Che cos’è PopUpLab

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    PopUpLab è un laboratorio che contrasta il degrado delle aree urbane e promuove la sicurezza con la riapertura temporanea e sperimentale degli spazi commerciali sfitti di molti centri storici. Il laboratorio è nato da un’idea di Sociolab
    Cristian Pardossi risponde alle 15 domande di cheFare sui nuovi modi di fare cultura.
    Per leggere le altre interviste clicca qui. nuovimodi-cultura chefare

    Perché Pop Up Lab si chiama Pop Up Lab?
    Perché è un laboratorio che si ispira proprio ai libri pop-up, quelli che una volta aperti diventano tridimensionali e danno una nuova profondità alla storia che ci si appresta a leggere. Noi facciamo qualcosa di simile con gli spazi inutilizzati delle città.

    Quando è nato?
    Nella primavera 2014. 

    Dove?
    La prima edizione è stata a Castelfranco di Sotto, in provincia di Pisa

    Perché?
    L’idea della prima edizione di Pop Up Lab era riusare temporaneamente i tanti spazi sfitti come stimolo per innescare nuove funzioni e rilanciare il centro innanzitutto come luogo di aggregazione. Il centro storico di Castelfranco di Sotto viveva da anni una crisi importante nonostante l’attivazione di soluzioni tradizionali. 

    Che fate?
    Mappiamo gli spazi commerciali sfitti di un’area, contattiamo i proprietari e stipuliamo accordi per concederli gratuitamente per 3-5 mesi ai migliori progetti commerciali, culturali o imprenditoriali selezionati attraverso una Call for ideas. Una volta aperti gli spazi, lavoriamo alla costruzione di reti tra i diversi attori urbani e all’animazione dello spazio pubblico.

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    Il gruppo di lavoro di Pop Up Lab. Foto di Giulia Maraviglia, Presidente di Sociolab

    La cosa più importante che avete fatto
    Le sperimentazioni di Pop Up Lab hanno contribuito alla definizione di un articolo del nuovo codice del commercio della Regione Toscana (L.R. 62/2018 art. 110). L’articolo permette ai Comuni di individuare aree particolari del proprio territorio nelle quali avviare percorsi innovativi di promozione e sostegno delle attività economiche attraverso il riutilizzo anche temporaneo di spazi a destinazione commerciale o artigianale e la possibilità che diverse attività commerciali condividano lo stesso spazio. 

    Perché è la più importante?
    Perché quando il processo diventa vero stimolo di ripensamento delle forme di governance per rispondere alle sfide della società attuale, il suo effetto si estende al medio-lungo periodo.

    Qual è il suo elemento più innovativo?
    Il fatto che una normativa regionale abbia trovato spunto in un processo dal basso.

    Cosa c’entra la cultura con questa esperienza?
    La rigenerazione urbana ha un bisogno vitale della dimensione culturale, intesa anche come modalità circolare (tra istituzioni, associazioni ed individui) di produzione di valore e significato.

    Quali sono le ricadute sociali di questa esperienza?
    Quando uno “spazio” torna ad essere un “luogo” possono nascere circoli virtuosi legati alla pluralità degli attori che lo utilizzano.

    Con Pop up Lab si mangia?
    Sì.

    Come fate a stare in piedi?
    Grazie ai finanziamenti in tema sicurezza che la Regione Toscana ha interpretato in senso più ampio e alla nostra capacità di intercettare l’imprenditorialità privata per innescare una formula sostenibile nel tempo.

    Qual è l’ostacolo più grande che volete superare?
    Ogni contesto sociale, urbano e amministrativo in cui siamo chiamati a sviluppare un progetto Pop Up Lab ha caratteristiche diverse. Non esiste una formula unica da copiare di Comune in Comune: questo comporta un enorme sforzo.
    Il nostro obiettivo non è annullare le differenze ma elaborare strumenti omogenei per rispondere a diverse esigenze con una logica intersettoriale, e questa fatica ancora  ad essere adottata dalla pubblica amministrazione.

    Fate parte di un network più grande di voi?
    Stiamo lavorando ad un network regionale, ma la rete è in espansione.

    Cosa avete intenzione di fare per creare un futuro migliore?
    Agli spazi spopolati manca uno scopo nel presente. Per questo non sono risorse per il futuro. Noi vogliamo restituire al futuro la possibilità di essere progettato attraverso la riappropriazione di luoghi e modelli di partecipazione. Comprendere il valore sociale delle attività commerciali nello spazio urbano può favorirne l’evoluzione e fornire ai cittadini nuovi contesti di interazione dove superare il senso di isolamento e solitudine.


     

    Note