Sergio Dogliani: il caso Idea Store

L’esperienza di Idea Store a Londra offre molteplici sollecitazioni per ripensare alle necessità della fruizione culturale; un pratica, considerata da anni modello internazionale, che interroga le finalità delle istituzioni in relazione alla loro accessibilità.

Tower Hamlets, a Londra, è un trafficato quartiere dell’East End: un’area centrale seppure economicamente fra le più disagiate della città, con alto tasso di analfabetismo, concentrazione demografica crescente e ampia presenza di residenti con forte background migratorio. 
All’interno del quartiere, le biblioteche presenti ancora vent’anni fa risultavano essere fra le meno frequentate della città; e se altrove, ancora oggi, anche in Italia, certi dati paiono arrendersi di fronte alle reali priorità dei possibili (eppure mancati) utenti, a Londra, il Tower Hamlets Council nel 2000 ha scelto di porsi in ascolto delle loro motivazioni.
 Fra le azioni che hanno portato alla creazione del primo Idea Store di Bow nel 2002, c’è infatti una strutturata consultazione fatta su un campione di 600 residenti rappresentativi delle diversità del quartiere. A questi viene chiesto di identificare le barriere presenti, gli interessi e i bisogni rispetto alle specificità delle biblioteche già esistenti. L’82% degli intervistati è potenzialmente interessato a questi luoghi ma non li frequenta; comprenderne in modo accurato le ragioni rappresenta la prima azione di una strategia di riqualifica.
 Questo confronto è l’inizio di un processo basato sulla fiducia che, a partire dalla premessa di domande oneste, si rende disponibile, in una fase successiva, alla propria messa in discussione; un passaggio centrale alla successiva diffusione del progetto, coerente ad ambizione di tipo etico. In questo senso Idea Store si distingue nettamente dal progressivo diffondersi di molte proposte culturali odierne che si appellano alla partecipazione ma senza metterne a disposizione la fattibilità delle risposte che può essere capace di offrire a fronte, soprattutto, della capacità di saper pienamente accettare le competenze e i bisogni dei propri interlocutori.

Idea Store nasce così in cambiamento, dopo due anni di collaborazione con i residenti locali, con forte orientamento ai concetti di lifelong learning e accesso all’informazione.

 Gli attuali cinque Idea Store presenti nel quartiere sono aperti sette giorni su sette, collocati strategicamente in aree commerciali ad alta frequentazione, in spazi architettonicamente confortevoli, con aree informali per la socialità. Inoltre sono caratterizzati da un brand forte che ne ridefinisce completamente il nome (non più solo “Library” ma “Idea Store”) e il servizio, inteso massimamente accessibile alla diversità di pubblici presenti nell’area di riferimento. 
“Idea Store combina due aspetti fondamentali, quali il leggere e l’istruirsi, in maniera sinergica. Inoltre, Idea Store rappresenta il centro principale di informazione per il comune di Tower Hamlets e offre una serie di altre proposte affini che contribuiscono alla definizione di un concetto molto ampio di servizio culturale. Ogni Idea Store, infatti, comprende la caffetteria, una galleria d’arte, spazi per concerti e performance teatrali, incontri con autori e molto altro. Il principale ideale che ci prefiggiamo è di essere molto accessibili e aperti a tutti” dice Sergio Dogliani, direttore e ideatore, che intervisto a distanza di quattro anni dalla prima volta in cui l’ho incontrato.

“Rispetto alla mia esperienza è importantissimo non considerare solo gli utenti già interessati al servizio ma pensare chi sono gli utenti in generale. Quelli che mi interessano di più, infatti, sono proprio coloro che in biblioteca non verrebbero a meno che tu non scelga di facilitare loro l’ingresso”.
 Facilitare, dunque: le considerazioni raccolte durante la prima consultazione hanno permesso così di comprendere che le persone desideravano orari di apertura più lunghi, più libri, maggior accesso libero. 
Un altro elemento chiave è l’esigenza diffusa di aggiornamento formativo e professionale e sui temi della salute che si trasforma, all’interno degli Idea Store, in una traccia riconoscibile, mutuata anche dall’esperienza diffusa dei centri di formazione. La qualità dell’approccio umano a partire dalla formazione dei dipendenti (la loro diversità e provenienza, spesso rappresentativa dell’utenza che si vuole raggiungere) rappresenta un ulteriore elemento chiave di uno spazio culturale che supporta il coinvolgimento e l’empowerment.

