A Milano, abitare è ancora un diritto?

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    «Ma inutilmente mi sono messo in viaggio per visitare la città; obbligata a restare immobile e uguale a se stessa, per essere meglio ricordata, Zora languì, si disfece e scomparve. La Terra l’ha dimenticata.»

    Italo Calvino era uno che con le parole sapeva essere perentorio, e infatti, per Zora, una delle sue Città Invisibili, non ci sono mezzi termini: stasi significa scomparsa. Appiccicarsi al passato è amore-morte, pantano di miele che impedisce il movimento. Se la Roma del 2023 si cambiasse il nome in Zora, nessuno si scandalizzerebbe. Diverso sarebbe per Milano, creatura di confini cangianti, dove il ricircolo della memoria avviene ogni dieci anni circa, o seguendo l’aggiornamento dei feed di Instagram. Milano città europea, metropoli del “now”, come dicono i pubblicitari che l’hanno fatta. E infatti, dimenticarsi di Milano è proprio difficile: ogni giorno una nuova, un evento, un’apertura, tessuto urbano in ebollizione.

    Mosso, locale, ristorante e spazio polifunzionale aperto da un anno circa in via Angelo Mosso, angolo Padova, ne è un esempio. Un intervento di rinascita per alcuni degli edifici legati all’adiacente Parco Trotter e nuovo centro di aggregazione di quartiere, tra ampi spazi all’aperto (un lusso raro nella zona), un ristorante e tanti eventi. È proprio da Mosso che incontro Angelo e Vincenzo, membri attivi del comitato Abitare in via Padova, che riunisce abitanti e associazioni attive sul territorio intorno a via Padova e piazzale Loreto. Obiettivo: protezione, promozione e lotta per il diritto alla casa.

    «Da un po’ di tempo abbiamo attivato presso gli spazi di Mosso uno Sportello Abitare, con cui offriamo consulenza gratuita su temi come contratto di locazione, sfratti e case popolari. In quest’ottica di aggregazione orizzontale, Mosso è, per noi, fondamentale, e non è un caso se le associazioni che lo hanno fatto nascere fanno parte anche del nostro comitato. C’è però da sottolineare che anche Mosso, come un po’ tutti i locali in questo quartiere, si sta inserendo, suo malgrado, nelle ottiche della gentrificazione. Costituisce, cioè, un valore aggiunto al quartiere dal punto di vista culturale, il che viene sfruttato dal mercato immobiliare per giustificare prezzi più alti per locazioni e compravendite».

    Per avere familiarità con la nozione di gentrificazione non serve essere di quest’area di Milano – NoLo, il primo “quartiere branded” nell’ombra Nord della Madonnina – e nemmeno vivere in città. In Italia la parola circola con insistenza da dieci, quindici anni. Nel 2015 uscì Gentrification. Tutte le città come Disneyland? di Giovanni Semi, testo fondante per lo studio della gentrificazione all’italiana e per importare nel nostro orizzonte condiviso un fenomeno urbano nato all’estero, tra Francia, Regno Unito, Germania e Stati Uniti. Scendendo nel pratico, molti tra quelli che abitano nelle grandi città avranno notato che quartieri un tempo popolari sono diventati, e continuano a diventare, sempre più esclusivi dal punto di vista finanziario. Vecchie botteghe rimpiazzate da ristoranti nuovi, aree ristrutturabili affidate all’iniziativa di un pubblico timido o privati orientati al profitto del mercato. È l’evoluzione della “Milano che corre” di Expo 2015: Milano che doppia il giro, e lascia volentieri a mangiare la polvere chi stenta a tenere il passo.

    «Negli ultimi anni, e soprattutto dal 2015, il diritto alla casa di chi abita a Milano è stato messo tacitamente in discussione. Il mercato immobiliare italiano è completamente libero, e questo vuol dire che gli attori del settore hanno cominciato a considerare la casa alla stregua di qualsiasi altro oggetto: se ne hai abbastanza per permetterti una metratura dignitosa, in affitto o in acquisto, ottimo. Altrimenti, visto che si tratta di un tetto e non dell’ultimo modello di smartphone, l’alternativa è magari cambiare quartiere, magari cambiare città, magari scegliere, anche solo temporaneamente, soluzioni abitative informali. Di uno smartphone si può fare a meno, di una casa, per la maggior parte delle persone, no. Ecco perché, secondo noi, è profondamente ingiusto che l’abitare sia lasciato nelle mani delle logiche del mercato edilizio».

    Da questa constatazione nasce, nel 2022, il comitato Abitare in via Padova, formato sia da privati cittadini che associazioni già attive sul territorio (come Amici del Parco Trotter e Via Padova Viva) e realtà del terzo settore (come B-Cam e Comin). È l’inizio di un percorso collettivo per ragionare sulla direzione del quartiere e della città tutta. Per immaginare un futuro diverso, separato dalle logiche di valorizzazione in ottica puramente economica.

