La cultura non è turismo. Dopo la designazione di Procida capitale 2022
Ogni nuovo anno porta con sé la designazione di una nuova Capitale della cultura italiana per l’anno successivo. Questa volta (2022) toccherà a Procida, e all’annuncio è seguito il solito rito di esultanze scomposte. Eppure abbiamo già visto fallire la conversione di Torino da città industriale a città culturale: nonostante i miliardi spesi per le Olimpiadi invernali del 2006, e il loro triste lascito di attrezzature sportive e non abbandonate o sottoutilizzate, nonostante l’inutile Torino 2008 World Design Capital, nonostante l’investimento milionario nelle Officine Grandi Riparazioni e l’attivismo di CRT e Compagnia di San Paolo, Torino era, sotto il profilo culturale, molto più produttiva e vitale quando le sue ricchezze erano legate alla fabbrica che dopo anni di politiche di “innovazione culturale”. A Milano abbiamo osservato come la visione posticcia di un’Expo a zero cubature, tutta orti e giardini, ispirata a Slow Food, presentata nel 2010 al BIE (il Bureau International des Expositions responsabile per le Esposizioni Universali), sia stata poi tradotta nel solito display di padiglioni tamarri e spettacoli scadenti e folle stremate e imbesuite che ricorre ogni cinque anni a Shanghai o Dubai, e come il famoso parco promesso in eredità sia diventato nei rendering una selva di palazzoni etichettati come futura Smart City, e come infine lo stesso Modello Milano che ne è scaturito si sia rivelato una gigantesca macchina della diseguaglianza.
disegno di otarebill