Sono passati circa due anni dalla prematura scomparsa di David Graeber. La sua è stata una vita dedita, con entusiasmo e tenerezza, al sovvertimento, teorico quanto pratico, dello stato di cose, continuando a ricordarci che quanto c’è di apparentemente ovvio e quotidiano non lo è poi tanto e può essere trasformato. Graeber è stato, inutile forse ricordarlo, una presenza fondamentale all’interno della variegata galassia dei movimenti degli ultimi vent’anni e, d’accordo o meno che ci si trovasse con le sue posizioni, è innegabile che il suo pensiero abbia generato un lascito importante e, soprattutto, ispirato tutta una nuova generazioni di critici/che e militante/i.
E questa è l’eredità forse più preziosa. È quindi una bellissima notizia che qualche mese fa la casa editrice e/o abbia pubblicato una raccolta di quattro saggi, tradotti da Carlotta Rovaris, dal titolo Le Origini della rovina attuale e a cura di Lorenzo Velotti che, come si evince dalla postfazione, è proprio uno di quei giovani la cui passione politica è stata segnata dall’incontro con Graeber.
Si tratta dei primi quattro saggi contenuti nella raccolta del 2007 Possibilities: Essays on Hierarchy, Rebellion and Desire, che ne conteneva dodici in totale. I saggi risalgono alle sue prime ricerche degli anni Ottanta e hanno al centro le origini del Capitalismo o, per meglio dire, della rovina attuale. Per nulla datati, i saggi contengono già molte delle intuizioni del Graeber successivo. I temi trattati sono diversi (gerarchia e buone maniere, il concetto di consumo, modi di produzione, lavoro salariato e schiavitù, creatività sociale e feticismo) ma tutti accumunati dal tentativo di pensare la sedimentazione di forme e pratiche anche eterogenee che hanno dato origine, appunto, all’attuale catastrofe.