Prospettive di rigenerazione urbana

Quest’ultimo contributo rappresenta per la classe Urise 2020 della V edizione del Master U-rise di IUAV di Venezia la possibilità di fissare alcune considerazioni, e aprirne di nuove, in vista della conclusione dell’indagine e l’avvio della fase di analisi e restituzione dati che sarà diffusa a marzo 2021. Who R U? Rigeneratore Urbano cercasi, come ampiamente raccontato, è una ricerca collettiva e incrementale delle caratteristiche e peculiarità di RU1R.U. per la classe si intenderà sempre sia declinato al femminile che al maschile cioè Rigeneratore Urbano e/o Rigeneratrice Urbana . Data la complessità del tema sarebbe stato inefficace selezionare a monte un campione che avrebbe preconfezionato un’idea e orientato l’indagine non garantendo l’apertura necessaria a cogliere i molteplici punti di vista.

Oggi, siamo in grado di affermare che una pluralità di  attori, eterogenei tra loro, fanno rigenerazione urbana con modalità, governance e azioni diverse. La fotografia di quella che è la rigenerazione urbana a scala nazionale mostra interventi puntuali, sporadici e non sistematizzati che da un lato trovano forza proprio dall’ampio spazio di sperimentazione, in cui la componente di innovazione si insinua nelle pieghe legislative rompendo schemi e logiche consuetudinarie; dall’altro, l’assenza di un riconoscimento rende complesso e frustrante lavorare con continuità per rafforzare sinergie ed impatti.

Spinte dalla volontà di approfondire il profilo di coloro che fanno della rigenerazione urbana il loro mestiere si apre la quarta ed ultima fase dell’indagine. Appare chiaro che la maglia aperta delle prime somministrazioni va restringendosi e crediamo utile spiegare le motivazioni che ci hanno portato a strutturare un’indagine “ad imbuto”. Non è interesse della classe affermare che si è RU solo se esiste una professione retribuita. Questo ce lo confermano tutte le persone che in questo anno abbiamo incontrato: i firmatari del patto di collaborazione del parco di Buscicchio del quartiere S. Elia di Brindisi, i/le cittadin* e gli/le attivist* di ex-Fadda, i/le funzionar* pubblici, gli/le operat* sociali con cui abbiamo testato Gametrification insieme a Dynamoscopio a Milano e gli/le artist* e ragazz* che riempiono le sale di CasermArcheologica.

Ognuno di loro contribuisce quotidianamente a portare avanti processi, progetti e azioni di rigenerazione urbana per e con le comunità, rivelandosi una risorsa necessaria per attuare inclusione e gestione condivisa. Molte di noi sono cittadine attive, attiviste, ricercatrici e progettiste, funzionarie e/o aspiranti tali, tutte con il desiderio di coniugare i propri valori e ideali con il lavoro e la propria professionalità e competenza. Con questa premessa è nata l’intenzione di fare una ricerca atta ad indagare chi lavora nel campo e come ne fa un mestiere.

Data l’attuale conformazione dell’ecosistema della rigenerazione urbana in Italia, come si può contribuire in prima persona all’attivazione di processi complessi come professionista?

Ilda Curti già nel suo contributo del 2016 evidenzia quanto “la fatica nel declinare le competenze e gli skills dei rigeneratori urbani è direttamente proporzionale all’ambiguità del termine”. Lo stesso mestiere di RU “è schiacciato tra il disegno del progetto – con le sue pratiche disciplinari e amministrative – e l’animatore sociale. Mentre gli uni disegnano gli spazi, gli altri fanno giocare i bambini. In mezzo, se c’è tempo, ci si ficca un po’ di progettazione partecipata. I post-it impazzano, i bambini crescono, gli esiti non sempre sono quelli che ci si aspetta.”

Se si sceglie di guardare indietro per ripercorrere l’evoluzione della rigenerazione urbana nel contesto nazionale, un fondamentale contributo è stato dato dalle politiche europee già dagli anni ‘90 con le esperienze dei programmi complessi Urban Pilot Projects. Le linee guida e le prospettive dettate sono state progressivamente tradotte nei territori grazie al lavoro di persone che hanno saputo intravedere nelle politiche un concreto fattore di innesco di trasformazione fisica e sociale attraverso approcci cosiddetti integrati. Emerge quindi un variegato e complesso ecosistema della rigenerazione urbana che, mescolando professionalità e competenze, delinea un ambito entro il quale operano sia attivatori di processi quanto gestori di luoghi.