La biblioteca cambia forma e persino nome, acquisendo la consapevolezza che quell’immaginario era respingente proprio per il pubblico che avrebbe voluto accogliere: “Il nostro obiettivo è quello di rendere questo luogo uno spazio di accoglienza, attivando una serie di strategie e politiche di aggregazione che rimuovano le barriere, qualsiasi sia lo stato sociale, la provenienza culturale, l’età, il passato delle persone che ci frequentano, in modo tale che chiunque venga qui si senta a proprio agio”.
Viene così da chiedersi, anche per altre istituzioni culturali, quali siano le pratiche che consentano di ridefinirne gli usi in modo intelligente, approcciando nuove forme senza per questo snaturarsi nelle finalità. Scelte che se da un lato muovono dal punto di vista del fruitore, dall’altro non cadano negli equivoci di una partecipazione forzata dagli obiettivi confusi. Nel caso di Idea Store, forti di una mission chiarissima, le scelte appaiono tutte coerenti. Fra le iniziative più recenti risulta esserci un focus ancora più stringente sui temi legati alla salute e al lavoro, in collaborazione con gli operatori sanitari locali: “Abbiamo creato una nostra Health Strategy nella quale spieghiamo alle persone come possiamo aiutarle a stare bene sia dal punto di vista fisico che della salute mentale” secondo un approccio che comunque tiene conto anche degli studi, sempre più diffusi, che pongono in relazione cultura e benessere.

Nel maggio 2013 apre quello che, ad oggi, è l’ultimo Idea Store. Si tratta del Watney Market all’interno del quale viene introdotto sperimentalmente uno sportello unico di servizi al cittadino dove i residenti possono svolgere pratiche amministrative. La scelta, racconta Dogliani, è dettata anche dalla precisa necessità di razionalizzare gli edifici comunali sparsi per i territori e “localizzare in luoghi comuni alcuni servizi”.

Il progetto, che lascia intendere anche la possibilità di coinvolgere una nuova utenza risulta tuttavia da ottimizzare. “C’è un problema di base nel mettere assieme due elementi così diversi. Idea Store è un posto dove tu vai per scelta. Se hai una o due ore libere, che tu sia una mamma, un anziano, un disoccupato, un professionista, se vai a Idea Store troverai molte cose interessanti da fare: potrai prendere un libro in prestito, seguire un corso di cucina, andare ad un incontro con un autore, portare i bambini a sentire delle storie. In ogni caso sceglierai tu di andarci. Allo sportello unico invece ci vai invece per necessità: per fare la richiesta del parcheggio, per pagare una multa, per ricevere un sussidio”. 
Nel racconto di Dogliani emerge come la vera barriera non sia letteralmente la porta di ingresso: “l’esperienza di gestione dello sportello unico è ugualmente molto interessante sul fronte dell’accessibilità. Persone non interessate all’Idea Store, costrette ad entrarci per questioni inderogabili non è certo perché varcano quella soglia che poi ci restano. La loro tensione resta focalizzata su altro e quella stessa tensione può rovinare l’atmosfera. Quello che ora ci occorre è fare un lavoro di assimilazione, lavorare su un approccio anche nel modo di fare che deve essere, come quello di Idea Store, molto rivolto al pubblico. Questo tema ha anche a che fare con l’architettura degli spazi. L’utente è il re”.

Per questa ragione l’esperienza dello sportello unico verrà comunque ampliata anche a altri Idea Store ma con l’impegno ad assumersene direttamente la gestione: trattando tutti gli utenti allo stesso modo e parallelamente offrendo molti più servizi amministrativi online così da abbassare il rischio di conflitti affinché l’esperienza di questo luogo sia per tutti positiva.

L’obiettivo ruota sempre intorno agli impatti che possono essere positivi solo laddove le persone si sentono a loro agio. Dice Dogliani: “Noi abbiamo modo di valutare gli impatti attraverso l’Equality Impact Assessment che misura ogni iniziativa dal punto di vista dell’impatto qualitativo. Ad esempio, se tu offri un’iniziativa rivolta agli anziani ogni mattina, dal lunedì al venerdì, che impatto avrà sui non anziani? Abbiamo delle linee guida che ci consentono di capire, azione per azione, quali pubblici rimangono esclusi. Se, a una certa ora, organizzerai un’attività per le famiglie, chi volesse solo andare a leggere il giornale potrebbe trovarsi a disagio in un ambiente pieno di bambini. In questo senso, l’Equality Impact Assessment permette di misurare l’impatto generato e di ragionare anche sui risvolti negativi. Di conseguenza è importante usare una serie di strumenti che consentano di capire come ogni decisione generi, in una direzione o nell’altra, una reazione”.

Questo avviene anche grazie alla presenza di una rete più che, come dice Dogliani, “un edificio che funga da faro”: l’esistenza di 5 Idea Store nel quartiere più due biblioteche tradizionali che operano seguendo il modello racconta di un quartiere che cambia perché vede cambiare la qualità della vita delle persone che lo abitano e, non a caso “soltanto il 10 % degli utenti vivono altrove pur lavorando nella zona”.

Come per qualsiasi esperienza, seppure già esemplare anche per diverse realtà italiane, la sua centralità merita di essere riposta nelle domande che sollecita; come spesso in questi casi, infatti, ad alcuni, verrà da appellarsi alle scarse risorse, ad altri al pregiudizio di chi è resistente all’esempio di altre geografie.
Quello che insegna più di tutto Idea Store è piuttosto la complessità di un sistema che non lascia nulla al caso, persegue una progettazione articolata perché capace di assegnare valore all’etica e alla messa in discussione.