Riforma del Terzo Settore e amministrazione condivisa: una sfida ancora da giocare

Ogni riforma legislativa che comporta un cambiamento di paradigma richiede anni per rilasciare i suoi effetti, tanto per la necessaria messa a punto degli strumenti attuativi, quanto per i tempi insiti nell’evoluzione dei modelli organizzativi, che non possono evolvere se non grazie alla pratica e che richiedono di essere accompagnati da un percorso di sensibilizzazione e partecipazione. Non fa eccezione la riforma del Terzo Settore con l’introduzione del Codice del Terzo Settore (d. lgs 117/2017, di seguito abbreviato in CTS): benché siano passati più di sei anni dalla sua adozione, la sua piena attuazione – e in particolare la piena attuazione dell’articolo 55, che istituisce una nuova modalità di interazione del cittadino con la pubblica amministrazione – si trova ancora in una fase sperimentale, evidenziando come sia necessario un percorso di accompagnamento a quello che costituisce a tutti gli effetti un cambio di prospettiva nei rapporti tra Stato e società civile organizzata.

Ma non si tratta solo di procedere nell’emanazione di regolamenti attuativi e nella definizione di strategie organizzative, bensì anche di accompagnare la riforma creando un clima culturale favorevole, un linguaggio condiviso, un terreno in cui l’attuazione del dettato legislativo viene resa più semplice dalla consapevolezza degli attori in gioco sul senso, sul valore e sul positivo impatto per tutte le parti in causa dell’adozione degli istituti dell’amministrazione condivisa. Si tratta cioè di superare una diffidenza profonda, quella che – da una parte e dall’altra – vede nell’istituto dell’amministrazione condivisa un potenziale “inganno”: dal punto di vista degli amministratori, un modo per gli ETS di aggirare le regole di mercato; dal punto di vista degli ETS, un modo per scaricare sulla cittadinanza organizzata alcune delle responsabilità in capo a chi governa.

Se è vero che co-programmazione e co-progettazione non sono una novità assoluta né nell’ordinamento italiano né nella pratica, l’articolo 55 introduce tuttavia due elementi che modificano profondamente la concezione di questi istituti, da un lato estendendoli a tutti gli ambiti di interesse generale e dall’altro considerandoli una pratica ordinaria, non eccezionale o limitata a casi specifici. La riforma del Terzo Settore ha introdotto un punto di svolta: il passaggio da un sistema verticale tradizionale di fornitura di servizi, ad un sistema orizzontale di collaborazione e condivisione.

Questo presuppone un cambio di prospettiva fortissimo: il soggetto di Terzo Settore non è più un fornitore della PA, non è più un esecutore, bensì un alleato con cui costruire una sinergia sulla base di obiettivi comuni e per rispondere ad uno stesso bisogno, nell’“interesse generale”.

 

Immagine di copertina di Markus Spiske su Unsplash