Carcere, mentre si muore la burocrazia soffoca il volontariato

Dall’inizio dell’anno sono 44 i suicidi nelle carceri, quattro nel giro di 24 ore tra venerdì e sabato. «Non dobbiamo lasciare soli i detenuti. Ora più che mai c’è bisogno di noi», dice Ornella Favero, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia e direttrice della rivista della Casa di reclusione di Padova Ristretti Orizzonti.
Favero, cosa può dirci della situazione attuale delle carceri italiane?
La situazione nelle carceri è molto complicata e pesante. Noi della Conferenza nazionale volontariato giustizia stiamo portando avanti una battaglia per non abbandonare le carceri quest’estate, dobbiamo continuare le nostre attività. È un controsenso. Da una parte ci sono tutti questi suicidi di detenuti, dall’altra già da un mese ci viene detto che c’è il piano ferie del personale da garantire, quindi che dobbiamo ridurre o chiudere le attività. È una follia diminuire o chiudere le attività nel momento più drammatico per le carceri, che è l’estate. Sono molto preoccupata per questa estate che si presenta già al peggio, con i numeri del sovraffollamento (61.547 detenuti a fronte di una capienza di 47.067 posti disponibili, ndr) e dei suicidi così alto. Già la stragrande maggioranza degli istituti alle ore 15 chiude le attività tutto l’anno, d’estate non è che i detenuti vadano in vacanza. Con tutto quel disagio e quella sofferenza chiudere tutto è istigazione al suicidio. L’estate in carcere è quanto di più triste si possa immaginare. Noi come Ristretti orizzonti entriamo sempre, tranne la settimana di Ferragosto perché il carcere chiude l’ingresso all’esterno e non ce lo consente. Non è stato facile riuscire ad entrare anche d’estate, ma noi vogliamo presidiare le carceri, ora più che mai c’è bisogno di noi.
Anche altre associazioni continueranno le attività, nei limiti del possibile, nelle carceri anche d’estate?
Come presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia ho invitato le Conferenze regionali volontariato giustizia a non abbandonare le carceri, a fare i turni per presidiarle. Il volontariato in carcere è un volontariato che non si può fare con il buon cuore, è un volontariato complesso. Bisogna formarsi, aggiornare la propria formazione. Dico sempre che non si va a fare volontariato in carcere semplicemente perché si vuole fare del bene: si rischia di fare disastri.
Da più parti si lamenta una diminuzione delle attività nelle carceri, in particolare dal Covid in poi. Le risulta che le associazioni di volontariato abbiano più difficoltà ad entrare in carcere?
Dall’anno scorso due nuove circolari (datate 7 marzo 2023 e 6 aprile 2023, con successiva integrazione del 9 maggio 2024, allegate sotto, ndr) firmate dal capo del Dap Giovanni Russo, chiedono ai provveditori regionali, ai direttori delle carceri e ad altre figure dell’amministrazione penitenziaria di comunicare le attività di particolare rilevanza (le chiamano best practices) che vengono fatte nei vari istituti penitenziari perché il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Dap vuole esserne a conoscenza («[…] sono a chiedere di essere informato di ogni iniziativa o evento, che sarà avviato nelle diverse sedi penitenziarie del distretto di competenza, riferibile sia al benessere del personale che alle persone detenute», ndr). Ma queste circolari stanno paralizzando molte attività. È tutto eccessivamente burocratizzato e, inoltre, non ci sono risposte tempestive alle mail inviate con le richieste. Si è messo in piedi uno strumento che, a volte, blocca tutto.
Perché si blocca tutto?
A seconda delle richieste, ci vogliono anche mesi prima di ricevere una risposta. Prima delle circolari introdotte da un anno, se invitavo in redazione per intervistarle persone significative, operatori sociali, magistrati, vittime di reati, avvocati, e si trattava di persone senza precedenti penali, chiedevo al direttore, che inviava la richiesta al magistrato di sorveglianza e dopo tre giorni la ottenevo. Adesso con queste circolari che chiedono le comunicazioni delle best practices gli istituti devono mandare al Dap a Roma tutte le autorizzazioni e ricevere una risposta, per poi poter procedere. C’è una volontà di controllo, queste circolari suonano come una censura. Mentre il Codice del Terzo settore afferma che le associazioni devono essere coinvolte nella co-programmazione e nella co-progettazione, sta succedendo il contrario. C’è un’organizzazione totalmente burocratica e a volte bisogna aspettare mesi per ottenere delle autorizzazioni che qualunque direttore prima poteva decidere di dare in cinque minuti.
Immagine di copertina di Benjamín Gremler su Unsplash