Oggi ancor di più, a fronte delle crisi che stiamo attraversando, si accelerano e acuiscono bisogni, si amplia la discussione, si avviano strategie e modalità d’intervento – spesso con temi convergenti- e si moltiplicano le reti per affermare e al contempo affrontare le complesse sfide dei nostri tempi. Seppur per certi aspetti affini, queste reti interpretano con prospettive e modalità in parte dissimili le prassi e le pratiche della rigenerazione urbana e dell’innovazione civica e sociale.

Ampliamo lo sguardo per offrire una panoramica e presentare alcune delle reti che recentemente hanno segnato e segnano il campo della rigenerazione urbana. Questo sforzo è mirato da un lato a distinguere, dall’altro a far conoscere e soprattutto approfondire le peculiarità, unicità, densità di network che sono espressione di un sentire comune.

Lo Stato dei luoghi è una rete che rappresenta esperienze di rigenerazione a base culturale in Italia, promosse e gestite da soggetti privati o del privato sociale. Lavorano per innovare le pratiche culturali, artistiche, educative e di welfare, contrastando le disuguaglianze e favorendo l’inclusione sociale. Riattivano e trasformano spazi abbandonati, dismessi, parzialmente inutilizzati o rifunzionalizzati, in centri generativi, inclusivi e abilitanti per le persone e le comunità, apportandovi competenze e risorse. L’obiettivo è di diffondere conoscenza e di stimolare l’avanzamento della discussione pubblica sui temi della rigenerazione urbana a base culturale. I soci della rete interpretano la rigenerazione urbana a base culturale come leva per diffondere capacità, costruire opportunità e generare impatti sociali positivi nei territori2Lo Stato dei Luoghi è la Rete nazionale di attivatori di luoghi e spazi rigenerati a base culturale, costituita nel luglio del 2020. Ad oggi rappresenta circa 50 realtà/centri soci e circa 20 socie/i individuali..

Altra rete che affronta la questione con una particolare visione, creativa e militante del diritto e delle pratiche politiche, è la Rete dei Beni Comuni Emergenti e ad Uso Civico. Una piattaforma che riunisce esperienze di gestione diretta e uso collettivo dei beni comuni, insieme a realtà che in diversi modi hanno approfondito e praticato forme di riappropriazione civica degli stessi, improntate a criteri di fruibilità, inclusività, imparzialità, accessibilità e autogoverno delle comunità di abitanti. Condividono la continua sperimentazione di pratiche, saperi e strumenti amministrativi capaci di sfidare e superare lo stato delle cose. L’obiettivo è mutualizzare strumenti, mettere a sistema le proposte sui beni comuni, maturate negli anni in diverse esperienze nazionali, e rinforzare il riconoscimento legale dei beni comuni quali beni necessari all’esercizio dei diritti fondamentali guidati dai principi di antifascismo, antirazzismo e antisessismo3Rete dei Beni Comuni Emergenti e ad Uso Civico nasce a Napoli il 19 febbraio 2019, da un’assemblea che vede riunirsi in modo spontaneo e orizzontale oltre 300 persone provenienti da quasi 50 realtà da tutta Italia..

La neonata Rete dei Beni Comuni legata al Comitato Rodotà, è una infrastruttura permanente per l’esercizio della sovranità popolare, in cui tutte le persone e le reti che si riconoscono nei valori costituzionali ed ecologici cooperano per condurre attività politica e mutualistica, costruendo strumenti di democrazia partecipativa decentrata. I membri della rete si impegnano a promuovere i beni comuni per la conversione ecologica e per le generazioni future4Rete dei beni comuni si è riunita per la 1° assemblea nazionale a Messina il 4 e 5 ottobre 2020 e vede coinvolti circa 20 attori italiani operanti in ambito “beni comuni”..

Appare chiaro come queste reti abbiano scopi affini e modalità difformi, con finalità e visioni per certi aspetti analoghe.

Serve interconnettere le reti e stringere nuove alleanze per fare fronte comune, per trovare sinergie e soluzioni alle sfide odierne e future?

Viviamo un momento storico, un cambio epocale, che sta restituendo un movimento culturale e politico fertile che speriamo sia capace di dare nuove prospettive al nostro vivere e ai paradigmi che ne sanciscono i contorni che ne tracciano l’orizzonte.

Desideriamo evidenziare il proliferare di questi organismi e il desiderio di trovare: forme nuove di alleanza, l’istituzione di reti di reti, modalità generative per perseguire il fine ultimo di riconoscimento di beni comuni, centri culturali quali presidi civici e di welfare di prossimità. Questi hanno l’intento di farsi istituzione e infrastruttura di comunità quali luoghi nevralgici per l’Italia di ieri, oggi e del futuro. A nostro avviso disegnare e implementare politiche che tutelino, legittimino e riconoscano il “valore”, in termini di innovazione sociale e civica, della rigenerazione urbana di queste esperienze non significa definire solo il disegno metodologico ma aprire all’immaginario inatteso, all’imponderabile delle sperimentazioni perseguendo l’interesse generale ed ecologico.

