Il multiverso generazionale di Carlo Mazza Galanti

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Quando ho letto che era un romanzo a bivi non ero convinto. Il primo pensiero è stato che una forma ingombrante, condizionante come quella del libro-game (per i nerd: l’anticamera dei giochi di ruolo, per tutti gli altri: certi vecchi Topolino) avrebbe finito per soffocare il contenuto. Invece in questo libro non solo il contenuto regge e si ramifica liberamente in tutta la sua estensione e profondità ma, come in tutte le opere d’ingegno pienamente compiute, la forma scelta si rivela non solo la migliore, ma l’unica possibile per condurlo. A fine lettura (ammesso che si possa leggere completamente un libro-game) è fosforescente che nessuna forma come quella del labirinto di scelte poteva servire meglio l’argomento. Ossia il romanzo di formazione di un generico ragazzo italiano borghese con generiche velleità intellettuali, a partire dall’ultimo anno di liceo, attraverso i cunicoli della carriera universitaria, o della scuola pubblica, o del precariato culturale, o dell’export di vini o, di scelta in scelta, attraverso molti altri esiti più o meno avventurosi, più o meno fallimentari, fino alla possibilità di riprodursi, o di liquefare la propria identità in una specie di ultrafuturo psichedelico.

Anche se Mazza Galanti non mette mai delle date, anzi proprio perché non mette le date, è naturale far coincidere l’età anagrafica del Tu a cui il narratore si rivolge con quella dell’autore stesso.