Era il 27 marzo 2020 quando la trasmissione “Un giorno da pecora”, il talkshow di maggior successo di Radiouno, dedicava un approfondimento alle strategie di comunicazione “social” dei sindaci di alcuni comuni italiani noti e meno noti, con lo scopo di farsi beffe delle incertezze, dei toni accesi, dell’improvvisazione di questi ultimi nell’uso di strumenti come Facebook Live o le “stories” di Instagram. Una rappresentazione tipica di un certo ritardo tutto italiano nell’apprendimento delle nuove tecnologie di comunicazione digitale, realizzata da giornalisti e opinionisti che nondimeno potrebbero avere a loro volta qualche difficoltà nel realizzare in autonomia una doppia “Live” su Facebook.
D’altra parte è anche vero che la difficoltà di comunicazione, da quella infrastrutturale a quella di prossimità, è uno dei temi centrali nella vita dei comuni della aree interne italiane. Per questo ci è sembrato utile mettere sotto osservazione alcuni casi concreti con i quali la pagina Facebook “Comunità della Strategia Nazionale delle aree interne” è entrata in contatto, scelti in base alla continuità della loro presenza in rete, per provare a restituire un primo quadro più realistico di come oggi le amministrazioni locali e singoli amministratori stiano affrontando l’emergenza Covid-19 a partire dalla comunicazione sui social media, e cercare di cogliere alcuni elementi, seppur non esaustivi, per valutarne l’efficacia in quanto strumento di servizio di cittadinanza e di costruzione del consenso intorno alle scelte difficili di questi giorni, al di là degli aspetti di costume.
Per questo motivo ci siamo concentrati sull’analisi qualitativa tanto della comunicazione social dei sindaci quanto di quella delle amministrazioni comunali. Sono stati presi in esame i casi di Tirano (Sondrio), Pray (Biella), Tornimparte (L’Aquila), Casoli, Roccascalegna, Pizzoferrato (Chieti), Lucera, San Severo, Casalvecchio, Rocchetta Sant’Antonio, Biccari (Foggia), Vobbia, Rossiglione e Sestri Levante (Genova) e Capannori (Lucca). Di questi comuni, due terzi hanno una popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti e quattro sono quelli che ne hanno meno di mille. Sono prevalentemente situati in montagna, ma anche in pianura e sulla costa. Tutti, a prescindere dalle dimensioni, e con l’eccezione di uno solo, sono in declino demografico. Il periodo di osservazione ha coperto l’intero mese di aprile 2020.
Facebook, soprattutto
In tutti questi casi, le pagine Facebook dei comuni e le pagine e account dei sindaci fanno da padrone, mentre Twitter e Instagram appaiono solo come copia “a posteriori” dei contenuti già pubblicati su Facebook. La preferenza per Facebook da parte delle Pubbliche amministrazioni e dalla politica locale, già segnalata dal rapporto “ICity Rank” del 2019, che fornisce la classifica delle città più smart e sostenibili d’Italia, è confermata in questi giorni dal rapporto “La comunicazione digitale durante l’emergenza” che cura l’istituto Piepoli per l’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale: nei piccoli centri, e in questa situazione specifica, comunicazione istituzionale e comunicazione politica tendono a sovrapporsi largamente, con lo scopo di ottenere quei cambiamenti nel comportamento dei cittadini che l’amministrazione ritiene necessari per realizzare l’interesse pubblico (nella fattispecie, contenere il contagio). Trasparenza e informazione tempestiva sono così funzionali nel convincere i cittadini ad adottare determinati comportamenti, confidando nella collaborazione di questi ultimi.