La cartografia di questi attori ed esperienze non rischia di tradursi in una mappa “statica” che fotografa il momento? Mancano strumenti per una visione complessiva, interattiva e dinamica?

Sono numerose e significative le mappature esistenti, tra le più recenti in Italia citiamo quella condotta da cheFare sui nuovi centri culturali mentre a livello internazionale si distingue il Progetto Ge.co Tools for generative commons5Ge.Co è un progetto finanziato dall’Unione Europa e ha l’obiettivo di creare una piattaforma per mappare e sostenere gruppi formali o comunità informali di cittadini che gestiscono fab-lab, hub, incubatori, spazi di co-creazione, centri sociali creati all’interno di vuoti urbani e recuperati da queste attività all’abbandono e all’incuria. dell’Università di Torino. Anche noi, nel nostro piccolo, con Who R U? Rigeneratore Urbano cercasi stiamo rilevando e al contempo mappando risorse immateriali, il capitale umano e sociale. Raccogliendo dati su luoghi e attori ci stiamo rendendo conto che le storie si intrecciano e che le esperienze sono la risultante di relazioni, di iniziative sia sinergiche che confliggenti.

Le politiche sono realmente in grado di stimolare, abilitare e concretizzare nuovi modi di “fare” luoghi, quartieri, città, territori? In quest’ottica quale ruolo gioca l’Europa nel far fiorire processi e progettualità che forniscano soluzioni alle sfide della nostra società?

Tutt* osserviamo con curiosità la prossima programmazione 2021-2027. Come si evince dal Tavolo 5 degli esiti del confronto partenariale che fa riferimento all’obiettivo di Policy (OP) 5 “Un’Europa più vicina ai cittadini” risulta determinante la necessaria “precocità nel coinvolgimento e nella mobilitazione delle comunità locali e dei partner rilevanti per il progetto culturale (enti, imprese, associazioni, reti civiche, cittadini) decisivi nel generare effetti anche in termini di innovazione e impatto sociale”. Gli esiti delle discussioni al Tavolo mostrano come “per le città la cultura è spazio ideale per la promozione della coesione sociale: per sperimentare misure, approcci e modalità di intervento rivolte all’inclusione di gruppi svantaggiati, per favorire la partecipazione delle comunità residenti, per sollecitare la disponibilità di spazi e di nuove occasioni per forme di cittadinanza attiva e consapevole“.

Concludendo si sostiene che la “cultura è, infatti, un vettore importante nell’attivazione di nuovi valori e funzioni sociali associati a spazi e luoghi abbandonati o non adeguatamente utilizzati – in aree periferiche o comunque marginali – da restituire all’uso collettivo e partecipato dalla comunità attraverso progetti non solo di recupero/restauro del bene, capaci anche di riconoscere, mettere in comune e valorizzare le identità, le storie, e i racconti dei/sui luoghi”. È evidente che si sta consolidando, anche a scala europea, la volontà di legittimare pratiche ed esperienze come quelle mappate e/o rappresentate dalle reti. Si sottolinea quindi l’utilità di elaborare forme nuove di produzione di conoscenza, a partire da mappature esistenti e da ricerche incrementali e dinamiche, che ne avvalorino e tutelino la loro esistenza e proliferazione.

Anche alla luce di queste dichiarazioni, il progetto triennale cofinanziato dal programma Erasmus + dell’Unione Europea e guidato dall’Università di Venezia (IUAV) European Urban REgenerators Knowledge Alliance (EUREKA) 2021-2023 offrirà stimoli diffondendo alcune risposte in merito alla domanda di un profilo professionale nuovo, l’Urban Innovator (UI), in grado di sostenere e gestire trasformazioni urbane basate sull’investimento nel sapere e nella cultura con un forte impatto sociale. Crediamo che la nostra indagine, rivolta alla scoperta di RU, possa essere un primo piccolo passo per indagare l’emersione di UI.

In tal senso Who R U? Rigeneratore Urbano cercasi si sta rivelando una ricerca che produce ingaggio veicolato attraverso la produzione collettiva di conoscenza e confidiamo possa contribuire al dibattito attorno ad una nuova prospettiva politica ed ecologica mirata ad una economia rigenerativa6Kate Raworth (2017) “L’economia della ciambella. Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo”. Edizioni Ambiente, Milano. e di conseguenza ad una società più equa e giusta.