BoomBox. Fuori la voce

voce

La canzone è in onda. Microfoni spenti, qualche istante per riprendere fiato.

La voce della regista in cuffia: “Un minuto!”, il richiamo di rito. Ma la voce non è solo quella di Giulia, con lei c’è Ilyes, che divertito le fa eco nel ruolo di apprendista regista: ormai l’ha imparato anche lui, quando la canzone è a un minuto dalla fine il regista richiama tutti all’ordine. Lo vedo dall’altra parte del vetro: mi guarda con un misto di furbizia e orgoglio.
A trenta secondi è solo la sua voce che sentenzia: “Trenta secondi!”.

Mi guardo intorno, accanto a me Mua cerca di riprendersi dopo aver intervistato un autore di fumetti in diretta, il viso infuocato, il respiro affannoso: “questa cosa della diretta mi mette un’ansia!”, di fronte c’è Raluca, intenta a leggere il fumetto Cosmo di Marino Neri, con noi in studio oggi.

I ragazzi sono emozionati e contenti, e improvvisamente un lampo di entusiasmo mi percorre il cervello: sta davvero succedendo qualcosa qui dentro.

Abbiamo iniziato solo da due mesi, e questa trasmissione a volte mi sembra più un percorso ad ostacoli che un progetto radiofonico, e ho anche pensato di mollare: troppo difficile, troppo ambizioso, troppo tutto. Lo scoramento è dietro ad ogni passo, Radio Città del Capo è una radio, appunto, non una scuola o uno spazio pensato per adolescenti: è difficile adattarci agli ambienti spesso ristretti e trovare un nostro ritmo.

L’idea è semplice: far sì che Muheddine detto Mua, Luca, Ilyes e Raluca siano parte della redazione di una trasmissione culturale, che partecipino scegliendo argomenti, canzoni, preparando interviste e audio registrati. SE! Paroloni dalla consistenza vana, partire con queste idee in testa e sbattere la faccia contro la realtà è difficile.

Certo, l’anno scorso abbiamo iniziato con interviste audio registrate e un po’ di lavoro di redazione. Ma tra l’aula e lo studio della diretta c’è un abisso. Dopo il primo pomeriggio passato insieme ai ragazzi, che come sempre in pochi minuti sono riusciti a smontare ogni mio piano, ho ricalcolato. Decido di ricominciare da un precetto semplice ed antico: una cosa alla volta. Allora niente lavoro di scrittura, niente ricerca di idee quando nemmeno hanno capito che trasmissione faremo, ripartiamo dalla voce, la loro voce.

Così la settimana successiva mi sono presentata con dei microtesti, e uno ad uno ho passato del tempo con loro in studio di registrazione. Pochi minuti a tu per tu e riconquisto campo, i momenti in studio diventano subito qualcosa di nostro. Perché relegare il lavoro con la voce ad un banale tecnicismo? Di fronte al microfono ci si apre un mondo, intonazione, scandire le parole, ritmo, timidezza, respirazione, postura, voce che si nasconde in un cassetto, esercizi di lettura. Quei momenti si trasformano in un prezioso scambio, e al tempo stesso in un momento di relax e di apertura in cui posso lavorare sulle loro rigidità, in cui ridiamo divertiti dell’ennesima volta che sbagliano a pronunciare la stessa parola, degli esercizi scioglilingua che li costringo a fare.

Sento di aver riconquistato un po’ della loro fiducia.

Da lì in poi, in maniera spontanea, è emersa l’esigenza di proporci a gran voce degli argomenti, di dissentire su alcuni proposti da noi (NO I CREATIVE COMMONS NOO), di dare per scontato che “in diretta le domande le faccio io?”. Fino a dei piccoli miracoli. Nel giovedì in cui preparavamo la puntata sul fumetto Mua dichiara: ho letto tutto Cosmo, è la prima volta nella mia vita che finisco un libro, se non fosse stato per voi non avrei mai letto. Io ed Elvira ci guardiamo, sappiamo entrambe che non ci scorderemo facilmente di questo momento. E poi, dopo aver raccontato a tutti il fumetto, sciorina una decina di domande che vorrebbe fare all’autore.

Raluca, il giovedì successivo, mentre parliamo di testi rap spiega a tutti cos’è un’allitterazione e anche che cosa c’entri l’accento tonico di una parola con la rima, portando ad esempio dei versi da una poesia di Ugo Foscolo.

Luca – che non ha un grande rapporto di amore con La Scuola – i giovedì pomeriggio si presenta in radio. Distaccato e con il suo boombox in miniatura pronto a sparare musica ad ogni momento, ma è lì.

E poi, ora che si avvicinano le vacanze, con sguardo allarmato Ilyes – che ha già dichiarato di voler prendere il mio posto alla conduzione della trasmissione – mi chiede: ma dopo Natale continuiamo vero?


BoomBox è la trasmissione curata da baumhaus, Mariagrazia Salvador e Giulia Candeloro. Ogni giovedì dalle 14.30 alle 15.30 su Radio Città del Capo si approfondiscono le tematiche che da sempre animano i progetti di baumhaus: culture underground (hip-hop, writing, street art), mediattivismo e licenze open, innovazione sociale dal basso, community organizing ed educazione non formale. Viene dato spazio a persone e a progetti che in qualche modo provano a dare una risposta al bisogno di costruire e diffondere un’idea di cultura accessibile e di qualità.

Ma BoomBox non è solo un programma, è anche un progetto educativo. La redazione stessa, infatti, è costituita da 4 ragazzi e ragazze under 16 – provenienti da diverse scuole del territorio bolognese e in particolare del Quartiere Navile – che in questi mesi stanno imparando a costruire una trasmissione radiofonica (regia, diretta, redazione, programmazione musicale).

BoomBox è un progetto nato e finanziato in seguito alla vittoria del bando cheFare.