta è stato profuso per “mettere a sistema” (come piace tanto dire) quanto fatto in ambito culturale con quanto fatto in ambito scolastico ed universitario, non sempre la relazione tra istruzione e cultura è stata idilliaca. E a dirla tutta, a volte tale relazione non ha trovato nemmeno reale concretizzazione. 

    Da un lato abbiamo dunque l’esigenza di far convergere in modo sempre più evidente le politiche culturali con quelle legate all’istruzione; dall’altro abbiamo una condizione politica che di certo non consentirebbe una riforma strutturale così importante. Meglio detto, che di certo non renderebbe tale riforma anche soltanto auspicabile, se si tiene conto dell’insieme di modifiche organizzative che una maggiore convergenza tra tali due dicasteri comporterebbe, con il risultato di un ulteriore aggravio su organizzazioni che di certo non necessitano ulteriori complicazioni.

    A prima vista sembrerebbe dunque che tale relazione sia condannata ad una condizione di stallo: ciò non ci esime però dall’immaginare altre soluzioni, che pur non puntando all’ottimo consentano comunque di ottenere il meglio.

    Una di queste possibili soluzioni potrebbe essere quella di “sovvertire” l’ordine con il quale normalmente si intendono le due strutture organizzative di riferimento: un ordine che si potrebbe definire top-down, con una sensibile concentrazione di potere nelle amministrazioni centrali da cui dipana una gerarchica successione di enti, istituzioni, soggetti che consegnano, all’area archeologica sita nel territorio di uno dei nostri numerosissimi comuni interni, così come alla scuola di periferia, un ruolo prettamente esecutivo.

    Ribaltando il focus della nostra attenzione, dunque, potremmo individuare una strada di “aggregazione” tra cultura e istruzione non tanto nelle dimensioni organizzative centrali, quanto piuttosto sui “territori”. In questo modo, senza modificare la struttura dell’uno o dell’altro dicastero, si potrebbe tuttavia generare, a livello micro, e anche in un contesto meno formale e più concreto, un’integrazione degli sforzi e degli impegni di chi opera sul territorio.

    Tale aggregazione potrebbe, ad esempio, avvenire a livello comunale, con l’istituzione di tavoli tecnici, composti da organi politici, referenti scolastici e direttori museali, che, in una logica di cooperazione, sarebbero chiamati a definire una calendarizzazione congiunta di tutte le attività.

    Si potrebbe, ad esempio, creare un calendario di approfondimenti dedicati alla storia, alla cultura e all’arte del territorio comunale, creando percorsi integrati sia all’interno delle scuole, sia all’interno delle strutture museali. Si potrebbe, al contempo, definire una serie di incontri legati al territorio presso gli eventuali musei o presso altri luoghi di interesse cittadino.

    Si potrebbe, ancora, definire una serie di lezioni tenuti dai referenti dell’ambito museale, da impartire agli alunni degli istituti scolastici, durante l’orario scolastico, da tenere all’interno delle biblioteche scolastiche.

    Per quanto rappresenti una “sovversione” (in senso letterale) delle modalità attraverso le quali vengono in genere implementate le iniziative in questi ambiti, una tale strutturazione delle attività sarebbe, invero, tutt’altro che sovversiva.

    Si tratterebbe, in fondo, di limitarsi ad inserire in una cornice istituzionale un’attività che ad oggi è già condotta da molti ma che, proprio in virtù di quest’assenza di istituzionalizzazione, trova piena applicazione in momenti extra-lavorativi o in eventi sporadici.

    Un’iniziativa di questo tipo, permetterebbe di concretizzare quanto auspicato dall’attuale Ministro Bianchi, che, soltanto un anno fa, affermava l’esigenza di superare il “mito ossessivo del programma” per puntare ad “una scuola basata sulla capacità di progetto”.

    La realizzazione di un tavolo tecnico di integrazione, realizzato a livello comunale, al quale far partecipare i referenti delle principali istituzioni culturali ed istruttive del territorio, potrebbe di fatto superare alcune difficoltà concrete nella costruzione di “una scuola basata sulla capacità di progetto”. Pur essendo i programmi stati sostituiti con delle “indicazioni”, è anche vero che tali indicazioni non lasciano molto spazio (e tempo) ai docenti, che gran parte dei libri di testo è in ogni caso strutturata secondo una logica che risponde a tali indicazioni, e che tali indicazioni seguono un ordine diacronico che in ogni caso non può essere superato.

    Non che si possa chiedere ad un tavolo di questo tipo di “superare” concretamente tutte le difficoltà: quantomeno, però, la collaborazione tra differenti professionalità potrebbe essere d’aiuto. Soprattutto, potrebbe avvicinare soggetti che anche se in un piccolo comune, non è per nulla scontato si siedano spesso allo stesso tavolo.

    Con tutti i potenziali impatti positivi che da tale incontro potrebbero derivare.

    Note