Il carcere femminile di Venezia ha un circolo di lettrici. Perché i libri sono una finestra sulla libertà
Sulla copertina del libro si vedono due gambe nude, una mano che tiene una sigaretta tra due dita, un posacenere pieno, una guida di Berlino. Non per tutti è chiaro se si tratti di una donna o di un uomo. «Come mai hai scelto di rappresentare una figura umana così ambigua? Volevi farlo o ti è venuto solo un po’ male il disegno?», chiede l’intervistatrice all’autore. «È una donna la protagonista», spiega l’illustratore Manuele Fior, aiutando a interpretare la copertina del suo ultimo lavoro, “Hypericon”. «Ma la prossima volta mi impegnerò di più», aggiunge sorridendo.
Ci troviamo nella sala colloqui della Casa di reclusione della Giudecca, il carcere femminile di Venezia. I presenti, una cinquantina di persone, sono concentrati, attenti, partecipi in un modo che forse molti avevano dimenticato. Tre o quattro guardie in divisa assistono in piedi all’incontro.