Il secondo tempo della cooperazione di comunità: dal rammendo all’investimento
Il 28 gennaio a Bologna abbiamo presentato la ricerca Economie di luogo: fotografia e dimensioni qualitative delle cooperative di comunità realizzata da AICCON e promossa dalla Scuola delle cooperative di comunità con l’intento di dare evidenza pubblica alla pluralità di esperienze nate a livello nazionale grazie all’intraprendenza delle comunità. Una fotografia utile a potenziare il valore e i tratti peculiari di istituzioni dall’enorme potenziale trasformativo. Sotto la lente sono state messe 188 cooperative di comunità, di cui quasi 2 su 3 sono localizzate in un’area interna, ma con una presenza rilevante anche nelle aree periurbane. Imprese oggetto di un incremento «esponenziale» (in un triennio sono nate il 57% delle coop mappate). Queste organizzazioni declinano le loro attività in una pluralità di settori di intervento come il turismo (60%), la conservazione e tutela ambientale (47%) e l’agricoltura (38%). La democrazia non è solo una qualità della governance di queste imprese, ma anche un fattore d’innovazione, infatti, la quasi totalità delle cooperative rispondenti (93%) coinvolge i propri beneficiari nelle attività rivolte alla comunità. Una fotografia pragmatica e pensante che contribuisce a rendere più concreto e reale un movimento dal basso che merita di esser accompagnato nel cuore dello sviluppo e non lasciato ai margini per poi essere raccontato come narrazione “eroica”.
L’innovazione sociale che plasma nuove “istituzioni trasformative”.
Oltre al valore intrinseco dei dati quali-quantitativi ricercati, la spinta per la realizzazione di questa ricerca risiede nel desiderio di condividere conoscenza su una nuova morfologia istituzionale che non possiamo certamente definire recente (la Valle dei Cavalieri di Succiso nasce nel 1991) ma certamente emergente, anzi emergentista, ossia capace non solo rispondere all’urgenza dei bisogni, ma di cambiare la realtà e le relazioni fra i diversi soggetti in campo. Il tratto emergentista di queste imprese chiama in causa una delle caratteristiche più rilevanti e preziose osservate: la tensione trasformativa. La ricerca ci restituisce l’evidenza di una vera e propria “innovazione istituzionale”, capace di esplicitare in maniera compiuta, cosa sia concretamente una innovazione sociale trasformativa che prende le sembianze di un’istituzione economica: un’impresa che agisce con “la coscienza del noi” e che si dimostra efficace nel ridisegnare in maniera inclusiva i sistemi di potere, di partecipazione e di redistribuzione del valore.
La necessità di aggiornare una fotografia in continuo movimento.
Il contributo parte da una mappatura (faticosa) e da evidenze empiriche quantomai necessarie per poter cogliere gli elementi evolutivi di una moltitudine di progettualità che fanno dell’eterogeneità il loro tratto comune. Era necessario recuperare elementi “di realtà”, una fotografia aggiornata d’imprese che a causa dell’epoca che stiamo vivendo (ricostruzione e transizione) e per la loro particolare missione, risultano particolarmente preziose e scarse. Una missione che, come la ricerca ha evidenziato, si attua nella creazione di valore in contesti vulnerabili attraverso una reale intraprendenza mutualistica. Il mutualismo si osserva non appena nella capacità cooperativa di rispondere ai bisogni, ma anche e soprattutto di mutualizzare “risorse latenti e spesso invisibili” a Stato e mercato. In questo senso colpevole appare la tendenza diffusa a derubricarle come “esperienze di nicchia” poiché rappresentano soggettualità economiche, naturalmente capaci di creare un valore aggiunto differenziale: legare l’attivazione e creazione di comunità a processi di sviluppo misurati da lavoro, servizi e cura. Un meccanismo generato e governato dai portatori dei bisogni e non da istituzioni benevolenti.
Preservare il fattore comunitario dal crescente “community washing”
La cooperazione di comunità che emerge dalla fotografia di AICCON, nella sua fragilità, è in grado di portare le prove che “si può fare” e che il fattore comunitario riveste una centralità assoluta tanto nella politica quanto nell’economia, in quanto elemento “istituente” di nuovi meccanismi di creazione del valore. Un interesse che si dilata, come certificano il fastidioso “..bla bla bla di comunità” o il riposizionamento (legittimo) del capitalismo intorno a nuovi paradigmi definiti di “community capitalism”. Si assiste, infatti, ad un crescente uso strumentale della comunità, un processo di “community washing” che ci segnala tanto i rischi quanto la rilevanza della partita che stiamo giocando. Per questo motivo la rilevazione si è intenzionalmente orientata alle sole “cooperative”, per enfatizzare la specificità che, di fatto, l’ha resa possibile. L’impresa di comunità nasce cooperativa perché sono il mutualismo e la democrazia a renderla possibile.
Una nuova fase per la cooperazione di comunità.
Se guardiamo alla sempre più diffusa normativa a livello regionale (13 regioni han già legiferato) e alle proposte di legge a livello nazionale, se guardiamo alle finalità a cui son orientate le risorse del PNRR ed i bandi Europei (FESR in particolare), se guardiamo al rinnovato protagonismo e alla spinta dei piccoli comuni, se guardiamo alle risorse che le fondazioni bancarie stanno orientando verso la rigenerazione comunitaria, se guardiamo alle start up e alle competenze che si stanno proponendo per accompagnare processi di “community building”… beh si capisce che siamo in una fase nuova: il secondo tempo della cooperazione di comunità. Una fase che necessità di una consapevolezza e di una responsabilità diversa, di un ambiente favorevole fatto di politiche di sviluppo capaci di incoraggiare una nuova generazione di imprenditori di comunità e di amministratori capaci di ridisegnare tanto le aree interne quanto le terre di mezzo che le dividono dalle città. La trasformazione della spesa pubblica in investimento di comunità deve iniziare a diventare un priorità, non può essere più rinviato.
Per scaricare ricerca: https://www.aiccon.it/economie-di-luogo-fotografia-e-dimensioni-qualitative-delle-cooperative-di-comunita/