Ecosistemi multiformi e informali per generare partecipazione

Quando, come Campomarzio, abbiamo avviato i colloqui con l’amministrazione comunale di Trento per progettare e avviare il percorso partecipativo che avrebbe coinvolto la comunità cittadina nel definire le linee guida per la progettazione dell’area di 16 ettari che verrà liberata dall’interramento della ferrovia, lo abbiamo fatto (anche) con l’intento di trasformarla in un’occasione di ricerca sulla partecipazione stessa. Dopo dieci anni di attività ed alcune esperienze pregresse, il percorso ci è parso un’opportunità per capire e vedere, all’interno dei progetti di rigenerazione urbana e nelle occasioni di dibattito pubblico in cui si parla di città e di futuro, dove sta il limite delle metodologie, del design di processo e della stessa partecipazione per come la conosciamo.

In questo breve rendiconto, a dieci mesi dall’avvio del percorso e a due dalla sua conclusione, proviamo a fare una nostra prima riflessione, aperta e non finita, su cosa significa fare partecipazione, oggi, nel 2023.

Il contesto nel quale abbiamo sperimentato e poi analizzato i primi risultati è quello di SUPERTRENTO, un processo condiviso di progettazione e pianificazione strategica aperto alla cittadinanza, che è iniziato nel dicembre 2022, per concludersi nel dicembre 2023. Il percorso è caratterizzato da una struttura basata su tre step incrementali che inducono all’azione secondo tre diverse modalità: informati, immagina, partecipa. È dunque articolato in una prima fase il cui scopo è informare le persone dell’esistenza del percorso e del contenuto di ciò che la comunità è chiamata a ripensare, una seconda fase in cui i temi sono affrontati con testimoni e buone pratiche al fine di stimolare l’immaginazione e una terza fase (che si svolgerà tra la fine di ottobre e metà novembre) in cui le persone saranno chiamate a dare concretezza ai vincoli, alle aspettative, ai desideri rispetto a questa grande area di 16 ettari, nel centro di Trento, che si libererà con l’interramento della ferrovia. Il mandato conferito alla comunità dalla stessa amministrazione comunale è allo stesso tempo ampio e stringente: le linee guida che risulteranno dal percorso saranno la base a partire dalla quale l’amministrazione bandirà i concorsi di progettazione per la redazione dei masterplan delle diverse zone in cui potrà essere suddivisa l’area.

Questo percorso, così strutturato, ha prodotto ad oggi 1100 persone “attive” (ossia che hanno partecipato ad almeno un’attività) di cui 765 che hanno partecipato ad almeno un’attività in presenza e altre che hanno partecipato sicuramente ad un’attività online. Indipendentemente dal giudizio sui numeri della partecipazione (che ridurrebbe la riflessione alla domanda: sono tante o poche 1000 persone in un contesto come Trento?), come abbiamo raggiunto questo numero? A cosa stanno partecipando esattamente le persone? Cosa consideriamo partecipazione e cosa no?

Nel corso dei primi cinque mesi di percorso abbiamo incontrato oltre 600 persone. Non tanto e non solo durante gli incontri strutturati ma soprattutto chiedendo alle persone di poter partecipare ai loro eventi e proponendo di adattarci alle disponibilità di ognuno. In questo modo si è svolto uno degli incontri – a nostro parere tra i più belli – della prima fase del percorso: su invito di un’associazione che si occupa di progetti socio-culturali in una zona residenziale popolare e piuttosto marginale a nord della città, abbiamo partecipato all’assemblea di presentazione delle loro attività per l’anno nuovo. È stato un momento di confronto non strutturato e non pianificato che ci ha fatto uscire dalla zona di comfort che un incontro organizzato da noi avrebbe assicurato. Tuttavia, proprio per questo motivo, l’evento ha generato spontaneamente molte domande centrate su questioni reali, sollevando preoccupazioni espresse in modo sincero e offrendo la possibilità di un confronto stimolante, diretto e molto concreto. Incontri di questo tipo, “quasi frontali” e poco strutturati, si sono dimostrati molto efficaci e il motivo, secondo noi, è legato al fatto che in questo frangente storico pensare di trovare il tempo e lo spazio adeguato per coinvolgere tutti allo stesso momento e nello stesso modo in pochi “laboratorio-evento” è difficile perché ognuno di noi vive in un flusso di impegni improrogabili. Abbiamo capito che coinvolgere le persone in un percorso significa più che altro progettare momenti informali e non troppo ufficiali che possano essere collocati e inglobati da altri percorsi. In altre parole che le occasioni per la partecipazione, da eventi-laboratorio organizzati in pochi momenti prefissati, si debbano trasformare in una rete articolata di micro-incontri di informazione, riflessione e discussione, disseminati e ibridi, capaci di adattarsi e riadattarsi continuamente agli interlocutori.

