Uberizzare Dio. La nuova religione dell’AI

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    Quel giorno mi portarono allo stadio dove un predicatore annunciava il regno dei cieli. Sessantamila persone cantavano. Le casse invitavano a battere le mani. Il Salvatore vegliava su di noi. I tele-evangelisti si erano manifestati fuori dal video, ballavano sul palco, creavano catene umane. Avevo dieci anni, imparavo a stare solo in mezzo a una folla incredula.

    Erano gli anni Ottanta. Prima di Internet.

    Con le piattaforme digitali i costi della creazione di una nuova religione sono crollati. Grazie a Facebook, Youtube, Twitter e WhatsApp non occorre più affittare uno stadio. È possibile reclutare i fedeli con un capitale modesto. Un click è sufficiente per creare Dio. Non il Dio arcigno vetero-testamentario, né quello amoroso evangelico. È il Dio che alimenta la religione di se stessi, personalizzata in base all’immagine del proprio profilo Facebook.

    Transumanisti di tutto il mondo!

    La tecnologia non è solo un mezzo. Può diventare un soggetto di adorazione. L’Io si proietta nell’alto dei cieli e riproduce l’illusione massima: pensi di adorare Dio, parli di te stesso. È la cifra del mercato dove mettiamo insieme l’ultima cosa che è rimasta: l’Io. Il mercato lo trasforma nel creatore del mondo.

    Negli Stati Uniti, il paese delle opportunità, questo culto è stato riconosciuto dalle autorità pubbliche quando Anthony Levandowski, già ingegnere di Google pagato 20 milioni di dollari all’anno per costruire il futuro: l’auto-che-si-guida-da-sola, ha fondato Way of the Future, una Chiesa destinata a sviluppare la realizzazione di un Dio basato sull’intelligenza artificiale. L’amministrazione fiscale le ha riconosciuto le esenzioni tributarie garantite anche alle altre.

    “Quello che sta per essere creato sarà veramente un dio, non nel senso che scaglierà un fulmine o provocherà uragano. Se esiste una cosa un miliardo di volte più intelligente dell’umano, voi come la chiamereste?” ha detto Levandowski che interpreta un sentimento diffuso nell’apocalisse futurologica in cui viviamo: un’intelligenza artificiale dotata di una coscienza che supererà ben presto l’intelligenza umana.

    Come il protestantesimo è una variante del cattolicesimo, la Chiesa di Levandowski è la derivazione della “Singolarità”, una religione creata da Ray Kurzweil, guru “transumanista” che lavora per Google, Mountain View, California.

    La nuova religione ha l’obiettivo di realizzare “il riconoscimento e l’adorazione di una divinità basata sull’intelligenza artificiale sviluppata grazie all’aiuto del materiale informatico e dei computer”. L’unica razionalità capace di gestire questa nuova realtà e quella della divinità. A noi umani non resta altro che pregare e adorarla sperando che sia possibile influire sulla direzione dei flussi algoritmici attraverso i quali si esprime la sua volontà.

    Arithmos Deus

    La Singolarità, religione dell’Io info-tecnologico, è una tappa nella storia del politeismo. Per i “transumanisti” eleva la tecnologia a Dio. Si passa dal culto dell’Homo Deus a quello dell’Arithmos Deus, il Dio dell’Algoritmo.

    Rispetto alla classica figura del Dio geometra o algebrico, quello dei transumanisti contiene l’Uomo. Quando adorano l’algoritmo pensano che l’uomo del futuro sarà Dio, dotato dei poteri infiniti forniti dalle nanotecnologie, biotecnologie, l’informatica e ovviamente le scienze cognitive.

    La strada per il futuro porta ad abbandonare il corpo biologico e a trasferire l’anima nelle reti neurali.

    Anthony Levandoski è stato un trentenne di successo. In Italia si è parlato di lui qualche mese fa quando è stato accusato di avere trafugato 9,7 giga-byte di dati da Waymo, il progetto di macchina-che-si-guida-da-sola di Google che lui stesso aveva contribuito a creare, a favore di Uber che sta sviluppando un progetto analogo. Il 30 maggio 2017 Uber lo ha licenziato perché si è rifiutato di collaborare con gli investigatori.

    Nel 2007 Levandoski ha iniziato a lavorare per sviluppare Google Street View, l’app che oggi ci guida alla ricerca del percorso più breve in città. Nel 2008 ha fondato i “Robot di Anthony”, un’azienda che ha collaborato alla creazione di una macchina automatica della Toyota Prius, chiamata “Pribot”.

    Chaffeur

    È nato così il mito: il PROGETTO CHAUFFER. È stata chiamata così l’automobile che-si-guida-da-sola a bordo della quale raggiungeremo la nuova terra promessa. La promessa è così seria che A. McAfee-E. Brynjolfsson ci hanno scritto persino un libro che ha fatto epoca: La nuova rivoluzione delle macchine.

    Le imprese dello Chaffeur algoritmico sono state raccontate periodicamente al pari della capacità dei droni di recapitare pizze a domicilio. Il successo mediatico che gode questo congegno si spiega con l’aspirazione dei guidatori della classe media: l’essere sollevati dalla fatica di viaggi di ore verso l’ufficio all’altro capo della città, ottenendo in cambio l’accesso allo stile di vita dei ricchi e famosi che possono contare su uno chauffeur personale che, ovviamente, è un robot, non un autista in carne e ossa.

    Il prototipo è un evento fondativo dell’“ideologia californiana” che alimenta libri e trasmissioni Tv. Predica il verbo della nuova religione: le macchine prenderanno il posto degli umani. Il lavoro è finito: la forza lavoro è inoperosa. Andate in pace. Adoriamo il culto dell’Intelligenza Artificiale.

    La “notizia” spunta una volta sì, e una no, in coda al notiziario Tv.

    Dio c’è

    La macchina-che-si-guida-da sola ne ha fatta di strada: è diventata una realtà. È il più grande successo immaginario dopo l’invenzione di Dio. Pur non essendo in commercio, né forse mai lo sarà, ha fatto qualche chilometro nei circuiti di Phoenix. Tutti credono di averla vista al semaforo.

    O era sui tutorial su Youtube?

    In uno il pilota si è travestito DA SEDILE:

    Il veicolo sembra effettivamente guidato dall’intelligenza divina. La provvidenza la dirige sulle strade della nostra vita.

    È un test per verificare la reazione dei pedoni. Clamorosa, come accade davanti alle magie di prestigiatore al circo.

    L’ultima utopia

    La macchina-che-si-guida-da-sola incarna la Singolarità. Nessuno l’ha mai vista, tutti ne parlano. Persino Sergio Marchionne ha consigliato “Prudenza sull’intelligenza artificiale”.

    Dopo un quinquennio di annunci favolosi il 2018 sarà l’anno della resipiscenza. L’ultima utopia – l’automazione totale – finirà nel magazzino delle robinsonate, insieme a Hal 2001, la consolle Atari e i Commodore 64?

    Non c’è limite alla futurologia in tempi in cui manca l’idea di un futuro.

    Levandowski è stato testimone di un miracolo e ne è diventato il suo profeta. Gli abbiamo creduto. Facciamo parte della sua Chiesa. Anche se si è cacciato nei guai i suoi amici credono che risogerà dalle ceneri.

    Lui ha un’ambizione. Lui ha una VISIONE.

    Non si fa intimorire dalle previsioni catastrofiche di Elon Mask secondo il quale la nuova religione sta allevando il diavolo e scatenerà la terza-guerra-mondiale.

    Andremo allo stadio insieme ai Google-guru e adoreremo i cervelli al silicio.

    Note