La rivoluzione è in arrivo? La prescrizione sociale e le biblioteche per la “costruzione della salute”

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    Si è appena chiuso il Salone del libro e non sono mancate le occasioni per parlare di promozione della lettura: penso per esempio all’incontro organizzato dal Forum del Libro  “Leggere in Italia, leggere in Europa” del 10 maggio. 1https://www.salonelibro.it/programma?item=9078 Chi la fa? Come si fa e si potrebbe fare? In quali contesti ovvero dove? La domanda cruciale – perché? – spesso rimane sullo sfondo. Perché ovvia. È vero, è scontato ma non è male ricordare di tanto in tanto che educare alla lettura e poi promuoverla è fondamentale perché è una pratica che ci aiuta a essere esseri umani migliori. 

    La lettura, come sappiamo, è la più grande invenzione culturale, è una invenzione di specie: le storie – che la lettura veicola –  sono la più grande piattaforma di cambiamento dei comportamenti umani, un potentissimo strumento di trasformazione sociale e di pensiero. Questa trasmissione di pensiero, di visione e di sentimento che la lettura genera – ci ricorda Carla Benedetti nel suo bellissimo La letteratura ci salverà dall’estinzione – è quanto mai cruciale oggi per allargare l’orizzonte, per spostare il nostro sguardo sul mondo oltre gli schemi di realtà abituali, risvegliare risorse dimenticate, espandere le nostre facoltà e far compiere all’uomo di oggi una vera e propria metamorfosi. 2Carla Benedetti, La letteratura ci salverà dall’estinzione, Torino, Einaudi, 2021, p. 23-24.

    La neuroscienziata Marianne Wolf – anche lei presente al Salone del libro –  con i suoi studi ci ha insegnato che i circuiti e le connessioni cerebrali che sviluppiamo con la lettura profonda sono anche quelli che ci portiamo nella vita quotidiana e ci consentono di essere persone più empatiche e anche più creative 3Maryanne Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Vita e Pensiero, 2012; Ead., Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Vita e Pensiero, 2018. Ne ho parlato qui: https://che-fare.com/almanacco/i-divenenti-due-libri-e-un-documentario-per-progettare-la-lettura-nel-futuro/. Al convegno delle Stelline che si è tenuto a marzo a Milano, proprio dedicato alla lettura nelle sue diverse forme 4https://www.convegnostelline.it/, nella relazione di apertura aveva detto molto chiaramente che la narrativa è la cosa che a suo avviso somiglia di più alla telepatia. Come darle torto.

    La lettura – che è bene ricordare è protagonista di una rivoluzione silenziosa, ma molto presente e che ha ricadute enormi – è anche una attività che favorisce enormemente il ben-essere 5In questo contributo uso ben-essere, ricordando che nasce con la X Conferenza Mondiale sulla Promozione della Salute, svoltasi on-line da Ginevra dal 13 al 15 dicembre 2021, tenendo conto dell’eredità della Carta di Ottawa (OMS, 1986) e delle precedenti Conferenze Mondiali sulla Promozione della Salute. Si veda la Carta di Ginevra per il ben-essere disponibile qui: https://www.dors.it/documentazione/testo/202204/Carta%20di%20Ginevra%20-%20Traduzione%20- %20220421.pdf e la qualità della vita. Quando dico questo intendo immediatamente creare un ponte, un link, una connessione con il mondo della promozione della salute 6Cruciale è il 1977 anno in cui George Engel pubblica per la prima volta su “Science” un articolo che mette in luce la necessità di un nuovo modello che metta al centro la persona ed il suo contesto bio-psico-sociale. Cfr. G. L. Engel, The need for a new medical model: a challenge for biomedicine, “Science.”, (1977) 196, p. 129-36. , con il concetto di One Health –che pare essere finalmente compreso – ed esplicitare da subito il presupposto: la costruzione dei fattori che contribuiscono a migliorare la salute di noi tutti in un’ottica bio-psico-sociale non è responsabilità solo della sanità ma di tutti i settori. Anche della cultura. 