    «Ci troviamo in un momento di grandi cambiamenti. Siamo nel pieno delle ripartenza post-pandemica, per esempio. Ma, anche più banalmente, a breve verranno avviati i lavori per ricostruire Piazzale Loreto e pedonalizzare la parte iniziale di via Padova. Interventi urbani importanti, che rischiano di perdere la loro dimensione politica e nascere nel segno dell’esclusività, rafforzando la gentrificazione già in atto massicciamente nel quartiere. L’immagine della Milano-gioiello, eccellenza italiana, giova agli investitori o agli abitanti?»

    L’interrogazione parte, e deve partire, dal basso. Il calcio d’inizio del comitato è arrivato “ufficialmente” gli scorsi 1 e 2 luglio, quando, presso il Parco Trotter, è stata organizzata la due giorni “Abitare è un diritto! Per una piattaforma metropolitana orizzontale”. Quattro tavoli di lavoro su altrettanti temi – abitare pubblico, abitare in affitto, abitare informale, abitare alternativo – un panel – Turismo e città vetrina, insieme a OCIO Venezia, l’Osservatorio CIvicO indipendente sulla casa e sulla residenzialità, e Alta Tensione Abitativa – e due momenti di tavola rotonda di fine giornata per sintetizzare i risultati delle rispettive esperienze. Lo scopo: gettare le fondamenta di una piattaforma politica, metropolitana e orizzontale, attraverso cui promuovere il diritto all’abitare e stimolare la partecipazione attiva di privati e attori politici attorno al tema della casa.

    «Piattaforma metropolitana orizzontale: tre parole fondamentali, perché vanno a racchiudere tutto il senso della nostra direzione. Vogliamo creare un luogo di aggregazione e agenza politica aperto a tutti e che racchiuda tutta la città, tutte le associazioni attive sul territorio e, potenzialmente, anche chi sta oltre i confini di Milano. Questo perché vogliamo il confronto, vogliamo imparare. Ma anche perché sappiamo che l’unico modo per costruire una vera voce politica dal basso è passare anche dai numeri. La prima volta che siamo andati a parlare con Pierfrancesco Maran [oggi Assessore alla Casa e Piano Quartieri del Comune di Milano, ndr] avevamo appena raccolto mille firme con una petizione sul diritto all’abitare, nella quale chiedevamo una maggiore attenzione al Comune e interventi mirati sul territorio per aumentare l’offerta di alloggi a canone sociale. Ci hanno risposto con un dato: 80%, ovvero la percentuale di chi, a Milano, possederebbe una casa di proprietà. Questo per dire che il problema sociale dell’accessibilità alla casa e dell’edilizia a prezzi calmierati non era in cima all’agenda politica della città. Il problema di questo dato è che è incompleto: quanti di questi sono multiproprietari? Quanti hanno la residenza in città? Quanti mettono in affitto l’immobile di loro proprietà, a breve o lungo termine? Se ci aggiungiamo che l’housing sociale ripaga, diciamo così, il costruttore privato solo sul lungo periodo, si capisce come questa amministrazione, nata da Expo, non sia interessata a compiere passi di sua spontanea volontà».

    Non solo, però, grandi ristrutturazioni del tessuto urbano (oltre ai citati interventi a NoLo ricordiamo la riqualificazione dello scalo ferroviario di Porta Romana, ad esempio, destinato a ospitare il villaggio olimpico delle prossime Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026): il momento è propizio per attivarsi sul fronte casa anche perché, a Milano, il 2023 è anno di rinnovo del PGT – Piano di Governo del Territorio, strumento di pianificazione urbanistica di Regione Lombardia per la progettazione e definizione degli assetti urbanistici dei territori comunali, comprese edilizia pubblica, sociale, e a canone calmierato. In merito all’ERS (Edilizia Residenziale Sociale), per esempio, le normative attuali prevedono l’obbligo di riservare il 40% della superficie delle nuove costruzioni per costruire nuovi alloggi a prezzo calmierato, ma solo per interventi di superficie complessiva superiore ai 10.000 metri quadrati.

    «Uno dei nostri obiettivi», continuano Angelo e Vincenzo, «è chiedere che questa normativa venga aggiornata ai bisogni attuali delle persone, prevedendo che almeno la metà degli alloggi prodotti dall’edilizia convenzionata (il 20%) si traduca in locazioni a canone sociale». Il comitato Abitare in via Padova non è l’unico a pensarla così. Proposte in tal senso arrivano anche da attori del settore come, per esempio, Consorzio cooperative lavoratori, Delta Ecopolis e Confcooperative Habitat Lombardia, che hanno portato al tavolo della discussione sul nuovo PGT una proposta precisa, anzi, due. La prima riguarda le costruzioni di superficie compresa tra i 5.000 e i 10.000 metri quadrati, per cui si chiede un 40% di edilizia sociale, di cui il 20% dedicato a ERS (10% in affitto, 10% in vendita) e la restante parte ad alloggi convenzionati di regime ordinario, ovvero a canoni più alti di quelli ERS ma inferiori alle cifre del mercato. La seconda riguarda invece le aree con superficie superiore ai 10.000 metri quadrati, per cui si chiede il 50% di edilizia sociale: 30% ERS (10% in vendita, 20% in affitto), 20% edilizia convenzionata ordinaria destinata alla vendita (quest’ultima con prezzi diversi a seconda della zona della città). A cappello di tutto, e per rendere sostenibile questo tipo di interventi a seguito dell’aumento dei costi anche nel settore costruzioni, servirebbero naturalmente ulteriori sostegni pubblici per i soggetti occupati nella costruzione della nuova edilizia sociale.

