La leggenda di Nicanor Parra

Ci sono almeno dieci gradi di differenza tra Santiago e la cittadina costiera di Las Cruces. Il sole che nella capitale ti incolla la maglietta alla pelle, comincia a sparire a mano a mano che la strada abbandona le Ande per addentrarsi tra vigneti e prati, costeggia il litorale e approda infine in quel paesino balneare di tetti aguzzi e strade vuote che sembra una Rimini fuori tempo, però in versione sudamericana e pretenziosa: con i negozi scarni e vuoti e le bandiere che si agitano perché non basta il sole che è sparito, c’è anche un vento umido che fa piegare gli alberi e increspa il mare di ondine bianche e burrascose: un mare azzurro cupo, ostile. È solo di recente che il tempo è cambiato, a Las Cruces, e il clima rovente dell’estate di qualche anno fa si è trasformato in quell’autunno freddo che si vede adesso. Così, almeno, mi dice il tizio intabarrato in un giubbotto a vento che mi accompagna per un tratto lunga la strada larga e anonima che sale e scende fino alla spiaggia bruna in mezzo a un arco di rocce. Camminiamo, poi, a sinistra, proprio all’inizio del sentiero che si affaccia sulla spiaggia, ecco la casa del quasi centenario poeta Nicanor Parra, la leggenda, che vorrei intervistare.

Dovrei bussare alla sua casa e aspettare che lui, se ne ha voglia, si affacci alla finestra e decida se aprirmi o meno. In genere non apre. E in ogni caso è raro che si affacci. Parra non dà interviste, se ti riceve è per parlare di quello che decide lui. So tutto sul poeta, sono una sua groupie da tempo immemorabile. Da quando ero una ragazzina e lui un ultrasessantenne famoso. Ho letto non solo quello che ha scritto (una produzione non vastissima, in realtà), ma anche le interviste con pochi giornalisti fortunati. E i resoconti, molto più numerosi, dei desencuentros, gli appuntamenti promessi a mai accordati, e le storie di reazioni schernevoli alle domande inviate per iscritto, lasciate lì a languire per mesi prima di scatenare risposte come questa: «Che cosa penso di Neruda? Ammirazione religiosa e rispetto per l’uomo e la sua opera». Oppure: «Cosa consiglio ai giovani poeti? Che scrivano come gli pare».

Immagine di copertina da Edizioni Sur