In parte attraverso i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in parte attraverso fondi ordinari (Legge Finanziaria), è stata avviata una politica che mira ad incrementare considerevolmente il numero di Asili Nido nel nostro Paese. L’obiettivo è garantire, entro il 2027, che il 33% dei bambini possa avere accesso al nido sull’intero territorio nazionale.
Nella divulgazione di tale attività, grande attenzione è stata posta agli effetti economici ed occupazionali che la presenza di un maggior numero di asili nido sul territorio può favorire.
Sono chiare in tal senso le dichiarazioni che il Ministro per l’Istruzione, il Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia e il Ministro per il Sud hanno rilasciato nel corso della presentazione congiunta delle azioni e dei primi avvisi del PNRR Istruzione.
Parlando delle azioni destinate agli asili nido, particolare enfasi viene riservata proprio alle ricadute economico-sociali che l’incremento degli asili nido sul territorio nazionale potrà generare. Così Bianchi, che sottolinea che le attenzioni devono essere rivolte agli asili nido “perché il rischio di una disuguaglianza parte dagli 0 anni”. Così Bonetti, che evidenzia che colmare il gap in termini di dotazioni di nido, riduca da un lato “una diseguaglianza nel percorso educativo” e dall’altro una mancanza di strumenti a sostegno della crescita demografica: “meno abbiamo servizi educativi, meno abbiamo gli strumenti per sostenere la genitorialità”. Così infine anche Carfagna, che con ancora più chiarezza sottolinea come le azioni nei riguardi del nido riguardino “Non solo sulla qualità dell’educazione e della formazione dei più piccoli, ma anche sulla possibilità delle donne di cercare e trovare e mantenere un impegno professionale. Non è soltanto una questione di equità sociale, ma è anche una questione di crescita, sviluppo e benessere economico.”
Pur essendo ben più che note e fondate tali premesse, può essere tuttavia importante inserire il processo di sviluppo degli asili nido all’interno di un più ampio quadro di sviluppo umano, culturale e sociale.
Soprattutto, considerare i differenti tempi di realizzo che le azioni volte a sviluppare risorse immateriali presentano rispetto ad altre tipologie di risorse.
L’incremento degli asili nido nel nostro Paese, volto a colmare non solo il gap che c’è tra nord e sud, ma anche tra le dimensioni urbane e le aree interne, può presentare sicuramente degli impatti di breve periodo sul sistema territoriale, con particolare riferimento alle dinamiche occupazionali e, sebbene in misura minore, anche sulle dinamiche demografiche.
È chiaro che questi effetti saranno pur sempre “condizionati”: affinché si possano manifestare nel loro completo potenziale è opportuno ricordare che sarà necessario agire anche sul riequilibrio tra la domanda e l’offerta di lavoro, in assenza del quale, gli impatti saranno necessariamente viziati al ribasso, o, in alternativa, sarà possibile assistere ad effetti solo di breve periodo.
Se l’attenzione verso gli asili nido si concentra dunque soltanto sui loro effetti occupazionali, il rischio è che terminati tali effetti di breve termine, il valore loro attribuito, tanto dalla collettività, quanto dai comparti amministrativi del nostro Paese, tenderà ad avere un trend decrescente.
Una tale condizione andrebbe ad inficiare in modo significativo l’intero sistema degli asili nido da un punto di vista territoriale, in quanto andrebbe a sommarsi alle difficoltà, anche di risorse finanziarie, che bisognerà affrontare quando il grande flusso di fondi straordinari garantiti dal nextgenerationEU lascerà necessariamente spazio ad un periodo di maggiore rigore comunitario, con i ben noti richiami in termini di riduzione delle spese correnti che l’Unione Europea da tempo ci indirizza.
In questo scenario, diviene dunque essenziale comprendere il ruolo che gli asili nido giocano nella formazione di una nuova tipologia di società civile.
Pur non essendo diretta competenza di chi scrive, è pacifico affermare che la letteratura scientifica di praticamente tutte le discipline che indagano l’età evolutiva concorda nell’affermare che durante il periodo 0-2 anni gli esseri umani presentano notevoli capacità di sviluppo, e non solo nelle dimensioni psico-motorie e del linguaggio, ma anche nelle dimensioni sociali e in quella che alcuni autori definiscono come identità culturale ed interculturale.
Promuovere la piena consapevolezza del ruolo che gli asili nido ricoprono nello sviluppo sociale della nostra futura democrazia e dei rapporti interpersonali che la caratterizzeranno, diviene dunque un’azione essenziale, anche e soprattutto per quei territori in cui gli effetti occupazionali delle azioni oggi intraprese saranno meno visibili.
Tolto lo stimolo “al riprendere a lavorare”, infatti, e senza un’adeguata conoscenza sul ruolo che il nido rappresenta per lo sviluppo del bambino, si potrà correre il rischio anche di un paradossale calo della domanda da parte delle famiglie o, nel migliore dei casi, di fronte ad una domanda che si basi principalmente sulle esigenze dei genitori che dei figli.
Al contrario, sviluppare politiche che tengano conto sia del fattore sistemico-territoriale sia del fattore culturale e identitario delle future generazioni, permetterebbe di evitare un mis-utilizzo del nido, con un potenziale incremento, inter-alias, anche di risposte autonome alle condizioni territoriali del mercato del lavoro.
Una condizione così evidenziata, vedrebbe nell’asilo nido un centro fondamentale dell’interesse della collettività; un interesse a partire dal quale potrebbero innescarsi anche azioni di importante collaborazione tra tutte le principali dimensioni della società civile. Cittadini, terzo settore e imprese potrebbero così creare nuove forme di collaborazione per soddisfare quello che in fondo è uno degli istinti più forti della nostra specie: difendere le future generazioni durante quello che è il periodo di “infanzia” più lunga tra tutte le specie animali.
Gli effetti benefici di tali potenziali collaborazioni sociali sarebbero plurimi: partendo da uno dei valori tra i più fondanti della nostra specie, si potrebbero infatti avviare meccanismi di partecipazione in grado di essere replicati anche in altri settori della nostra vita democratica, incrementando la percezione della responsabilità individuale e collettiva e riducendo quindi il fenomeno della delega di responsabilità e riduzione del comportamento prosociale sottolineato da alcuni antropologi e sociologi.
Probabilmente, i vantaggi di tali dinamiche sarebbero tali da rendere forse opportuno avviare riflessioni su come “agevolare” sin da subito tali fenomeni, piuttosto che attendere che questi si formino in maniera spontanea, e che siano oggetto di “normazione restrittiva”.