    «Sappiamo che un diverso modello di città è possibile. Tra febbraio e giugno, come comitato, abbiamo promosso una serie di incontri per raccogliere e discutere esempi di politiche per il diritto all’abitare in alcune città europee. Abbiamo portato insieme ricercatori, attivisti e cittadini, e ci siamo concentrati su cinque esempi: Barcellona, Parigi, Amsterdam, Vienna, Berlino. Abbiamo mappato le loro politiche per l’abitare e ne abbiamo estrapolato alcune direzioni secondo noi virtuose, che, per quanto non risolutive di un problema spesso e articolato, possono contribuire a mitigare alcuni tra gli aspetti più deleteri del sistema attuale. Si parla di come regolare il mercato degli affitti brevi, o della proposta di acquisizione pubblica di quote del patrimonio immobiliare privato, magari dismesso, per esempio, per trasformarlo in edilizia pubblica. Soprattutto, però, vogliamo far passare un messaggio chiaro: il problema è generale, e riguarda il modello di città e di società in cui intendiamo vivere. Se si vogliono cambiare le cose è possibile attivarsi, organizzarsi e mobilitarsi, anche per il diritto alla casa e il diritto alla città.».

    Un approccio ecumenico dunque, che si vede riflesso nei numeri delle realtà che hanno partecipato alla due giorni del Trotter: 58 tra rappresentanti politici, unioni inquilini, gruppi di lotta per la casa, centri sociali, associazioni studentesche e molti altri. A tal proposito, alcuni degli incontri più fertili degli ultimi mesi sono stati proprio quello con Tende in Piazza, i ragazzi che hanno piantato le tende in Piazza Leonardo Da Vinci, di fronte al Politecnico, e con UDU Milano, associazione degli studenti e delle studentesse delle università pubbliche milanesi.

    «Con i ragazzi ci siamo intesi subito, d’altronde come si fa a non indignarsi quando le amministrazioni promettono nuovi posti letto per studenti e poi costruiscono resort di lusso come il nuovo CX in zona Bicocca? O quando il Governo nazionale riesce a far slittare 519 milioni di contributi europei per costruire nuovi alloggi per studenti alla quarta, invece che terza, rata del PNRR perché nel 2022 non siamo riusciti a costruire i 7.500 alloggi richiesti dalla Commissione europea? Ecco, allargare la base della partecipazione è fondamentale. Ci vorrà tempo. Mi viene da dire che, se c’è un tema, prima ancora di quelli che porteremo alle istituzioni, è proprio la partecipazione. Che è sempre, alla fine, politica».

    Partecipare è un’ottima parola. Dovremmo risemantizzarla anche al di fuori delle feste. Dovrei scriverla su un bigliettino e lanciarla alla ragazza con il vestito verde che è venuta a vedere un appartamento nel mio palazzo mentre scrivo, la voce dell’agente immobiliare che la scorta per le scale riempie tutta la corte. «La zona è cambiata tanto negli ultimi anni, anche questo palazzo, ora ci abitano soprattutto giovani. L’ascensore ora non c’è ma abbiamo il progetto per costruirlo. Rifaranno anche le facciate, purtroppo non abbiamo ancora una data di partenza precisa». Chissà che canone le sta proponendo. Chissà se costruiranno mai l’ascensore. Io credo di no. Però ragazza, tranquilla: non siamo più a Matalopedro, triste soprannome affibbiato al lato destro di NoLo, tra viale Monza e via Padova, per la frequenza, nel passato, degli scontri tra gang di sudamericani. All’inizio della via, di fianco al mercato coperto, ha aperto Shallo, ci vanno a bere le birre solo tizi con il cappellino da baseball e le magliette larghe tagliate dritte per sentirsi Jeremy Allen White e segnalare che The Bear l’hanno vista pure loro. Qualche mese fa è stato il turno del Buco del Monello – astenersi commenti –, “bacaro” veneziano di clientela pettinatina. Al Bar Varisco ormai trovi gli influencer. Il ristorante peruviano promiscuamente camuffato da pizzeria, per ora, resiste.

    No, con tutte queste novità, dimenticarsi di Milano non è proprio possibile. Nessuna Zora in quest’area di Nord Italia. Peccato non sia possibile dire lo stesso dei suoi abitanti. Loro è fin troppo facile darli per scontati.

     

    Le immagini di copertina e nel testo sono parte di un reportage di Valentina Sommariva, Milano si ferma, che colgono la città all’indomani dell’uragano che l’ha colpita la notte del 24 luglio.

    Note