Le 10 migliori previsioni sulla sharing economy

Il movimento della condivisione o sharing economy si sta evolvendo velocemente ed in molte direzioni.

Da Shareable, traduzione a cura di cheFare. Qui la versione originale.

La crescita delle cooperative di lavoratori basate su piattaforme digitali (platform cooperativism), una maggiore consapevolezza dei beni comuni, l’evoluzione del coworking, l’esplosione di servizi condivisi permessi grazie alla tecnologia ed altro ancora, stanno aprendo frontiere promettenti se non addirittura una sfida.

Cosa porterà il 2016? Lo abbiamo chiesto a 10 esperti, offrendoci le previsioni nei loro ambiti d’esperienza collegati alla sharing economy.

Robin Chase, cofondatore, Zipcar e Veniam, autore di Peers, Inc.

Poiché il trasporto condiviso è il futuro nelle aree urbane, so che nel 2016 ne vedremo sicuramente di più ed in tutte le sue incarnazioni. Qualcosa di nuovo che spero vedremo, riguarda le corse condivise con autisti di veicoli autonomi condivisi; prima del 2016 è fuori di dubbio.

David Bollier, cofondatore, Commons Strategies Group

Nel 2016 la questione dei beni comuni guadagnerà sempre più centralità nei discorsi politici e culturali, anche mainstream, in quanto fornisce una cornice generale alla critica del capitalismo neoliberale e unisce le persone in modo libero e flessibile per sviluppare una visione condivisa di una società post-boom economico ed ecologicamente responsabile.

Questa tendenza si è già manifestata in svariate iniziative in Italia, Spagna, Grecia e Germania, dove esistono numerose schiere di cittadini autodefinitisi “commoners”, che si prendono cura dei beni comuni. In tutto il mondo vediamo anche innovazioni affascinanti nelle leggi orientate al mantenimento dei beni comuni, che estendono l’obiettivo della Regolamentazione di Bologna (che reimmagina il governo della città in partenariato con i cittadini), la licenza Copyfair (che permette alle comunità digitali di raccogliere i frutti della loro creatività), e i contratti digitali “intelligenti” (che mirano a rendere fattibili le “organizzazioni autonome non centralizzate”).

Vedremo anche uno sviluppo intensificato dei sistemi di finanza e denaro alternativi, come banche etiche e sociali, cooperative, nuove forme di banche di mutuo sostegno e azionariato collettivo, e valute digitali che provano ad utilizzare la tecnologia blockchain per un beneficio collettivo.

Accrescerà anche l’interesse per i software di piattaforme per il cooperativismo, come modo di fare rete condividendo i benefici socialmente e non in maniera predatoria. Alla fine sgomente dal summit di Parigi sul clima ed ispirate dall’enciclica papale sull’ambiente, molte persone inizieranno a sfidare l’ortodossia neoliberale e a richiedere un serio cambiamento del sistema. Prevedo che più persone invocheranno i beni pubblici come “spazio di lavoro culturale” in cui immaginare e costruire le alternative di cui hanno bisogno.

Esteban Kelly, direttore co-esecutivo, Federazione americana dei lavoratori delle cooperative

Nel 2016 prevedo una nuova crescita del settore cooperativo dei lavoratori e della pratica democratica dei luoghi di lavoro. Penso che parte di questo creerà una nuova onda economica fatta di singoli proprietari che si trasformerà in proprietà dei lavoratori. Penso anche che i movimenti e le reti che reclamano giustizia razziale ed economica inizieranno a mescolarsi con le nostre reti per la democrazia economica, e la maggior parte della crescita delle cooperative dei lavoratori verranno direttamente dagli sforzi dal basso delle comunità della gente di colore e da coloro che hanno accesso limitato alle cure.

Credo anche che alcune recenti forme di relazione nelle organizzazioni internazionali delle cooperative dei lavoratori e del diritto del lavoro raggiungeranno un nuovo livello, dato che l’infrastruttura fondante è costruita per facilitare un’organizzazione transnazionale per la democrazia del mercato del lavoro, in modo particolare nell’emisfero occidentale (specialmente nei Caraibi, il cono Sudamericano, e tra gli Stati Uniti, Canada e Messico), e nel nostre connessioni con l’Europa e l’est asiatico.

