The Florentine Literary: l’innovazione si fa rivista

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    A Firenze sta per nascere una nuova rivista culturale, The Florentine Literary Review, l’idea è di Alessandro Raveggi e gli aspetti interessanti sono principalmente di contenuto e di forma. La rivista proporrà infatti testi narrativi italiani anche in traduzione inglese tentando così di favorire la diffusione della letteratura italiana contemporanea ad oggi non sempre facilitata dalle poche traduzioni all’estero e da un generale chiusura del mercato. Il secondo aspetto è nella forma di produzione che in maniera inedita per l’Italia per il campo letterario umanistico, cerca fondi attraverso una campagna di crowdfunding.

    La rivista vedrà la luce ad ottobre e vedrà nel suo comitato editoriale Giuseppe Girimonti Greco, Raoul Bruni, Vanni Santoni, Paolo Maccari, Luca Baldoni, Diego Bertelli, Martino Baldi, Daniele Pasquini, Niccolò Scaffai, Helen Farrell e come direttore Alessandro Raveggi che abbiamo intervistato in occasione del lancio della campagna crowdfunding di The Florentine Literary Review.

    crowdunfing

    Quali sono i vostri obiettivi?

    Sicuramente in primis quello di colmare un vuoto: la quasi totale assenza di narrativa e poesia contemporanea in traduzione (tranne pochi casi di riviste accademiche). Una condizione che fa della letteratura italiana, nei confronti di moltissimi stranieri che frequentano e risiedono nel nostro paese, una letteratura quasi minoritaria oggi, difficile da reperire. TheFLR non sarà solo un luogo di scoperta di nuove voci e di qualità, ma anche uno strumento di discussione e condivisione bilingue. L’abbiamo pensata anche per i moltissimi insegnanti e professori di letteratura italiana che popolano i dipartimenti di tutto il mondo, non solo negli States. E che spesso si lamentano dell’assenza di materiali utili a capire l’Italia di oggi.

    Perché ancora una rivista oggi?

    Nella grande messe di eventi, festival, ferie del libro, presentazioni, articoli, recensioni, blog… c’è il rischio di perdere un po’ la bussola. Una rivista può essere oggi una bussola concreta, utile ad orientarsi nelle varie tendenze della letteratura contemporanea. Per quello abbiamo scelto di pensare la rivista ogni volte come monotematica, per garantirci una griglia quanto più possibile ampia di inclusione. Oltre a questo, sottolineerei che pensiamo alla rivista come a qualcosa “da collezionare”: un oggetto bello, godibile anche graficamente (grazie al lavoro di un illustratore per numero) non solo per contenuti. Un modello oggi scarsamente rappresentato in Italia.

    Si può fare ancora cultura con una rivista?

    Una rivista è un coro di voci, una collana di autori legati da un filo comune (almeno nel nostro caso), ti permette una visione estensiva che poi stimola alla scoperta intensiva di ogni singolo autore: un racconto è un biglietto da visita. Fare cultura oggi in ambito editoriale vuole dire credo fidelizzare il più possibile il lettore all’autore, visto che spesso le case editrici hanno perso questo aspetto di cura della traiettoria di un autore e sono più concentrate sul “prodotto” singolo. Noi rivendichiamo invece questo aspetto di comunità letteraria (senza farne un feticcio), che oggi fortunatamente sta ritornando.

    Quali sono i vostri criteri di sostenibilità?

    Abbiamo appena lanciato la prima campagna di crowdfunding su Indiegogo all’indirizzo http://theflr.net/theflr. Crediamo molto in questa modalità (benché faticosa) perché ci permette di aver un contatto diretto coi lettori/sostenitori e di crescere nel tempo rispetto al loro sostegno (oltre a creare dei premi a volte molto stimolanti). Ovviamente non solo di crowdfunding si può vivere. Abbiamo anche lanciato un’opzione che mi piace molto: l’art-vertising, che permette a mecenati e sponsor di proporsi come unico sostenitore della rivista, avere un numero in cui l’illustratore lavora anche alla creazione di campagne pubblicitarie ad hoc e completamente integrate al numero, come si vede spesso fare con opere d’arte e murales di altissimo livello finanziate da marche sportive. La rivista si è dichiarata poi come un ibrido semestrale: speriamo di uscire ogni sei mesi, ma ci consideriamo anche aperiodici, nella misura in cui ogni numero deve essere necessitato da un’urgenza, un evento che lo provoca, un momento di riflessione che lo richiama.

    Quale rapporto pensate di instaurare con il vostro pubblico? E quale è il vostro pubblico?

    I nostri lettori, grazie al formato bilingue, spaziano dai lettori italiani forti, specie i più giovani, alla comunità anglosassone che vive in Italia (spesso studiosi, traduttori, altrettanto forti lettori, storici dell’arte…). Ma non solo: molti dei nostri lettori saranno gli studenti dei tantissimi programmi universitari in lingua inglese in Italia. Ed ancora, penso chi vorrà passare anche solo un semestre in Italia, a Roma, a Firenze e Milano, considerando che l’inglese sta diventando sempre più la lingua franca in Italia anche per studenti e visitatori latinoamericani, mediorientali e asiatici. Questa nostra readership ci impone di pensare a molti eventi di lancio e di anteprima che avranno la peculiarità di essere sempre bilingue, e allo stesso tempo momenti di discussione ogni volta della tematica prescelta per il numero.

    Come sarete strutturati? Una redazione? Quale governance?

    Ho formato un board editoriale composto da scrittori, traduttori, studiosi e insegnanti che lavora al contenuto della rivista. Mentre il team di The Florentine – che è il magazine fiorentino in lingua inglese del quale siamo costola importante – curerà gli aspetti di redazione, edizione, promozione, assieme all’apporto di Forward, un gruppo di curatori fiorentino (di cui faccio parte e che cheFare conosce bene) che penserà alle iniziative e alla scelta dell’illustratore.

     

    Note