La libertà di educazione
La relazione tra Stati nazionali ed istituzioni educative è una questione che attraversa la storia moderna e che si inserisce nella problematica più generale del ruolo dello Stato nella vita pubblica. Numerosi studiosi hanno osservato che la libertà di educazione è uno dei cardini attorno ai quali ruotano altre libertà sociali, economiche, politiche. Quello della libertà di educazione è anche un tema oggi molto dibattuto a livello internazionale (Varsori 2015; Koinzer, Nikolai Waldow 2017). L’espressione ha differenti significati, i più rilevanti in questa fase storica paiono essere due: il primo ha a che fare con la possibilità per i docenti di argomentare ed esprimere liberamente il proprio punto di vista su tematiche dibattute e controverse. Questo aspetto riguarda la scuola e anche l’università dove, come mostrano i dati del 2023 dell’Academic Freedom Index (AFI), ci sono 22 paesi nei quali la libertà accademica rispetto a 10 anni fa è diminuita, più in generale, la libertà accademica è in regresso per oltre il 50% della popolazione mondiale ovvero 4 miliardi di persone.
La libertà di educazione può indicare inoltre «due politiche che, per quanto molto diverse, sono inseparabili. La prima è il diritto dei genitori di scegliere, in base al loro discernimento e all’intima conoscenza dei propri figli, la forma di educazione che, secondo loro, può contribuire meglio alla crescita umana. La seconda è il diritto degli educatori di scegliere di lavorare in una scuola che rifletta le loro convinzioni personali e professionali sull’educazione, e di partecipare attivamente al mantenimento e allo sviluppo del carattere distintivo di una simile scuola» (Glenn 2013, p. 82). Uno Stato che non riconosce questi due diritti e che assume un atteggiamento monopolistico in ambito educativo tende a fare la stessa cosa anche negli altri ambiti della vita sociale. Luigi Einaudi (1962, pp. 26-27) individuava i caratteri del monopolio statale, di impronta napoleonica, che devono ancora essere superati: «Unica la fonte: lo Stato. Unico il valore degli studi: quello voluto dai poteri pubblici secondo la norma costituzionale. Unico è il valore dei titoli rilasciati ai giovani alla chiusura di ogni corso di studi: quello dichiarato dalla legge» (cfr. anche Einaudi, Valitutti 2009).
Foto di Kelly Sikkema su Unsplash