Questa prima riflessione ci ha poi portato ad interrogarci sull’incontro di co-progettazione in sé e sulle dinamiche che innesca a chi richiede di prendere parte. Giunti ad una fase intermedia di sperimentazione di un percorso totalmente orizzontale (il percorso non ha previsto tavoli paralleli con realtà selezionate ma una partecipazione aperta a chiunque), abbiamo capito che probabilmente l’evento-laboratorio, in fin dei conti, da solo non è più sufficiente. Viviamo immersi in una realtà stratificata e complessa, che ci impone di negoziare e rinegoziare continuamente la nostra identità per essere da un lato individui e dall’altro parte delle comunità cui afferiamo. E questo, all’interno di un percorso partecipativo e orizzontale come SUPERTRENTO, richiede, ad ogni incontro, ai partecipanti – ma in egual modo anche agli organizzatori- di mettere in campo la capacità di esserci, di dire la propria, di far emergere gli argomenti e i contenuti che si ritengono importanti, mettendo in discussione e ridefinendo la propria esperienza e il proprio punto di vista, al di lá di ruoli o identità predeterminati. E, nell’affaticamento generale dei tempi che stiamo vivendo, fare questo è difficile. Lo è stato per i professionisti locali, abituati a forme di coinvolgimento quali i tavoli tecnici ufficiali, capaci di tutelare il loro ruolo e la loro identità professionale, pur generando – a detta degli stessi – una certa frustrazione per la mancata efficacia di tale strumento di coinvolgimento nel produrre effetti e cambiamenti concreti. Ci sono stati molti tecnici e professionisti che, all’avvio del percorso, non hanno saputo orientarsi in una forma di organizzazione del tutto aperta e orizzontale che avrebbe consentito ad ognuno pari opportunità e pari diritti ma avrebbe imposto di ridefinire e rinegoziare sul campo – attraverso il percorso e non a prescindere da esso – ruoli, competenze, opinioni. Allo stesso tempo lo è stato, ma in maniera diversa, per i movimenti NO TAV. Si è trattato di attivisti abituati ad una partecipazione orizzontale, anche se molto più militante, che hanno trovato nel partecipare al percorso una possibilità di affermare il loro ruolo antagonista non più “fuori” e “contro” a prescindere ma anche dentro ad un dibattito in cui le posizioni possono essere e rimanere diverse ma si esplicitano e trovano il luogo del confronto attraverso un minimo riconoscimento reciproco. Partendo dall’analisi della prima fase di percorso e dalle reazioni di chi ha partecipato, siamo giunti alla conclusione che un percorso, per essere davvero partecipativo ed inclusivo, debba offrire momenti, modalità e livelli di coinvolgimento diversi tra cui poter scegliere. Per questo abbiamo interpretato il nostro ruolo e il percorso SUPERTRENTO anche come un’infrastruttura di piccoli eventi con setting, tempi, obiettivi diversificati in cui ognuno potesse trovare il momento più consono per esserci e per dare il proprio contributo, andando a formare, incrementalmente, una comunità molteplice e differenziata all’interno della quale tutti potessero ritrovare quella zona di comfort che consente di dire la propria e di aprirsi al confronto.

Riflettere e concentrarci sull’informale per cercare di rendere i contenuti posti alla base della discussione il più possibile accessibili ed inclusivi, ci ha portato ad investire sullo spazio della partecipazione, inteso come luogo fisico ma anche digitale. Uno spazio ibrido che secondo noi dovrebbe contenere il senso stesso del percorso, riuscendo ad articolare ogni informazione su livelli di approfondimento differenti, per pubblici diversi, e trovando il modo, nelle immagini come nella grafica, di essere coinvolgente, per far sì che le persone partecipando, avessero la consapevolezza di prendere parte a qualche cosa di bello, chiaro e il più possibile condiviso.

Provando dunque a riassumere un primo parziale ragionamento sulla partecipazione ai percorsi di rigenerazione urbana, ad un paio di mesi dalla conclusione del percorso SUPERTRENTO, emerge secondo noi l’esigenza che l’ambiente e la condizione più idonea per sviluppare questo tipo di processi potrebbe assumere la forma di un ecosistema multiforme, ibrido, non finito ed informale. Questo perché, forse, i percorsi che oggi hanno come obiettivo quello di coinvolgere le persone nell’immaginare i quartieri, i luoghi e le città, potrebbero avere le stesse necessità che molto spesso emergono come aspettative per i luoghi stessi: essere aperti in tempi diversificati e continuativi, avere un’identità che li collochi a livello locale e allo stesso tempo li abiliti a dialogare con un contesto più ampio, proporre un linguaggio che connette temi e persone lasciando emergere un tono di voce inclusivo e anche un po’ “pop”, non rinunciando a contenuti più tecnici e professionali dove è necessario. Proporre forme di aggregazione che ibridano la conferenza con la passeggiata, il dj set con l’incontro istituzionale per provare a fare anche ai giorni nostri, di una delle più alte forme di cittadinanza, un qualche cosa di cool per la quale la non partecipazione venga invece percepita come un’occasione persa.

 

Immagini di copertina e interne: ph. Nicola Cagol