Neal Gorenflo, co-fondatore di Shareable

Nel 2016 il movimento delle shareable cities raggiungerà livelli più alti di visibilità con nuovi libri, eventi ed acquisizioni. Le crisi sociali legate all’edilizia e all’abitare nelle città eleverà la condivisione e gli spazi comuni a soluzione sistemica. Le città abbracceranno sempre più la stessa ratio che ha portato all’emersione del progetto Sharing City a Seoul per lanciare le loro iniziative. Lo scetticismo delle città per Uber e Airbnb crescerà, tuttavia cercheranno soluzioni similari, ma controllate localmente.

Le cooperative basate su piattaforme digitali e il movimento delle shareable cities (città condivise) si intersecheranno e creeranno sinergie. Un approccio glocal (una piattaforma unica ma con diverse declinazioni controllate localmente) nelle crescenti piattaforme cooperative emergerà come un’alternativa potente all’approccio “morte nera” della Silicon Valley.

Alcuni dati specifici supportano le mie previsioni: il gruppo che si trova dietro l’edizione 2015 delle Sharing Cities sta facendo il giro del mondo. Shareable pubblicherà un’edizione sulle sharing cities questo autunno e lo supporterà con un tour globale gestito da volontari. Shareable ospiterà il terzo evento globale #MapJam e lancerà una campagna di eventi dedicati allo sharing congiuntamente con la settimana del Global Sharing di People Who Share = Gente che Condivide.
Uno dei think tank chiave di Israele, l’Istituto di Gerusalemme per gli Studi israeliani, ospiterà un grande evento sulle città condivise. Vedranno la luce molte versioni locali dell’ultimo evento di punta dedicato al Platform cooperativism. Un acceleratore sostenibile della sharing economy a fine 2015 inizia ora a trovare successo. Il sindaco di Seoul ospiterà un’importante conferenza sul tema delle città condivise.

Jeremiah Owyang, fondatore di Crowd Companies

La raccolta fondi tramite capitali di rischio = VC continuerà ad aumentare, ma il tasso rallenterà se comparato al surplus di denaro del 2015. Le startup hanno bisogno di affilare le proprie armi per un’adozione e un’acquisizione globali e per influenzare gli organismi regolamentatori. Lo scorso anno nel 2015 la raccolta fondi ha raggiunto il risultato clamoroso di 14 miliardi di dollari, rispetto agli 8 miliardi di dollari raccolti nel 2014. Ciò significa che gli 1% “i cosiddetti one percenters” continueranno a investire nelle piattaforme di condivisione tecnologiche globali . In 5-10 anni avranno bisogno del rientro del loro denaro forzando la monetarizzazione della piattaforma, delle persone e dei prodotti condivisi.

Detto questo, inizieremo a vedere una crisi di quelle piattaforme che non sono in grado di competere con quelle più grandi e già affermate. In aggiunta queste startup tecnologiche altamente dipendenti da investimenti di venture capitalist si stanno diffondendo in altri settori ed ambiti: Airbnb si sposterà nella gestione automatizzata delle case, e Uber e Lyft si stanno attrezzando per flotte senza conducente, dislocando ulteriormente i lavoratori, e mi aspetto servizi di consegna a casa su richiesta da sperimentare con i droni. Naturalmente ciò vuol dire che i lavoratori temporanei e freelance saranno ulteriormente svantaggiati da potenti piattaforme tecnologiche, e dai robot che possono fare lo stesso loro lavoro ma meglio, più velocemente e a costi minori — senza la minaccia di essere citati in causa da parte dei lavoratori.

Liz Elam, Produttore esecutivo della Global Coworking Unconference Conference (GCUC)

Ho guardato il mondo del coworking per sette anni e ho usato l’analogia dell’onda per descriverne il movimento.
Quest’onda ha oscillato avanti e indietro per sette anni e nel 2016 l’onda monterà.
– La raccolta fondi, che è sempre stato un problema per i piccoli attori nel coworking, si diffonderà
– Nel mercato entreranno numerosi Franchising di coworking.
– Assisteremo a molteplici ingressi nel mercato dei software e delle app costruite per gestire lo spazio e connettere i membri del coworking
– stiamo finalmente vedendo dei mobili progettati appositamente per questo mercato
– tutta la crescita esplosiva arriverà dall’Estremo Oriente (soprattutto da Cina ed India)
– il coworking rurale o suburbano diventerà finalmente realtà.
Ho giocato la mia carriera su questo movimento e non ho alcun dubbio di aver preso l’onda giusta!

