La Spagna è stata la prima in Europa ad avere una legge quadro per l’economia sociale, nel 2011: oggi le imprese sociali lì sono 43mila e danno lavoro a 2,2 milioni di persone. Gli attori dell’economia sociale compongono il 10% del totale del Pil e contribuiscono al 12,5% dell’occupazione. La Spagna è anche l’unico Paese della Ue con una strategia nazionale 2022-2027 per lo sviluppo del settore, che è una delle nove leve politiche dell’Agenda 2030. Ora è anche il Paese che all’interno del Next Generation EU nazionale ha inserito il piano più sviluppato sull’economia sociale: negli 11 piani strategici (PERTE) del Plan de Recuperación Transformación y Resiliencia spagnolo, accanto all’auto elettrica, alla salute e alle energie rinnovabili ce n’è uno che vale 800 milioni di euro ed è dedicato all’economia sociale e al “care”, termine che comprende il welfare, i servizi sociali, l’assistenza alla persona. È il “PERTE Economía Social y de los Cuidados” (Perte ESyEC), un piano trasversale che ha l’obiettivo generale di promuovere e sviluppare l’economia sociale spagnola e del suo potenziale trasformativo, sviluppare servizi avanzati nel campo dell’assistenza, centrati sulla persona e creare un “Hub de Vanguardia”, un punto di riferimento nell’economia sociale al servizio del trasferimento e dello scambio di conoscenze con i soggetti dell’economia sociale, al servizio della cura. «Anche Romania e Irlanda hanno inserito l’economia sociale nei loro Pnrr, ma la Spagna è quella con il piano più sviluppato», commenta Victor Meseguer, direttore di Social Economy Europe. «Questo non vuol dire che l’economia sociale ha spazio solo in questo piano, ci sono tante altre opportunità nel Pnrr che sono aperte a tutti gli attori, penso per esempio al Perte sulla transizione energetica e alle comunità energetiche… ma questo piano è focalizzato sull’economia sociale».