In uno scenario dove i giornali e altri media locali sono andati incontro alla sparizione negli ultimi anni, le pagine e account Facebook dei sindaci e dei comuni diventano così il primo e più veloce canale di accesso all’informazione sul territorio. Il ricorso al linguaggio semplice, a informazioni sintetizzate in infografiche, a un sistematico utilizzo di video e dirette streaming anche nella comunicazione pubblica sono spesso l’unico modo a disposizione degli abitanti per ricevere informazioni in tempo reale sul numero di contagi sul territorio, sulla distribuzione di mascherine e pacchi alimentari, sul pericolo di truffe e fake news, sui decessi in paese (come avviene a Tirano per la morte del bidello “storico” della scuola locale), o per avere spiegazioni pratiche di come indossare le mascherine e interpretare le nuove norme contenute nei DPCM (a Pray il sindaco dedica almeno un video quotidiano a queste ultime).
Una comunicazione che migliora e diventa più strutturata con il tempo
I molti giornalisti che hanno superficialmente irriso queste modalità di comunicazione non hanno previsto, infatti, che la velocità di apprendimento sulle piattaforme online è molto maggiore rispetto a qualsiasi altro strumento. Quella dei sindaci dei piccoli comuni è una comunicazione che migliora a colpo d’occhio man mano che passano i giorni, dalle scansioni di documenti del governo a video in diretta sempre più strutturati, sempre più adatti al singolo contesto locale e volti a mobilitare la propria audience contro un nemico esterno (il virus, l’intromissione della politica regionale o statale) o a favore di un bene comune da tutelare e difendere (la salute degli anziani, dei medici, la sopravvivenza economica e sociale del territorio).
Lo sfondo è quello degli uffici comunali, ma più spesso quello delle case dei sindaci stessi, dove compaiono altri membri delle istituzioni locali (il prete, la maestra, il consigliere con delega alla protezione civile, l’assistente sociale) in una sorta di “assemblea” allargata all’intera comunità. Venuti meno gli intermediari tradizionali (giornalisti, telecamere), singole figure ieratiche di sindaci e altri membri riconosciuti come punti di riferimento della comunità si stagliano sullo sfondo di salotti, cucine e terrazze all’aperto, per l’oracolo quotidiano della conta dei decessi o per l’interpretazione autorevole di norme di isolamento sociale che non possono mai essere esaustive (che fare, quando sono rimasti un solo supermercato e una sola banca per un’intera vallata?).
La mobilitazione permanente
Queste esperienze sembrano dimostrare tutta l’ingenuità di una visione secondo cui i meccanismi che regolano la politica locale si basino su una costruzione del consenso derivante dalla sola capacità di “mantenere le promesse”, identificando gli obiettivi del mandato e portandoli a termine entro i tempi stabiliti. Perché, ci siamo chiesti più volte, un sindaco “bravo” che ha fatto promesse praticabili e ha dimostrato di saperle realizzare non viene rieletto? In realtà, le tornate elettorali che abbiamo avuto modo di osservare nelle aree interne a partire dal 2014 sembrano aver premiato molto di più quegli amministratori in grado di sostenere una sorta di “mobilitazione permanente” della comunità locale, facendo leva sullo stato di perenne emergenza che vivono i comuni in contrazione demografica ed economica, in questo caso portato agli estremi dal coronavirus.
In effetti, la mobilitazione della comunità locale è lo stesso filo conduttore di una estrema varietà di format che contraddistinguono le modalità di comunicazione sui social dei sindaci che abbiamo avuto modo di osservare in occasione di questa breve ricerca: mobilitazione contro la pandemia, contro coloro che violano le norme della quarantena, contro coloro che si appropriano indebitamente degli aiuti destinati ai membri più deboli della comunità (si vedano i video “accorati” pubblicati sui canali social del sindaco di San Severo), contro le autorità regionali e statali accusate di non fare abbastanza per la comunità locale (come nel caso, più conosciuto, di Lucera). Foto del dietro le quinte e dirette in streaming sono, in questo caso, gli strumenti più utilizzati per una “messinscena del retroscena” di grande effetto teatrale.
