Cina, verso un nuovo approccio alla rigenerazione urbana?

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Il Giornale dell’Architettura. Clicca il pulsante in basso per leggere il testo completo.

Nel 2016, il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha emesso il XIII Piano quinquennale per lo sviluppo culturale, che ha delineato principi guida, obiettivi, progetti e supporti politici delle riforme culturali destinate a investire il Paese tra il 2016 e il 2020. Oggi, allo scadere dell’orizzonte temporale del piano, appare evidente come la Cina abbia intrapreso una virata decisa verso il “cultural turn”, che ha lasciato una forte impronta nelle città.

L’esito più evidente di questo cambio di paradigma nell’intendere lo spazio urbano come portavoce di valore simbolico è la realizzazione pervasiva di “contenitori” culturali che costellano le città cinesi e rappresentano parte integrante delle agende politiche. Accanto a queste trasformazioni dalla forte impronta spaziale, tuttavia, è possibile osservare come eventi effimeri e pratiche artistiche si siano affermate quali nuove forme di vivere e trasformare la città, veicolando una sempre più ampia e sfaccettata nozione di “cultura”. Festival, design week e biennali, che oggi proliferano in Cina, cercano di esplorare lo spazio urbano come territorio fisico e socio-culturale: questi dispositivi hanno consolidato il proprio ruolo nel creare nuovi immaginari collettivi e nel ridefinire spazi e usi della città, nonchè gli attori sociali, politici ed economici che intervengono nella sua trasformazione.