Milano e l’innovazione culturale

È certamente un fatto che il settore culturale abbia subito negli ultimi anni a Milano un vero e proprio incremento, favorito soprattutto dalle diverse forme di organizzazione e modalità inedite di fare cultura che, grazie a nuove tipologie e soluzioni giuridiche, nuovi processi e prodotti, nuove visioni e modalità di partecipazione e coinvolgimento, hanno spesso reso l’accesso ai contenuti e la partecipazione ai processi più immediati e inclusivi, portando la cultura in luoghi meno tradizionali e formali, sempre più flessibili e multidisciplinari.

In questo senso il rapporto tra cultura e spazi urbani si è radicalmente modificato, come si è modificato il panorama e la rete dei soggetti che ha cominciato ad operare in questo settore.

Un progetto di ricerca Fondazione Feltrinelli e cheFare

Tale stagione di fermento è la risultante di diversi fattori che, grazie ad una sistematizzazione talvolta casuale, hanno dato origine a una scenario culturale urbano nuovo. Il ruolo della deindustrializzazione, la disponibilità di spazi in disuso, le possibilità di trasformazione che ne sono conseguite, l’interesse sempre più trasversale ed accessibile per le forme di economia basate sulla conoscenza, sulla creatività e sul valore immateriale, il crescente affermarsi di Milano rispetto a quel agglomerato produttivo costituto da industrie creative, moda, design, comunicazione, la tendenza di processi di rigenerazione urbana a base culturale già ampliamente affermata in Europa, e infine, non meno rilevante, il desiderio e la necessità di trovare soluzioni alternative all’immobilità politica connessa alla mancanza di risorse che da troppo tempo ormai caratterizzava lo scenario complessivo culturale di Milano.

Tutto questo ha dato origine ad una proliferazione di spazi multifunzionali, centri culturali, co-working che mescolano spesso elementi simili combinandoli in modi e quantità diverse, offerte culturali, formazione, attività ricreative, commerciali e legate alla ristorazione, eventi performativi, diventando così veri e propri spazi di aggregazione e offrendo servizi continuativi.

Per quanto tale proliferazione sia molto spesso valutata come ancora in fase embrionale – gli anni delle aperture e delle intuizioni sono ancora troppo recenti e in espansione per consentire di elaborare delle considerazioni di senso su quanto sta accadendo in città da qualche tempo e per delineare e approfondire il panorama che si sta configurando – è in ogni caso riconosciuta da tutti come uno scenario positivo, un fermento e una scena culturali e un confronto tra soggetti assolutamente necessari al fiorire di nuove pratiche, nuove opportunità e processi e, in un secondo momento, nuovi prodotti.

Tutti questi spazi si confrontano con la necessità di fornire una cornice a quella che spesso viene definita innovazione culturale e che si può applicare in tanti modi e ambiti. Si può infatti lavorare sul processo di valorizzazione e di curatela dell’offerta e dei programmi, facendo riferimento a fruizione, educazione, molto spesso formazione; in particolari settori che possono variare dalla musica, alle arti visive, dallo spettacolo dal vivo a mostre ed esposizioni; con particolari categorie di pubblico come scuole, comunità, imprese, immaginando nuovi strumenti per intercettarle; sfruttando modalità inedite di relazione con la pubblica amministrazione e con procedure amministrative, contaminando metodologie, pratiche, collaborazioni e partnership. L’importante è certamente esserci, costituire un piccolo tassello dell’offerta complessiva a scala urbana, riuscire a costruire una proposta concreta, che si struttura spesso a partire da necessità economiche e condizioni di sostenibilità imprescindibili, facendo riferimento così all’accesso, all’organizzazione e alla gestione di diverse possibilità di finanziamento.

Certamente l’innovazione culturale in senso ampio e l’affermarsi di nuovi trend in grado di produrre cambiamento richiedono di mettere in discussione regole, processi e linguaggi che si erano affermati precedentemente fino a qui. Si attivano così soggetti esterni, che si costituiscono in associazioni, imprese sociali, srl, che attivano collaborazioni con la pubblica amministrazione, con imprese, con istituzioni culturali, ne integrano le competenze favorendo l’interdisciplinarietà e provando a costruire aziende e proposte attorno a delle idee e dei valori di base – e non il contrario – e a sfruttare queste nuove idee per giocare un ruolo importante nella produzione e diffusione d’innovazione all’interno del sistema culturale ma anche nella creazione di nuove economie e geografie urbane.

Il percorso di ricerca promosso congiuntamente dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e cheFare si è proposto di mappare circa una quarantina di casi di produzione e distribuzione culturale che stanno animando la scena culturale di Milano ad oggi, per poi giungere ad una prima identificazione di sei casi precisi da analizzare. Abbiamo selezionato quei casi che presentassero sia la componente di progetto e di offerta che quella di relazione con lo spazio o con il contesto e che in qualche misura fossero significativi relativamente a diverse tipologie e alle variabili che abbiamo scelto di analizzare – le forme della produzione culturale, l’assetto e l’organizzazione interna di questi spazi/progetti culturali; il contesto multiculturale di Milano e le modalità con qui questo venga intercettato dalle offerte culturali; la dimensione fisico-spaziale, il rapporto tra hardware e software e la relazione con il contesto urbano.

Il fablab WeMake, il centro indipendente per le arti e la cultura Macao, il centro di produzione artistica Mare Culturale Urbano, il creative hub Base Milano, l’associazione per la promozione delle ricerche artistiche O’ e la libreria Gogol&Company costituiscono gli oggetti d’analisi di questa prima fase di ricerca sul campo. Li abbiamo studiati, guardati da vicino, intervistati, sollecitati, e indagati approfonditamente a partire sei cluster tematici che hanno funzionato come linee guida per la strutturazione delle interviste e del questionario.

Abbiamo chiesto loro di autodefinirsi e di raccontarci la loro mission e il loro sistema valoriale; di riflettere sulla tendenza di questi ultimi anni relativa all’apertura di sempre più spazi multisciplinari a vocazione artistica e culturale e di valutare la loro proposta in relazione a tale contesto; di illustrarci come è strutturata la loro proposta culturale, per quali target e con quali modalità di finanziamento; di raccontarci come hanno ragionato sulla dimensione spaziale in relazione alle attività e agli eventi che organizzano, e sulla relazione con il territorio in cui si localizzano; di descriverci se e in che modo provano a tenere in considerazione la matrice interculturale della città e infine di anticiparci come intendono lavorare nel futuro e quali componenti decideranno di privilegiare.

Questi sei primi casi verranno raccontati nei prossimi mesi rielaborando i materiali raccolti, e inseriti in una collana di contributi che verranno pubblicati settimanalmente sulle piattaforme di Fondazione Feltrinelli e di cheFare.