Lo sport come farmaco nella ricetta medica

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    Ecco settembre, “le nuvole sparse hanno polpe mature”, scriveva Pavese1È tratta da Grappa a settembre poesia di Cesare Pavese tratta dalla sezione “Città in campagna“, in Lavorare stanca..

    Io vorrei ripartire con una riflessione breve che è appunto maturata nel corso del mese di agosto anche grazie alla concomitanza di due notizie apparse – come nuvole sparse – a pochissimi giorni di distanza e apparentemente non legate.

    La prima: il Senato ha approvato all’unanimità il Disegno di legge 287 che prevede che lo sport possa essere considerato uno strumento di prevenzione e di cura, come un farmaco, e che come tale possa essere inserito nella ricetta medica. Si tratta di una novità importante non solo per il suo valore simbolico ma anche perché pragmaticamente così facendo le famiglie potrebbero usufruire delle detrazioni fiscali attraverso il 730.

    Lo sport come un farmaco può essere inserito nella ricetta medica.
    E perché la lettura e la partecipazione culturale no?

    Così è stata posta la questione dalla senatrice Daniela Sbrollini, prima firmataria del ddl «Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale». Il testo è stato poi sottoscritto da tutti i partiti in X Commissione (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), ed ha l’obiettivo di rendere l’esercizio fisico prescrivibile proprio come un farmaco da parte del medico di medicina generale, dal pediatra e dagli specialisti. La speranza è che, recuperando attraverso il 730 parte della spesa – ha commentato Sbrollini – le persone siano incentivate a impegnarsi in attività fondamentali per la propria salute. La seconda: Eurostat ha pubblicato i dati aggiornati al 2022 sulla lettura di libri da parte dei cittadini europei2https://ec.europa.eu/eurostat/en/web/products-eurostat-news/w/ddn-20240809-2 I dati sono stati pubblicati il 9 agosto in occasione della ricorrenza, non ufficiale, del Book Lovers Day 2024.. L’indagine, condotta dall’ufficio statistico dell’UE si basa su interviste condotte su un campione di cittadini degli Stati membri e approfondisce i comportamenti di lettura (non il numero di libri venduti) includendo libri, e-book, audiolibri letti nel tempo libero e non per motivi scolastici e professionali.

    Ancora una volta emerge la precarietà della lettura (così misurata) e in una logica comparativa quanto la popolazione italiana sia in Europa tra le meno interessate a questa attività, collocandosi con il suo 35,4% di lettori al terzultimo posto sui 27 membri dell’Unione europea.

    Guardando al quadro generale siamo ben lontani dalla media europea del 52,8% e lontanissimi da Lussemburgo (75,2%), Danimarca (72,1%) ed Estonia (70,7%) che ritroviamo alle vette della classifica. Se scendiamo un po’ nel dettaglio dei dati che ci riguardano come sappiamo le donne e i giovani sono le due categorie che leggono di più stando alle variabili socio-demo. Se si incrociano i dati di genere con quelli anagrafici, si scopre che l’unica fascia di popolazione dove i lettori superano la metà della popolazione è quella delle donne tra i 16 e i 24 anni: qui il 52%ha letto almeno un libro nel 2022. Gli uomini sopra i 75 anni sono invece coloro che leggono meno, solo il 20%.

    Il punto al quale vorrei arrivare è banalmente il cortocircuito di pensiero, la inevitabile connessione, l’insight al quale queste due notizie portano.

    Lo sport, l’esercizio fisico sono considerati giustamente un principio cardine per la promozione della salute e la diffusione uno stile di vita sano: voglio ricordare che lo scorso anno – il 20 settembre 2023 – la Camera ha approvato all’unanimità la modifica all’art. 33 della Costituzione introducendo il nuovo comma «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».

    Eppure l’Italia è uno dei Paesi più sedentari in Europa e la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere attività fisica nel tempo libero è pari a più di un terzo della popolazione3I dati sono tratti dal report “Gli Italiani e lo Sport“, frutto del lavoro dell’Osservatorio Permanente sullo Sport, spin-off della Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e l’Istituto Piepoli.. Il rapporto congiunto dell’OMS e dell’OCSE pubblicato lo scorso anno “Step Up! Tackling the Burden of Insufficient Physical Activity in Europe”4https://www.oecd.org/en/publications/step-up-tackling-the-burden-of-insufficient-physical-activity-in-europe_500a9601-en.html evidenziava che, con un aumento dell’attività fisica a 150 minuti a settimana, si potrebbero evitare in Europa 11,5 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro il 2050, tra cui 3,8 milioni di casi di malattie cardiovascolari, 1 milione di casi di diabete di tipo 2, oltre 400.000 casi di diversi tumori.