    Da molto tempo abbiamo a disposizione evidenze che ci raccontano il link7Ricordo il fondamentale report 67 dell’OMS del 2019 tradotto in Italia da CCW What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review, la più ampia ricerca mai effettuata sull’impatto delle arti sul benessere e la salute delle popolazioni, che ha identificato un ruolo importante delle arti e della lettura nella promozione della salute, nella prevenzione e nel trattamento delle malattie sia nel caso di partecipazione spontanea, sia nel caso in cui le persone siano indirizzate alle attività artistiche nell’ambito programmi di prescrizione sociale.. Segnalo a titolo esemplificativo il bellissimo fascicolo della rivista “Economia della cultura” dedicato a questo tema uscito da poco in accesso aperto 8https://www.rivisteweb.it/issn/1122-7885/issue/9421.

    Nel raccontare questa connessione dal mio punto di vista se è chiarissima ormai la necessità di un approccio interdisciplinare negli studi e nelle ricerche è molto meno chiaro ai professionisti in che modo sia possibile costruire e concretizzare il ponte, agendo per esempio sin dalla fase di progettazione. Occorrono cioè politiche integrate, programmi, competenze, per far evolvere le pratiche. Servono dispositivi precisi.

    Arrivo al punto: siamo di fronte a quella che a noi può sembrare una novità – vedremo che in realtà non lo è – e  che può avere il sapore della rivoluzione. Si chiama prescrizione sociale ed è appunto un dispositivo. A febbraio 2024, su proposta del CCW-Cultural Welfare Center, l’ISS-Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con numerosi partner, ha diffuso la traduzione in Italiano del manuale dell’OMS  “A toolkit on how to implement social prescribing9WHO, Un kit di strumenti per la prescrizione sociale, Torino, Cultural Welfare Center, 2024..

    Qui per motivi di spazio/tempo darò solo qualche piccola suggestione ma suggerisco la lettura di un bellissimo articolo uscito a questo tema dedicato proprio sul fascicolo di “Economia della cultura” sopra evocato di  Annalisa Cicerchia, Catterina Seia e Vittoria Azzarita10Annalisa Cicerchia, Catterina Seia, Vittoria Azzarita, L’Italia verso la prescrizione sociale, in “Economia della Cultura, Rivista trimestrale dell’Associazione per l’Economia della Cultura” Speciale/2023, pp. 71-80, doi: 10.1446/112788. Per la stesura di questo contributo sono state fondamentali le riflessioni condivise con Catterina Seia che ringrazio di cuore per la generosità.. Non a caso le autrici partono proprio dal ricordare la strategia Healthy People 2030 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha tra i suoi obiettivi quello di creare ambienti sociali, fisici ed economici che promuovano il raggiungimento del pieno potenziale di salute e ben-essere per tutti. Il mio sguardo è dedicato in particolare biblioteche.

    Di che si tratta?

    La prescrizione sociale è un mezzo con cui gli operatori sanitari mettono i cittadini in contatto con una serie di servizi non sanitari della comunità locale, per migliorare la loro salute e il loro ben-essere in un’ottica di “costruzione della salute”. L’obiettivo è favorire la promozione del benessere dei cittadini da parte dei professionisti sanitari anche attraverso le risorse di carattere sociale e culturale già presenti e attive sul territorio. Come i documenti citati sottolineano si tratta di un investimento sulle persone e sul diritto alla salute, sul potere di “pratiche sociali” che sono in grado di far fiorire le persone, aiutarle a dare un senso alla loro vita, a stare meglio, a sentirsi meno sole.

    In cosa consiste ?

    La prescrizione sociale è un percorso che consente di allontanarsi da un modello “riparativo” – dicono i documenti – per dirigersi verso un sistema salutogenico11Con l’espressione “Salutogenesi” si fa riferimento a tutto ciò che crea salute – potremmo dire le fonti – ovvero tutte quelle circostanze che permettono alle persone di compiere scelte consapevoli di salute utilizzando risorse sia individuali che processi al fine di accrescere la propria consapevolezza e le proprie azioni in tal senso. Il riferimento è agli studi di Aaron Antonovsky 1923-1994., che aiuta a costruire e promuovere la salute: non solo pazienti con bisogni, ma, prima di tutto, persone con risorse da condividere nella società. Un percorso classico di prescrizione sociale – che origina dalle esperienze già in atto nei mondo anglosassone e scandinavo – prevede alcuni passaggi che possono essere così sintetizzati:

    1. il professionista sanitario delle cure primarie, una volta verificata l’esigenza per il proprio paziente di questo approccio, lo indirizzi a un operatore di collegamento (link worker nel testo originale) fra il servizio sanitario e i servizi presenti nella comunità;
    2. l’operatore di collegamento – che può essere un professionista dei servizi sociali, del terzo settore o una figura coinvolta ad hoc – lavora con il paziente per sviluppare un piano di benessere personalizzato e appropriato ai suoi bisogni, rispondente alle sue necessità;
    3. l’operatore di collegamento invia il paziente a uno specifico servizio della comunità, dove ha la possibilità di partecipare ad attività individuali o di gruppo che possono andare dall’attività fisica, alle attività artistiche, di volontariato ecc.;
    4. i progressi legati alla partecipazione all’attività vengono riportati periodicamente all’operatore di collegamento e al professionista sanitario.