Michel Bauwens, fondatore, Foundation for Peer-to-Peer Alternatives

La cosmo-localizzazione della produzione. Da un po’ di tempo a questa parte si sta evolvendo un nuovo prototipo di modello produttivo, un modello che combina comunità globali basate sull’open design in associazione con microfabbriche di produzioni locali. Sicuramente questo modello è già parzialmente funzionante in alcune aree produttive come quelle dei droni, o Arduino, la scheda madre progettata collettivamente, ma la maggior parte delle società commerciali coinvolte non sono impegnate né nella localizzazione né nei metodi di produzione sostenibile.

La mia previsione e speranza è che vedremo almeno una prototipizzazione più ambiziosa di questa possibilità, per esempio da WikiHouse, una piattaforma globale per un abitare sostenibile , che è completamente progettata come una piattaforma aperta e da condividere; la prossima rivoluzione potrebbe essere un’auto prodotta localmente da enti che non sono completamente orientati alla localizzazione e alla produzione sostenibile, per esempio la Local Motors e la sua auto progettata e stampata in 3D.

Natalie Foster, membro dell’Institute for the Future, cofondatrice Peers

Durante l’ultimo secolo abbiamo costruito una rete di sicurezza sociale per persone che fanno lo stesso lavoro per 30 anni. Abbiamo messo in piedi un sistema dove i lavoratori contribuiscono al welfare collettivo, sostenendo i costi di benefici collettivi come il sistema sanitario, il sostegno alla disoccupazione, i depositi per il sistema pensionistico e le ferie/permessi pagati. Ma come il presidente Obama ha evidenziato nel suo discorso all’Unione quel mondo non esiste più.

La nascita dell’economia su richiesta (on demand economy) ha fatto emergere grandi domande sul futuro del lavoro. E’ necessario scambiare la stabilità dell’impiego tradizionale con la flessibilità dei lavoratori atipici? Una crescente discussione sui benefici trasferibili da uno all’altro sta provando a creare negli Stati Uniti una forma di “sicurezza flessibile”. Si può costruire un sistema di benefici – come le ferie/permessi pagati e la pensione così come le forme di protezione tipo le compensazioni per i lavoratori e l’assicurazione in caso di disoccupazione – che sostenga chi lavora anche se si sposta da un lavoro temporaneo ad un altro?

Nel 2016 vedremo crescere la discussione sulla crescita dei diritti trasferibili all’interno di progetti pilota, mentre le aziende, i sindacati e le società no-profit tenteranno diverse varianti di ciò che potrebbe essere per i lavoratori autonomi una forma per avere accesso ad una rete di sostegno sociale.

E, come gli autisti di Lyft e Uber lasceranno il posto ai robot, eliminando virtualmente queste nuove fonti di reddito, prevedo che vedremo crescere una discussione attorno ad un Reddito di Base Universale – l’idea radicale di dare a tutti soldi per avere una base da cui partire.

The Sustainable Economies Law Center (risposta collettiva)

Cento città negli Stati Uniti adotteranno regole di affitto a breve termine per bilanciare le opportunità per creare mezzi di sostentamento su piccola scala con il potenziale spostamento di residenti vulnerabili di lungo termine. Alcune città andranno anche oltre, fino a perseguire una legislazione per sostenere le cooperative di lavoratori e facilitando il campo a queste imprese democratiche.

In ultimo, con il capitolo Crowdfunding del Job Act, che entra in vigore a livello nazionale alla fine del mese, non vedremo molte imprese fondate su comunità in grado di beneficiarne perché le barriere legali e finanziarie contenute nella legge sono ancora troppo alte. Così le persone inizieranno a cercare una riforma legislativa dei titoli di stato per permettere investimenti e raccolta denaro basati sulle comunità.

Chelsea Rustrum, portavoce e consulente di sharing economy, autore di It’s a Shareable Life

Per il 2016 prevedo che più leader, investitori, accademici, avvocati ed esperti di diritto sosterranno un movimento di redistribuzione del valore all’interno sia delle organizzazioni esistenti che di quelle emergenti. Assisteremo a una maggiore centralità del discorso sulla redistribuzione del valore anche nei discorsi mainstream.

Ci sarà una rinascita della spinta propulsiva della Silicon Valley nell’implementazione di questi nuovi modelli di cooperativismo, alcuni dei quali saranno sostenuti e consigliati dagli stessi venture capitalist più famosi. Quest’anno queste società tenteranno di competere e scalare insieme e perfino più velocemente i mercati esistenti. Siamo ad un punto di svolta in cui dobbiamo integrare il mondo sharing nelle nostre strutture e modelli economici. Senza questa integrazione, la disuguaglianza economica raggiungerà livelli inauditi, mettendo a rischio la stabilità della società.