Le città e il caro-affitti: una questione aperta
Il tema del caro affitti si ripresenta periodicamente, specie a Milano. Il problema è aggravato da interventi pubblici che limitano l’accesso alla città. Ripensare radicalmente la governance urbana e la definizione stessa di città può essere una soluzione.
Nella prima settimana di maggio 2023 la questione del caro affitti è tornata in auge nelle cronache grazie alla protesta degli studenti e alle loro tende. Chiaramente c’è una scarsità di alloggi per gli universitari, per la quale il Piano nazionale di ripresa e resilienza offrirà soltanto piccolo sollievo.
Il problema in Italia è più forte a Milano, città più ricca e più cara del paese, ma è comune a gran parte delle aree urbane più sviluppate in tutto il mondo.
Alla base c’è principalmente una crescente domanda di città, dovuta in generale al successo delle aree urbane (si veda, per esempio, il rapporto della Commissione Europea). L’attrattività di Milano, in particolare, è costantemente in crescita grazie alla sua dinamicità e competitività e a varie iniziative che hanno accresciuto l’interesse internazionale verso il capoluogo lombardo.
Politiche pubbliche che aggravano il problema
Va però riconosciuto che alcuni interventi pubblici aggravano il caro-affitti, riducendo, di fatto, l’offerta di città e quindi contribuendo a farne crescere il prezzo (sotto forma di rendita immobiliare e, quindi, anche di affitti).
Questi interventi di politica urbana hanno finalità ecologiche e di miglioramento della qualità della vita ma, come effetto collaterale, privilegiano la città rispetto al resto dell’area urbana e il centro rispetto alla periferia.
Foto di David Salamanca su Unsplash