L’alternanza studiata di dialetto e italiano, il ricorso a forme ipnotiche di gestualità (come nel caso del sindaco che “fa la pasta” mentre sciorina i dati dei contagi quotidiani), portano alcuni di questi personaggi ad avere un impatto inatteso sull’opinione pubblica nazionale. Commenti, condivisioni e numero di visualizzazioni delle dirette ci fanno legittimamente sospettare che alcuni sindaci vengano ormai seguiti da una comunità che non si limita a quella locale: sia perché in grado di canalizzare il malcontento di altre comunità nel proprio personaggio perennemente iracondo e “fuori dagli schemi” (si veda, ancora, il caso di Lucera), sia perché capaci di una progettualità alternativa al modello economico dominante per la “fase-2” (si vedano le riflessioni su economia circolare e forme alternative di sviluppo dei sindaci di Tirano, di Cafasse, di Biccari, tra gli altri).
Comunità dispersa e comunità del futuro
Dirette streaming, foto e condivisioni social generano anche altri effetti, più difficile da cogliere ad un primo sguardo. I canali digitali diventano uno strumento per ricreare legami altrimenti infranti (come nel caso del sindaco di Pizzoferrato che trasmette in diretta streaming un funerale sotto la neve) o per riavvicinare la comunità degli abitanti del luogo con la comunità ideale degli emigranti e dei discendenti degli emigranti di quest’ultimo (come nel caso di Tirano, dove il sindaco condivide i saluti dalla città argentina fondata da un emigrante tiranese nell’Ottocento, e di altri casi in cui i sindaci pubblicano sui propri social i messaggi di saluto e di augurio inviati da ex-concittadini ormai emigrati altrove).
I canali social sono così utilizzati per generare connessioni inedite, avvicinare le persone al dolore altrui, superare l’isolamento fisico e sociale della quarantena attraverso il racconto quotidiano dei sindaci “sul campo”. Stesso discorso vale per i nuovi abitanti della aree interne, i giovani che rientrano dopo aver studiato fuori, i neoruralisti, gli attivisti in cerca di spazi per sperimentare forme di economie a socialità alternative a quelle delle città, gli immigrati. I canali digitali in questo caso diventano strumenti per costruire nuove comunità, meno legate all’identità comunitaria e più all’unità di intenti trasformativi, alla volontà di cambiamento.
Infine, i contenuti condivisi quotidianamente dai sindaci sui social sono destinati ad alimentare l’archivio di memorie della comunità per le generazioni a venire. L’esempio viene dal comune di Casalvecchio di Puglia, dove il sindaco trasmette in diretta dalla piazza centrale del paese avvolta nell’oscurità il suo discorso in occasione della festa annuale di San Giuseppe: la piazza deserta, le case chiuse, l’eco delle parole al megafono rivolto alle ombre dietro le persiane diventano una sorta di evento “catartico” che segna una soluzione di continuità tra le celebrazioni del passato e quelle del futuro, l’azzeramento della comunità “fisica” (reclusa in quarantena) che include il messaggio implicito della sua resurrezione. Una diretta streaming che si candida a diventare un documento storico della comunità di oggi per quella, sopravvissuta o risorta, di domani: voi chiamatele, se volete, improvvisazioni.
Anche i sindaci, nel loro piccolo, si ammalano
Infine, anche i sindaci si ammalano di Coronavirus. Quando accade, non viene tuttavia meno la loro continuità di pubblicazione: grazie ai social essi rimangono in contatto con la comunità, e possono esibire su Facebook il referto di un tampone diventato negativo come la prova della resilienza di un tessuto sociale che si fa “corpo” nella vicenda quotidiana di malattia e resurrezione del sindaco stesso. “Facciamo tesoro di ogni piccola, grande grazia che ci viene concessa – scrive la sindaca di Rossiglione su Facebook, accanto alla foto del test negativo – Usiamo la testa: isolarmi a un piano e sapere Marta (probabilmente una familiare stretta, N.d.R.) all’altro è stata una decisione dura, ma doverosa. Un suo abbraccione sarebbe stato quanto di più bello, specialmente nei momenti più faticosi, ma sappiamo di dover resistere”.