Il futuro del canone

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    Mentre cammino verso il luogo dell’appuntamento mi viene in mente la faccia simpatica di Kempton Bunton, il vecchietto inglese che nei primi anni Sessanta del secolo scorso ha rubato un quadro di Francisco Goya per finanziare la battaglia di una vita: sollevare i pensionati dal pagamento del canone radiotelevisivo. L’arzillo tassista ne era uscito vittorioso due volte, era stato assolto dal furto del dipinto e aveva aperto la strada alla legge che ha esentato per decenni la popolazione inglese più anziana dal pagamento della tassa. Chissà come si è rigirato nella tomba il povero Bunton due anni fa, quando lo Stato ha smesso di sopperire al pagamento della quota degli over 75, una mossa di Boris Johnson che precede e segue una serie di provvedimenti che stanno mettendo in difficoltà il servizio pubblico radiotelevisivo in Europa.

     

    Arrivo puntuale e Giacomo Mazzone è già lì. È un giornalista esperto in economia dei media e qualche giorno fa gli ho chiesto di incontrarci perché voglio capire qualcosa in più sullo stato del servizio pubblico europeo. Ironia del destino, esattamente cinque ore prima del nostro appuntamento Matteo Salvini interviene a Radio1, nella trasmissione condotta da Giorgio Zanchini, dichiarando che una delle prime misure di un futuro governo di centro destra potrebbe essere l’abolizione del canone. La Rai, ha detto il leader della Lega al microfono di Radio Anch’io, dovrà competere sul mercato come fa Mediaset, attraverso le risorse pubblicitarie. Non è intuizione giornalistica, nessuna fuga di notizie, non avevo la minima idea delle intenzioni della Lega, è solo una sinistra coincidenza. Tutto questo accade pochi giorni prima del risultato elettorale.

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