    Alla luce di questi dati appare evidente quanto sia necessario non solo lavorare sui principi cardine ma dotarsi di veri e propri dispositivi che aiutino nella promozione: mettere i medici nella condizione di prescrivere l’attività sportiva come prevenzione in una logica non riparativa ma appunto di costruzione della salute è uno di questi.

    Anche la lettura e in generale la partecipazione culturale lavorano in ottica salutogenica. Lo sappiamo tutti benissimo. Ricordo a questo proposito due importanti documenti che sottolineano il potere straordinario della partecipazione culturale per la costruzione della salute:

    • il fondamentale report 67 dell’OMS del 2019 tradotto in Italia da CCW What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review, la più ampia ricerca mai effettuata sull’impatto delle arti e della cultura sul benessere e la salute delle popolazioni, che ha identificato un ruolo importante della partecipazione culturale nella promozione della salute, nella prevenzione e nel trattamento delle malattie sia nel caso di partecipazione spontanea, sia nel caso in cui le persone siano indirizzate alle attività artistiche nell’ambito programmi di prescrizione sociale;
    • il bellissimo fascicolo della rivista “Economia della cultura” dedicato proprio a questo tema uscito da poco in accesso aperto5https://www.rivisteweb.it/issn/1122-7885/issue/9421.

    Ma allora perché non pensare a una misura analoga?
    Avevo già parlato proprio qui poco prima dell’estate di una “rivoluzione in arrivo”6https://che-fare.com/almanacco/cultura/la-rivoluzione-e-in-arrivo-la-prescrizione-sociale-e-le-biblioteche-per-la-costruzione-della-salute/: come sappiamo sono state tradotte pochi mesi fa in italiano le linee guida sulla prescrizione sociale7WHO, Un kit di strumenti per la prescrizione sociale, Torino, Cultural Welfare Center, 2024, https://culturalwelfare.center/2024/02/19/traduzione-italiana-toolkit-on-how-to-implement-social-prescribing/, un dispositivo nato per favorire la promozione del ben-essere dei cittadini da parte dei professionisti sanitari anche attraverso le risorse di carattere sociale, culturale e sportive presenti e attive nelle comunità locali.

    È il consolidamento di quell’approccio salutogenico ormai assolutamente ineludibile che ci ricorda quanto la costruzione dei fattori che contribuiscono a migliorare la salute di noi tutti in un’ottica bio-psico-sociale non sia responsabilità solo della sanità ma di tutti i settori. Anche dello sport e anche della cultura8Ricordo l’approccio “Salute in tutte le politiche” (STP) finalizzato allo sviluppo delle politiche pubbliche tra diversi settori e sostenuto come risposta pratica ai requisiti dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile nel suo insieme e in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Si veda Health in all policies. The Helsinki statement on health in all policies, Geneva, World Health Organization, 2014, https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/112636/9789241506908_eng.pdf; Health in all policies: training manual, Geneva, World Health Organization, 2015, https://www.who.int/publications/i/item/9789241507981.

    Chiudo replicando di nuovo la domanda: è evidente la necessità di promuovere uno stile di vita sano attraverso la valorizzazione delle pratiche sportive come attività finalizzate al benessere e alla qualità della vita anche a partire dalle criticità che riscontriamo nel nostro paese nella diffusione di questi comportamenti. Lo stesso vale per la partecipazione culturale e per la lettura, attività che favoriscono il benessere e la salute in ottica bio-psico-sociale come ci raccontano le medical humanities, la medicina narrativa e la biblioterapia. Non entro nel merito ma siamo di fronte a un cambio di paradigma importante.

    Sebbene sport e cultura presentino notevoli differenze nell’immaginario collettivo, come ci ha giustamente fatto notare Vincenzo Latronico sempre ad agosto in un bellissimo articolo su il Post9https://www.ilpost.it/2024/08/10/latronico-affinita-e-differenze-tra-atleti-e-artisti/, sarebbe il caso di fare un passo in avanti: la deducibilità fiscale dello sport in quanto attività che costruisce salute ci invita a ragionare seriamente sulla possibilità di estendere questa misura anche alla lettura e alle pratiche culturali in generale. È il momento giusto per farlo.

     

    Immagine di copertina di Mathias Herheim su Unsplash

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