Lipovetsky: il culto dell’autentico? Una falsità consumista

Ci sono alcuni filosofi e sociologi che hanno lasciato un’impronta decisiva nella descrizione dei mutamenti della società occidentale contemporanea: come l’americano Cristopher Lasch che con il saggio La cultura del narcisismo uscito in America nel 1979 ha narrato uno degli aspetti più caratteristici della psicologia dell’uomo postmoderno. Amato dai conservatori cristiani ma anche dai democratici, tanto da essere citato dal presidente Carter, Lasch ha scritto pagine illuminanti sull’individualismo crescente dei suoi connazionali. In questa cerchia non si può naturalmente dimenticare La modernità liquida di Zygmunt Bauman, libro uscito nel 2000 e divenuto ormai luogo comune, e il successivo L’amore liquido del 2003, in cui il pensatore d’origine polacca applicava la sua analisi al mondo delle relazioni affettive. Di società ipermoderna e iperconsumistica e di estetizzazione del mondo ci parla invece da decenni il filosofo francese Gilles Lipovetsky, a partire dal volume L’era del vuoto del 1983 fino al recentissimo La fiera dell’autenticità da poco tradotto per i tipi di Marsilio (pagine 400, euro 20).