Rivoluzionare la vita urbana nel XXI secolo: intervista a Carlos Moreno

Nel 2007 l’ONU ha stimato che il numero di persone nelle aree urbane ha superato il numero di quelle che abitano le aree rurali. Oggi il 55% della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che si prevede aumenterà fino al 68% entro il 2050. Gli esseri umani che sempre più vivono in città sono chiamati ad affrontare numerose sfide relative allo stile di vita, ai mezzi di produzione e ai consumi. Mentre le città affrontano il cambiamento climatico e la trasformazione digitale, le considerazioni sui diversi modi possibili di plasmare i paesaggi urbani si moltiplicano, a sottolineare quanto l’argomento sia sempre più urgente. Una discussione che evidenzia l’importanza di nuovi approcci di pianificazione urbana, con un ruolo sempre più centrale della governance locale. Per riflettere su queste trasformazioni abbiamo intervistato Carlos Moreno, noto urbanista e ricercatore internazionale, a partire dal suo libro La città dei 15 minuti. Per una cultura urbana democratica (add editore 2024), un saggio che affronta le ragioni e le modalità di creazione di città più vivibili e vivaci, attraverso il coinvolgimento della comunità e la tecnologia con il fine di promuovere politiche inclusive e una vita urbana più decentralizzata e sostenibile.

 

Come nasce l’idea del libro La città dei 15 minuti e quali concetti hanno influenzato il suo lavoro?

Carlos Moreno: Ho iniziato a pensare di scrivere un libro sul concetto di “città dei 15 minuti” nell’estate del 2020 nel contesto di due diverse crisi planetarie che hanno richiesto la trasformazione della nostra vita urbana. Quando ho proposto per la prima volta questo paradigma in una conferenza dopo la COP21 di Parigi nel 2015 sulla decarbonizzazione nelle città e sull’enorme contributo dei trasporti e degli edifici alle emissioni di CO2, la prima crisi che avevo in mente era quella dell’emergenza climatica. La seconda crisi è invece quella vissuta a causa della pandemia di COVID-19, con il suo impatto sulle città come Milano, uno degli epicentri in Europa. Durante la pandemia abbiamo scoperto lo smart working, ma anche l’importanza della vicinanza, dei vicini, delle aree verdi e del commercio locale. È stato un momento strategico per individuare la necessità di trasformare il nostro stile di vita. A proposito di questa trasformazione all’inizio del XX secolo avevamo già molti intellettuali come Clarence Perry e Jane Jacobs, i nuovi urbanisti in Europa e il mio amico Jan Gehl che lavoravano al concetto di “città per le persone”. Ma il mio lavoro è stato tra i primi nel XXI secolo a proporre un paradigma per il passaggio da un modello urbano centralizzato a uno più decentralizzato e policentrico. L’obiettivo di questo paradigma è quello di cambiare il “modello di business” delle città per generare economie locali più dinamiche e ridurre l’esclusione sociale.

 

Immagine di copertina di Furkan Elveren su Unsplash