    A chi si rivolge?

    In linea teorica è rivolta a tutti i cittadini ma le persone che possono beneficiarne di più sono senza dubbio i più fragili, penso per esempio a persone con patologie croniche, sole o socialmente isolate, con difficoltà economiche ecc.

    Sembra una novità ma non lo è

    Dalla metà degli anni Novanta nel Regno Unito i medici di base hanno la facoltà di integrare le loro prescrizioni terapeutiche farmacologiche per i pazienti in particolare con disturbi legati alla depressione indirizzandoli ad esperienze proposte dalla comunità locale, come programmi di attività fisica (exercise on prescription) o culturali, come la lettura (books on prescription), attraverso appunto una “ricetta sociale”12Ivi, p. 72..

     Anche nel mondo delle biblioteche ci sono esperienze già in essere. Penso per esempio ad un bellissimo progetto delle biblioteche in Grecia13https://theeuropechallenge.eu/wp-content/uploads/2023/09/Athens-Comics-Library-Refugee-Week- Greece-Libraries-on-Prescription.pdf nato nell’ambito di The Europe Challenge Programme 14https://theeuropechallenge.eu/ o il Social Prescribing Toolkit for Public Libraries della Reading Agency, un’agenzia no profit del Regno Unito che si occupa di promuovere la lettura e l’alfabetizzazione15 https://readingagency.org.uk/resources/4984/ Il report ricorda uno studio del Regno Unito che ha rilevato come dopo 3 o 4 mesi, l’80% dei pazienti di un programma di social prescribing ha avuto bisogno di un minor numero di visite in ospedale (ricovero, appuntamento ambulatoriale o in ingresso al Pronto Soccorso). 16 https://www.natiperleggere.it/.

    Per quanto riguarda il nostro paese, ovviamente penso al progetto Nati per Leggere che ha ormai più di 20 anni e ha ampiamente dimostrato le sue potentissime ricadute. Quando ne ho avuto notizia la prima volta mi è tornato in mente anche il progetto In vitro del 2010 promosso dal Centro per il libro e la lettura. Si trattava di un esperimento – da qui il titolo – condotto per oltre tre anni su un campione di province – Biella, Ravenna, Nuoro, Lecce, Siracusa e la regione Umbria – che prevedeva una serie di azioni coordinate e di ampio respiro in grado di coinvolgere i referenti istituzionali, i diversi partner della filiera del libro e della lettura e tutti i soggetti sociali e culturali attivi localmente con un focus specifico sulla fascia 0 a 14 anni che prevedeva anche la formazione degli operatori sanitari e dei “promotori della lettura”. Al fine di rinforzare la presenza di Nati per leggere in ciascun territorio, In vitro prevedeva attività di formazione specificatamente dedicate ai pediatri e agli altri operatori sanitari e socio-sanitari.

    Dove sta la novità allora?

    Per le biblioteche si possono aprire scenari abbastanza inesplorati se si cambia prospettiva e si comincia a sposare l’idea piuttosto ambiziosa di considerare la prescrizione sociale non un elenco di progetti isolati ed episodici ma un vero e proprio programma.  Le potenzialità della prescrizione sociale come dispositivo che concretizza il ruolo delle biblioteche nel sistema del ben-essere è abbastanza evidente ed è molto interessante perché non si chiede alle biblioteche di essere qualcosa di diverso da ciò che sono, il loro impatto sociale è genetico, mi verrebbe da dire. Ma certo è necessario avere maggiore consapevolezza. 

    Se il mondo della salute – nell’ottica della promozione – sta guardando con grande interesse alle potenzialità che le biblioteche come infrastrutture culturali di prossimità esprimono (tra i determinanti sociali della salute) mi pare ancora da capire se il settore bibliotecario sia già o sarà nel prossimo futuro capace di farsi trovare pronto. Perché di certo questo è il momento.

     

    Immagine di copertina di Ben White su Unsplash

    Note