Le piazze vuote, le urne anche

Incontro con Filippo Barbera, autore di Le piazze vuote. Ritrovare gli spazi della politica (Laterza).

 

Piazze piene e urne vuote è un vecchio adagio di Pietro Nenni considerato buono per tutte le stagioni, forse meno per gli ultimi vent’anni dove politiche pubbliche ridotte all’osso e la rivoluzione digitale, con la complicità del clima di tensione post 11 settembre e della pandemia hanno portato la società contemporanea – italiana in particolare – ad avere sia urne che piazze vuote. Un segno di disagio sociale che evidenzia una perdita di partecipazione pubblica e una conseguente riduzione degli spazi di cittadinanza. Dalla movida al deserto il passo è stato breve: dalla privatizzazione degli spazi in forma di birrette e spritz come argine a una generazione angosciata da prospettive future nerissime, alla teorizzazione dello spazio digitale quale unico vero spazio di partecipazione al prezzo di una svendita spesso inconsapevole di dati sensibili e personali. Un’individualizzazione estrema che diviene un abbandono del corpo, del proprio come di quello collettivo.

Ed è partendo da un lavoro di ricerca decennale che si muove l’ultimo libro di Filippo Barbera, Le piazze vuote (Laterza), una riscoperta della necessità degli spazi pubblici e della loro fisicità. Il paragone è con alcuni paesi europei capaci attraverso istituzioni culturali innovative di generare spazi di confronto, un’apertura necessaria tanto più in un paese che vive la drammatica perdita delle aree interne in abbandono e una crisi demografica che non sarà certo risolvibile senza politiche di inclusione e quindi di apertura. Le piazze vuote è una presa di coscienza a tratti molto dura della deriva italiana, ma anche un’occasione di raccogliere i fili di un dibattito spesso ingenuo anche tra chi reclama nuovi spazi di aggregazione e di condivisione. Perché tutto non prenda sempre inizio da una birretta e soprattutto perché tutto non si esaurisca in una o più birrette. Abbiamo posto alcune domande a Filippo Barbera, sociologo economico studioso di innovazione sociale e da sempre attento alle aree marginali, membro del Forum Disuguaglianze e Diversità e presidente dell’associazione Forwardto, che insegna all’Università di Torino.

 

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